sabato 30 marzo 2019

Maria Madre di Gesù e Madre Nostra

Maria Madre di Gesù e Madre Nostra

Dopo ogni tempesta ritorna il silenzio

Dopo ogni tempesta ritorna il silenzio

 

Lascia fare a me

Lascia fare a me

Vivi di amore in unione con me

Vivi di amore in unione con me

 

Preghiera di liberazione per spezzare i legami maligni che provengono dai nostri antenati

Preghiera di liberazione per spezzare i legami maligni 
che provengono dai nostri antenati



Preghiera di liberazione dai mali causati dal maligno

Preghiera di liberazione dai mali causati dal maligno

 

Preghiera di liberazione contro ogni male

Preghiera di liberazione contro ogni male

 

mercoledì 27 marzo 2019

IL SIGNIFICATO DEL TERMINE LUCIFERO


IL SIGNIFICATO DEL TERMINE LUCIFERO

Perché quell’angelo, poi decaduto, che era all’inizio il più luminoso fra tutti, fu chiamato dai Padri Lucifer? La versione latina della Sacra Scrittura, la Vulgata, sin dall’inizio ha tradotto l’espressione ebraica hèlèl di Isaia 14, 12, che vuol dire splendente, con lucifer, termine latino che vuol dire portatore di luce. Questo termine è lo stesso che usa anche il testo della Sacra Scrittura approvato dalla Commissione Episcopale Italiana (CEI), per cui in entrambe le versioni (Vulgata e testo CEI) si legge : “Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell’aurora?”. Il pianeta venere la sera, dopo il tramonto del sole, era chiamato dai greci hèsperos, dai latini hèsperus o vesper, mentre per lo splendore che assume al mattino prima dell’alba, era chiamato dai greci heosfòros e dai latini lucifer. I Padri della Chiesa hanno fatto questa analogia: come nel cielo di mattina poco prima del levar del sole vediamo splendere più di qualsiasi stella il pianeta venere, allo stesso modo, fra gli angeli, ve ne era uno che prima della sua caduta splendeva in bellezza più di ogni altro fra gli angeli di Dio. Fu a seguito di quest’analogia che vari Padri della Chiesa applicarono il termine Lucifer a quello che era il più luminoso degli angeli, poi ribellatosi a Dio. Tale appellativo gli venne attribuito nella tradizione cristiana come suo nome proprio, ma tale denominazione non si riscontra espressamente nella Sacra Scrittura. Licifer (in Italiano Lucidero), più che un vero e proprio nome del diavolo, è una immagine quanto mai espressiva per indicare quello che all’inizio era il più stupendo angelo creato da Dio, divenuto successivamente il capo degli spiriti angelici ribelli a Dio. Numerosi teologi e Padri della Chiesa (Origene, Tertulliano, Cipriano, Ambrogio, Cirillo Alessandrino ecc.) adoperavano il termine Lucifer, che di per sé esprime una condizione felice, per indicare satana, che nel Nuovo Testamento è presentato come capo dei demoni, i quali lo aiutano nella sua azione perniciosa in mezzo agli uomini. Il nome Lucifer, così, venne ad avere un senso malefico.

