LA CHIESA
METTE ALLA PROVA
I VEGGENTI RIGUARDO
LE PRESUNTE APPARIZIONI
Una prova necessaria
E’ importante che la Chiesa
metta alla prova i veggenti, e la prova della pazienza è quella che
maggiormente svela frodi volontarie o patologie sottese alle presunte
rivelazioni. Il delirante, così come il falsario, quando si sente accantonato o
non preso in seria considerazione, va facilmente in escandescenza e tutte le
caratteristiche autocentriche emergono con buona evidenza: aggressività,
squalificazione degli interlocutori, demonizzazione degli avversari. Chi ha una
rivelazione, non solo non perde mai l’amore di Dio, ma aumenta la carità e
persino l’amore per i nemici.
Chi è affetto da un delirio,
può essere una persona gentile, calmissima, ma quando viene messo in
discussione o contrariato a riguardo della tematica delirante, generalmente ha
esplosioni d’ira, minacce, gesti aggressivi e, nel caso dei deliri mistici, si
struttura la convinzione che sia il demonio stesso a ostacolare le rivelazioni,
per cui il soggetto lotta senza esclusione di colpi.
Nel delirio mistico, il
soggetto ritiene di essere un personaggio biblico (Mosè, la Madonna, Gesù, san
Pietro, San Pio, ma anche Dio stesso) o di avere ricevuto uno speciale mandato
da Dio (tramite la Beata Vergine, Gesù Cristo, la Trinità, angeli o santi) come
quelli che dicono di avere locuzioni e mimano la voce, come se fosse Gesù, o la
Madonna, o san Pio o altri santi a parlare attraverso di loro; queste non sono
manifestazioni di locuzioni perché non si manifestano in questo modo.
Per una riforma dei costumi
nella Chiesa o per stornare, e quindi annunciare a tutto il mondo, un
incombente e catastrofico ennesimo castigo divino. Quando si parla di “costumi
corrotti nella Chiesa” si intende generalmente la non osservanza dei voti
religiosi: l’obbedienza, la castità, la povertà, ma anche la clausura e la
stabilità. In genere, si tratta di riformatori violenti che, oltre a minacciare
l’inferno per i fedeli riluttanti, non esitano a passare alle vie di fatto,
incluse vessazioni, torture e morte per gli avversari, per affermare le loro
convinzioni. In costoro, cristiani e non, violenza e religione sono tutt’uno.
Possiamo intuire la pericolosità di certe
spiritualità improntate all’intolleranza e all’imposizione, le quali,
con molta facilità, finiscono con il convogliare vari facinorosi nella violenza
di tipo religioso.
Non possiamo dimenticare una
monaca che aveva la profonda convinzione di essere guidata dalla santa fondatrice
in persona a riformare la clausura. Appena eletta abbadessa, ripristinò doppie
grate e altri segni esteriori in vigore nel Seicento. (Non sarei contraria alle
doppie grate nelle clausure, ma non è accettabile il suo comportamento verso le
consorelle e i superiori). Ma le consorelle che non erano d’accordo con lei
venivano prese regolarmente a ceffoni. Furono vani gli interventi dei superiori:
da ultimo, il visitatore apostolico, “sicuro messo del maligno”, non fu nemmeno
fatto entrare. L’episodio si concluse con la divisione e la dispersione di una
parte della comunità.
Guardando meglio nel
particolare, i deliri mistici strutturati intorno al tema della povertà sono,
con buona probabilità, i più frequenti. Sappiamo che i deliri possono essere un
sintomo della Schizofrenia. Un paziente schizofrenico tende al ritiro sociale
e, di conseguenza, ha difficoltà lavorative, non trova più la coordinazione
necessaria per riuscire a organizzarsi socialmente.
(Non mi riferisco alla vita
monastica contemplativa, ma verso individui che hanno tali deliri con
atteggiamenti di schizofrenia).
Il soggetto affetto da
delirio non percepisce il ritiro sociale come una difficoltà personale, ma
generalmente tende a creare motivazioni di carattere spirituale, ad esempio che
“Dio provvede e quindi ilo lavoro non è importante”. Nella vita cristiana dei laici che vivono nel
mondo se non si lavora non si ci può sostenere nella vita. Diverso invece per
chi vive in clausura, o di certi ordini religiosi approvati dal vescovo vivono
di provvidenza.
Nella fede cristiana, la
povertà ha la funzione di renderci accoglienti custodi della Parola, di imitare
Cristo povero, di operare per una migliore distribuzione dei beni e fuggire la
cupidigia, di accrescere il fiducioso abbandono a Dio e alla Provvidenza.
La distribuzione dei propri
beni ai poveri, oltre a far crescere il donante nella virtù, oggettivamente
contribuisce a rendere i bisognosi un po’ meno poveri. La povertà evangelica –
benché sia vissuta dalla Chiesa in modo dinamico, con enfasi e stili diversi
nelle varie regole religiose – aumenta la fiducia nella Provvidenza, insegna a
sperare e a vivere contenti di avere il necessario.
Da libro: Ecco io vedo i
cieli aperti – Ediz. OCD