ALCUNE TESTIMONIANZE
SU
PADRE GARIELE
AMORTH
Testimonianze di Padre Stanislao, Rosa e Fausto
Testimonianze di Padre Stanislao su Don Gabriele Amorth
Domande del Cronista – Come hai conosciuto Don Gabriele?
Padre Stanislao – Tra me e
Don Gabriele c’era un bene infinito. Ho provato simpatia per lui fin dal primo
giorno in cui, per curiosità, sono andato all’Immacolata, perché non riuscivo a
capire come il demonio potesse agire nella vita di ciascuno di noi. Quando
leggevo il Vangelo: “Gesù disse ai suoi
apostoli andate e nel mio nome cacciate i demoni … “ rimanevo sempre turbato e
dubbioso mi domandavo : “Sì, credo che il esista, ma come può prendere possesso
di un corpo?”. Non ci credevo! Il dubbio mi tormentava.
Così decisi di fare
un’esperienza diretta e un mio confratello mi consigliò di recarmi da Don Gabriele,
esortandomi a chiedere una benedizione speciale.
Così andai e rimasi
folgorato dal suo sguardo gioioso, dalla sua calorosa accoglienza. Appena seppe
che ero un passionista mi abbracciò: era felice della mia presenza perché quel
giorno ad aiutarlo nella preghiera c’era un sacerdote in più, e per di più
passionista! Da quel giorno iniziò il
mio percorso accanto a lui e per me fu un privilegio affiancarlo perché si
parlava tanto bene di lui, sia tra i sacerdoti che tra le persone che riceveva.
E’ evidente che per svolgere un ministero così particolare e per così tanti
anni, sicuramente aveva una vocazione particolare, era proprio una persona
chiamata da Dio a questo preciso scopo.
Non so spiegare il perché,
ma Don Gabriele fin dai primi tempi in cui ho iniziato la mia collaborazione
con lui mi ha più volte confidato di aver visto in me un sacerdote mandato da
Maria per succedergli. Un giorno mi disse: “Io voglio che tu prenda il mio
posto quando non ci sarò più”. Per questo ha cercato in tutti i modi di farmi
conferire un mandato ufficiale nella diocesi di Roma trovando, però, non poche
difficoltà per via della mia allora giovane età. Tramite il Cardinal Tarcisio
Bertone ha ottenuto che diventassi suo collaboratore, ma niente di più, così’
quando lui ha smesso ho dovuto fermarmi anch’io.
Forse qualcuno ai vertici
della gerarchia ecclesiale avrà pensato che, se ero tanto gradito a Don
Gabriele, probabilmente condividevo il suo modo di pensare – come per esempio
relativamente al fatto che i vescovi che non nominano gli esorcisti dimorano in
peccato mortale: di fatto, su questo sono pienamente d’accordo con lui, che lo
ha sempre detto schiettamente senza troppi scrupoli.
Chiaramente questo suo
parlare direttamente lo rendeva pericoloso per certi uomini di Chiesa che non
credono all’opera straordinaria del demonio.
Per me è stato proprio un modello di vita.
Cronista – Com’era il tuo rapporto con Don Gabriele?
Padre Stanislao – Tra noi
c’era un bene così profondo che quando mi diceva di sentirsi più in forza. Io
da parte mia non l’ho mai abbandonato, neanche nei momenti più difficili, tanto
meno negli ultimi anni, quando era molto stanco e affaticato, e non sempre
riusciva a portare avanti la preghiera. Così si era molto appoggiato a me e io
fiero di questa sua fiducia, di questo bene che mi voleva e che contraccambiavo
in pieno. Per me è stata una grande grazia conoscerlo.
Durante gli esorcismi
bastava che ci guardassimo negli occhi oer comprenderci, per entrare nel
problema che stava nella persona; lui mi diceva che nel suo ministero gli ero
di grande aiuto perché secondo lui, avevo dei carismi concessimi da Dio,
potendo percepire in quale parte del corpo la persona fosse stata colpita.
Cronista – Cosa ti colpiva di più in Don Gabriele?