(Padre Francesco Bamonte – Dal Libro: Gli angeli ribelli

L’UOMO SE CADE PUO’ SALVARSI, MENTRE GLI ANGELI CADENDO NON SI SALVANO




L’UOMO SE CADE PUO’ SALVARSI,
MENTRE GLI ANGELI 
CADENDO NON SI SALVANO

Gli angeli sono puri spiriti e San Tommaso spiega riguardo l’immutabilità della scelta angelica, che gli angeli data la loro natura di essere puramente spirituali, attraverso una sola decisione, a favore di dio o contro dio, provocano a se stessi una condizione irreversibile e definitiva nel bene o nel male. L’uomo, invece, essendo costituito di materia (il corpo) e spirito (l’anima), per arrivare alla bontà assoluta (Dio) o alla perversione assoluta (cioè a una condizione definitiva), ha bisogno di fare molto atti: deve fare tante scelte buone per divenire stabile nel bene, tante scelte cattive per divenire stabile nel male. L’uomo non diviene buono o malvagio tutto in un momento,, ma compiendo un passo dopo l’altro sulla via del bene o sulla via del male.
(Per gli angeli è diverso, sono puri spiriti, che non hanno (corpo) e non vi è salvezza se cadono nel male come lucifero con i suoi seguaci che da prima erano angeli buoni).
San Tommaso dice ancora Ecco perché, pur essendo stato gravissimo il peccato della prima coppia umana, esso non fissò gli uomini in una condizione definitiva, ma lasciò aperto il margine alla conversione, alla possibilità del ravvedimento.
Non così l’angelo perché, a differenza dell’anima umana – che è completa solo se unita al  corpo – essendo stato creato subito come un “puro spirito”, cioè come un essere fatto solo di spirito, è completo come spirito senza corpo Per questo una sola scelta, per il bene o per il male, è definitiva e irrevocabile, perché fatta con perfetta comprensione e totale libertà. All’angelo, dunque, è bastato un solo atto per autodeterminarsi, un solo atto per decidere di se stesso per sempre. Quella decisione è immutabile. Dal momento in cui ha deciso, l’angelo è rimasto irremovibile in ciò a cui ha aderito. Ecco perché non si può parlare di una possibilità di conversione futura dei demoni: essi rimangono irrimediabilmente ostinati nel male, non vogliono convertirsi, perché la loro scelta è irrevocabile. Per questo motivo, osservava San Tommaso D’Aquino, gli angeli buoni, avendo aderito irrevocabilmente al bene, sono confermati in esso, mentre quelli cattivi, avendo peccato, sono confermati nel male.

venerdì 22 marzo 2019

LA CHIESA METTE ALLA PROVA I VEGGENTI RIGUARDO LE PRESUNTE APPARIZIONI


LA CHIESA METTE ALLA PROVA 
I VEGGENTI RIGUARDO 
LE PRESUNTE APPARIZIONI

Una prova necessaria

E’ importante che la Chiesa metta alla prova i veggenti, e la prova della pazienza è quella che maggiormente svela frodi volontarie o patologie sottese alle presunte rivelazioni. Il delirante, così come il falsario, quando si sente accantonato o non preso in seria considerazione, va facilmente in escandescenza e tutte le caratteristiche autocentriche emergono con buona evidenza: aggressività, squalificazione degli interlocutori, demonizzazione degli avversari. Chi ha una rivelazione, non solo non perde mai l’amore di Dio, ma aumenta la carità e persino l’amore per i nemici.
Chi è affetto da un delirio, può essere una persona gentile, calmissima, ma quando viene messo in discussione o contrariato a riguardo della tematica delirante, generalmente ha esplosioni d’ira, minacce, gesti aggressivi e, nel caso dei deliri mistici, si struttura la convinzione che sia il demonio stesso a ostacolare le rivelazioni, per cui il soggetto lotta senza esclusione di colpi.
Nel delirio mistico, il soggetto ritiene di essere un personaggio biblico (Mosè, la Madonna, Gesù, san Pietro, San Pio, ma anche Dio stesso) o di avere ricevuto uno speciale mandato da Dio (tramite la Beata Vergine, Gesù Cristo, la Trinità, angeli o santi) come quelli che dicono di avere locuzioni e mimano la voce, come se fosse Gesù, o la Madonna, o san Pio o altri santi a parlare attraverso di loro; queste non sono manifestazioni di locuzioni perché non si manifestano in questo modo.
Per una riforma dei costumi nella Chiesa o per stornare, e quindi annunciare a tutto il mondo, un incombente e catastrofico ennesimo castigo divino. Quando si parla di “costumi corrotti nella Chiesa” si intende generalmente la non osservanza dei voti religiosi: l’obbedienza, la castità, la povertà, ma anche la clausura e la stabilità. In genere, si tratta di riformatori violenti che, oltre a minacciare l’inferno per i fedeli riluttanti, non esitano a passare alle vie di fatto, incluse vessazioni, torture e morte per gli avversari, per affermare le loro convinzioni. In costoro, cristiani e non, violenza e religione sono tutt’uno. Possiamo intuire la pericolosità di certe  spiritualità improntate all’intolleranza e all’imposizione, le quali, con molta facilità, finiscono con il convogliare vari facinorosi nella violenza di tipo religioso.
Non possiamo dimenticare una monaca che aveva la profonda convinzione di essere guidata dalla santa fondatrice in persona a riformare la clausura. Appena eletta abbadessa, ripristinò doppie grate e altri segni esteriori in vigore nel Seicento. (Non sarei contraria alle doppie grate nelle clausure, ma non è accettabile il suo comportamento verso le consorelle e i superiori). Ma le consorelle che non erano d’accordo con lei venivano prese regolarmente a ceffoni. Furono vani gli interventi dei superiori: da ultimo, il visitatore apostolico, “sicuro messo del maligno”, non fu nemmeno fatto entrare. L’episodio si concluse con la divisione e la dispersione di una parte della comunità.
Guardando meglio nel particolare, i deliri mistici strutturati intorno al tema della povertà sono, con buona probabilità, i più frequenti. Sappiamo che i deliri possono essere un sintomo della Schizofrenia. Un paziente schizofrenico tende al ritiro sociale e, di conseguenza, ha difficoltà lavorative, non trova più la coordinazione necessaria per riuscire a organizzarsi socialmente.
(Non mi riferisco alla vita monastica contemplativa, ma verso individui che hanno tali deliri con atteggiamenti di schizofrenia).
Il soggetto affetto da delirio non percepisce il ritiro sociale come una difficoltà personale, ma generalmente tende a creare motivazioni di carattere spirituale, ad esempio che “Dio provvede e quindi ilo lavoro non è importante”.  Nella vita cristiana dei laici che vivono nel mondo se non si lavora non si ci può sostenere nella vita. Diverso invece per chi vive in clausura, o di certi ordini religiosi approvati dal vescovo vivono di provvidenza.
Nella fede cristiana, la povertà ha la funzione di renderci accoglienti custodi della Parola, di imitare Cristo povero, di operare per una migliore distribuzione dei beni e fuggire la cupidigia, di accrescere il fiducioso abbandono a Dio e alla Provvidenza.
La distribuzione dei propri beni ai poveri, oltre a far crescere il donante nella virtù, oggettivamente contribuisce a rendere i bisognosi un po’ meno poveri. La povertà evangelica – benché sia vissuta dalla Chiesa in modo dinamico, con enfasi e stili diversi nelle varie regole religiose – aumenta la fiducia nella Provvidenza, insegna a sperare e a vivere contenti di avere il necessario.

