L’IMPOSIZIONE
DELLE MANI
In
quanto segno sacramentale, la Tradizione riserva l’imposizione
delle mani ai presbiteri e ai genitori sui figli. Il suo improprio è
nato in ambito protestante ed è stato mutuato dal rinnovamento
carismatico cattolico. Benedetto XVI, durante l’udienza generale
del 10 gennaio 2007, ha chiarito l’origine e lo scopo
dell’imposizione delle mani nella Chiesa Cattolica.
Il gesto
dell’imposizione delle mani può avere vari significativi.
Nell’antico testamento il gesto ha soprattutto il significato di
trasmettere un incarico importante, come fece Mosè con Giosuè (cfr.
Nm 27,18-23), designando così il suo successore. In questa linea
anche la Chiesa di Antiochia utilizzerà questo gesto per inviare
Paolo e Barnaba in missione ai popolo del mondo (cfr. At 13,3). Ad
una analoga imposizione delle mani su Timoteo, per trasmettergli un
incarico ufficiale, fanno riferimento le due Lettere paoline a lui
indirizzate (cfr. 1Tm 4,14; 2Tm 1,6). Che si trattasse di un’azione
importante, da compiere dopo discernimento, si desume da quanto si
legge nella Prima Lettera a Timoteo: Non aver fretta di imporre le
mani ad alcuno, per non farti complice dei peccati altrui (5,22).
Quindi
vediamo che il gesto dell’imposizione delle mani si sviluppa nella
linea di un segno sacramentale. Nel caso di Stefano e compagni si
tratta certamente della trasmissione ufficiale, da parte degli
apostoli, di un incarico e insieme dell’implorazione di una grazia
per esercitarlo.
Padre
Cipriano si attiene alla tradizione e sostiene che solo i sacerdoti
possono imporre le mani. Questo gesto, che è alquanto ricorrente nei
gruppi di preghiera, nasconde tra l’altro un’insidia sottile: Chi
impone le mani – afferma l’esorcista – rischia di credersi
superiore agli altri e si espone facilmente al peccato di orgoglio,
che può favorire l’azione del demonio. I gruppi carismatici
dovrebbero sempre essere guidati da un sacerdote prudente e
preparato.
Bisogna
fare attenzione anche ai guaritori che impongono le mani a scopo
terapeutico. Spiega mons. Cattenoz:
In
alcune medicine, dette naturali, vengono invocate entità superiori
per ottenere la guarigione. Possono essere magnetizzatori, guaritori,
ma anche kinesiterapeuti e osteopati che impongono le mani sui loro
pazienti durante il consulto, recitando delle formule. Generalmente
questi poteri vengono sviluppati in seguito ad una ricerca esoterica
o occulta. Gli apprendisti imparano un “approccio” medico e
terapeutico, spesso definitivo “olistico” - cioè che considera
l’uomo nella sua totalità di anima e corpo, cosa che in sé non ha
nulla di contestabile, al contrario, perché la Chiesa non ha mai
smesso di preconizzare una medicina umana, completa, vicina ai
pazienti -, ma che, in realtà, si spinge ben oltre. Poiché non si
conoscono le entità invocate durante queste sedute, la Chiesa
rifiuta ogni comportamento di questo tipo, compreso il “dono”
popolare di “spegnere il fuoco”, cioè di guarire le
“bruciature”. Essa esorta
quindi ogni paziente che dovesse trovarsi in queste situazioni a
evitare di riprodurle e, nel caso in cui vi si trovi
involontariamente, a pregare Gesù in silenzio. Il motivo è sempre
uguale: siamo tempio dello Spirito Santo..
Secondo
l’esperienza di alcuni esorcisti, tra i quali Don Amorth, anche i
maghi partecipano ai grandi raduni carismatici, confusi tra la folla,
per imporre le mani e maledire le persone in nome di satana. Non
stupisce che alcune persone, reduci da assemblee carismatiche,
lamentino in seguito mali seri inspiegabili.
Ma
l’imposizione delle mani, anche quando non viene effettuata da
maghi o guaritori, comporta sempre dei rischi. Un religioso francese
mi ha raccontato la sua esperienza, che non costituisce un caso
isolato. Nei gruppi carismatici cattolici – ha affermato – si
prega gli uni sugli altri. E’ una consuetudine copiata dai
protestanti, che la considerano una cosa normale, ma si può restarne
seriamente inquinati. Parlo di inquinamento, perché co sono persone
che dentro non sono buone e, quando impongono le mani, trasmettono
negatività. Ne ho fatto esperienza mentre ero diacono. Ero molto
arrabbiato con il mio superiore di seminario e ho chiesto a un
gruppetto di conoscenti di pregare su di me. Qualcuno mi ha imposto
le mani e subito ho sentito come un colpo di pugnale sulla spalla. Il
dolore è rimasto anche dopo la preghiera, peggiorando il mio stato.
Cos’era accaduto? L’ho capito con l’aiuto del mio padre
spirituale. Poiché non stavo bene, ero in collera con il mio
superiore e nutrivo del rancore nei suoi confronti, ero più esposto
all’azione del demonio e ho facilmente assorbito le negatività che
qualcuno mi ha trasmesso con l’imposizione delle mani. Il mio padre
spirituale mi ha fatto capire che dovevo chiedere perdono al mio
superiore e, quando l’ho fatto, tutto è rientrato nell’ordine.
Certe esperienze aiutano a riflettere.
Persino
Padre Matteo La Grua, pur essendo un fautore dell’imposizione delle
mani, mette in guardia: Non deve imporre la mano chi eventualmente si
è caricato di negatività o non si sente in pace: potrebbe scaricare
sull’infermo il suo stato d’animo.
Anche
i sacerdoti possono essere imprudenti. Ho visto i pazienti di un
esorcista partecipare talvolta a raduni carismatici nei quali un
incausto sacerdote invita l’assemblea a imporre le mani gli uni
sugli altri durante l’invocazione dello Spirito Santo, cosa che
fanno ovviamente anche i posseduti. E’ vero che il diavolo non si
trasmette per contagio, ma questo gesto potrebbe avere conseguenze
imprevedibili per chi lo fa e per chi lo riceve.
Sarebbe
auspicabile, invece di rincorrere le mode del momento, approfondire
meglio la conoscenza della dottrina cattolica per salvaguardarsi
dagli abusi e dai cattivi consiglieri, in quanto l’ignoranza è il
nemico principale del credente e, sotto certi aspetti, è più
pericolosa del diavolo. Solo l’eucarestia e la confessione sono i
mezzi privilegiati con cui il signore salva, libera e guarisce il suo
popolo. E’ sempre attuale l’esortazione di Dante alighieri: avete
il vecchio e il nuovo Testamento e il Pastor della Chiesa che vi
guida: questo vi basti a vostro salvamento.