Da libro: Ecco io vedo i cieli aperti – Ediz. OCD

UN CASO DI DISCERNIMENTO DI SAN FILIPPO NERI SU UNA PRESUNTA SUORA MISTICA


UN CASO DI DISCERNIMENTO   
DI SAN FILIPPO NERI SU UNA 
PRESUNTA SUORA MISTICA

Dal libro: Ecco io vedo i cieli aperti – Ediz. OCD

Un caso di discernimento

A questo proposito, è istruttivo l’episodio occorso a San Filippo Neri allorché ebbe l’incarico di verificare l’autenticità di una presunta mistica:
C’era una volta, ma davvero, non come si dice a principio di certe storielle, una suora che passava per santa e se ne dicevano cose meravigliose in Roma e anche fuori si raccontavano miracoli e predizioni del futuro, come se essa leggesse in un libro stampato. Si presentava poi con una faccia, con un atteggiamento da parere una di quelle madonne, spiccata da una tavola di altare, che fanno piangere e che innamorano. Parlava poi con tanta unzione da compungere il peccatore più ostinato. Qualcuno però, che aveva veramente lo spirito di Dio, sentiva al fiuto che quella suora non era una santa, magari era una divota di quelle che si trovano dappertutto, ma non si poteva addurne prove. La cosa fu riferita al Pontefice, che pregò Filippo di vedere che c’era di vero in quella faccenda. Il Santo accettò e, un bel giorno, si presentò al convento della suora con le scarpe bagnate ed infangate, quali potevano essere in una Roma dove non esisteva ancora il servizio di nettezza urbana. Dopo le prime parole convenzionali di presentazione, Filippo si sedette in parlatorio. Alla suora, che domandava la ragione della visita e che, forse, si aspettava l’inizio di una di quelle conversazioni mistiche che fanno andare in solluchero le divotelle sentimentali, disse con affettata sgarbatezza: “La prego di tirarmi dai piedi queste scarpe infangate e pulirmele ben bene e poi passeremo al resto”. Che rispose la suora, il documento da noi consultato non lo dice e, forse parole non ne disse, tanto restò male, ma il volto e tutto l’atteggiamento manifestavano una ribellione risentita, offesa. Naturalmente non solo non levò le scarpe, ma fece chiaramente capire che Filippo se ne poteva andare.
Il Santo infatti andò via presto e riferì al Papa che quella suora era tutt’altro che una santa, perché le mancava la base della santità cioè l’umiltà.

Nascondimento

Ancora: mancano certamente di umiltà quei veggenti che spasimano dal desiderio di divulgare le loro rivelazioni. Assistiamo, nei nostri tempi, a un fenomeno relativamente nuovo: vari falsi veggenti che si fanno pubblicità da sé. Non trovando, ovviamente, adeguato ascolto da parte dei vescovi, allora si affidano alla pubblicazione dei loro messaggi spargendoli, grazie alle moderne tecnologie, in tutto il mondo. Alcuni, per dare maggior credito alle loro rivelazioni, esibiscono le loro fotografie in posizione estatiche o vantano addirittura una somiglianza fisica col Redentore, con la Madonna o con qualche arcangelo.
E’ segno d’orgoglio e per conseguenza d’illusione, la gran voglia di divulgare le grazie che si ricevono. L’umiltà invece induce a nasconderle, salvo il caso assai raro di vera utilità.

IL CASO DI MADDALENA DELLA CROCE SUORA FRANCESCANA


IL CASO DI MADDALENA 
DELLA CROCE
SUORA FRANCESCANA
Patto col demonio per passare per santa

Maddalena della Croce, francescana di Cordova, al principio del secolo XVI. Ella nacque nel 1487, entrò in convento a diciassette anni, nel 1504, e fu tre volte abbadessa del suo monastero. All’età di cinque anni il demonio le apparve sotto la forma di diversi santi, e le ispirò a poco per volta il desiderio di passare per santa. Aveva tredici anni quando egli giudicò l’anima sua sufficientemente posseduta dalla vanità, dall’orgoglio e dal sensualismo; le confessò nettamente chi era e le promise che, se essa si legava a lui con un patto, avrebbe esteso molto lontano la sua reputazione di santità, e le avrebbe procurato, per trent’anni almeno, tutti i godimenti che poteva desiderare. Ella accettò, e satana divenne allora il suo consigliere, sebbene in certi giorni volesse allontanarlo, troppo atterrita dalle forme terribili che esso prendeva. Grazie al suo soccorso, ella contraffaceva tutte le forme del meraviglioso divino: estasi, sollevamento in aria, predizioni spesso avverate. Si faceva da sé stessa delle piaghe stigmate, e per undici anni persuase gli altri che essa non prendeva nessun nutrimento, procurandosene in segreto. Per trentott’anni, fino al 1543, le riuscì d’ingannare scientemente i più grandi teologi di Spagna, i vescovi, i cardinali, gl’inquisitori ed i signori della Corte.
Da tutte le parti venivano a consultarla e a colmarla di elemosine. Essendo stata in punto di morte, confessò tutto pubblicamente, poi deplorò le sue confessioni. Bisognò ricorrere agli esorcismi, perché il demonio perdesse l’impero sulla sua volontà. Finalmente fu condannata ad esser rinchiusa in un altro convento del suo ordine.
Monsignor Dupanloup, vescovo d’Orléans, diceva in una lettera al suo clero, il 23 marzo 1874: il cardinale Albitius, che scriveva verso la metà del secolo XVII, enumera nella sua grande opera de Inconstantia in fide più di venti anni condanne date al tempo suo dal Sant’Uffizio contro le simulatrici. Egli aggiunge che nel 1747 fu condannata per il medesimo motivo una religiosa professa del monastero di Santa Chiara in Chieri; sotto PIO VII, ua chiamata Giovanna Marsella (per stigmate fraudolente); nel 1857 una certa Caterina Finelli (Lettura pubblicata nel giornale “Le correspondant” del 25 marzo 1874, p. 1105). –

Quante anime avrà danneggiato spiritualmente questa suora che avendo fatto il patto con il demonio per apparire santa l’hanno seguita, parlato, cercare in lei consigli ecc ..?
State attenti ai falsi veggenti, ai falsi santi o chi vuol far credere di avere locuzioni. Prudenza!

Dal libro: Ecco io vedo i ciel aperti - Edizione OCD