Padre Stanislao – Uno dei
più grandi doni che Don Gabriele possedeva e di cui troppo poco si è parlato
era la sua straordinaria sensibilità. Nei colloqui personali non perdeva mai
l’occasione per aprire il suo cuore, attingendo con simpatia e semplicità a
episodi della sua vita che lasciavano sempre un segno indelebile nella memoria
di chi li ascoltava.
Da vero uomo di Dio aveva a
cuore le sofferenze dei tanti che si rivolgevano, talvolta il preda alla
disperazione più cupa, al suo ministero.
Quando esorcizzava, poi, era
ben consapevole che quel corpo martoriato e sofferente apparteneva a tutti gli
effetti a una creatura di Dio, bisognava di cure e di amore prima ancora che di
una terapia efficace. Il suo rapporto con i tanti che si affidavano al suo
ministero era tutt’altro che freddo e distaccato. Don Gabriele era prima di
tutto un padre.
Nutrire tali sentimenti di
paternità spirituale è fondamentale quando si ha a che fare con persone ferite
nello spirito e nel corpo. Tali persone devono essere seguite da vicino, con
tutte le cure che il caso richiede. Un incontro una volta al mese per un
esorcismo, lasciamelo dire, è ben poca cosa.
Cronista – Quindi andavi
d’accordo con Don Gabriele nonostante il suo “caratterino”?
Padre Stanislao – a volte
era un po’ duro, ma dipendeva anche dall’età e dalla stanchezza perché molte
persone lo assillavano per nulla, quindi reagiva malamente. Ma con chi stava
male veramente era proprio un padre.
All’inizio del nostro
rapporto ci siamo scontrati un po’, perché io ero certo che, quando si trattava
di un caso psicologico, bisognava dirlo per non illudere la persona o non
aggravare la sua situazione. Perché se uno crede di avere un problema
spirituale e non è vero si rovina, perché non viene curato. Questo è un grande
pericolo per l’esorcista. Per questo Don Gabriele diceva sempre che è
importante avere il rapporto di uno psicoterapeuta cattolico quando si fanno
esorcismi.
Domande del cronista a Rosa l’assistente –
Don Gabriele è stato
ricoverato nell’estate 2016 in seguito a una polmonite, ma durante il ricovero
è andato peggiorando.
Si era ammalato perché il
cibo che gli andava nei polmoni invece che nello stomaco.
Penso che se alla fine gli
avessero praticato la tracheotomia ce l’avrebbe fatta, ma i medici del Gemelli
hanno preferito evitarla.
Lui era abituato a pregare
il rosario ogni giorno alle sedici e ha voluto mantenere questa abitudine anche
durante il ricovero, così io andavo sempre a recitarlo con lui e venivano anche
i medici e poi il suo superiore e il cappellano dell’ospedale.
Cronista – E’ stato cosciente fino alla fine?
Rosa – Fino a un paio di
giorni prima era perfettamente cosciente, tanto che, se veniva qualcuno a
trovarlo, lo benediceva; non parlava bene perché la gola era sempre secca però
si faceva capire.
Non ha ricevuto molte visite
in ospedale perché i medici non lo permettevano, altrimenti sarebbe stato un
via vai continuo. Alcune persone si sono proprio offese per questo.
Cronista – Come ha vissuto questi momenti in ospedale?
Rosa – Ricordo che il medico
gli ha chiesto:”Gabriele, cosa vuoi da me?”. E lui ha risposto:”Che tu mi
guarisca”.
Lui voleva tornare a casa,
era proprio convinto di guarire, aveva tutti i suoi programmi: voleva avvertire
le persone che era tornato e quindi ricominciare a riceverle. Sapeva che c’era
tanto bisogno.
Poi un giorno mi ha chiamato
vicino al letto, mi ha guardata e mi ha detto “Oggi lei non sta bene”. Effettivamente
io mi sentivo male e gliel’ho confermato. Allora ha preso il dottor Fausto e
gli ha detto: “Ti raccomando Rosa”. Non gli sfuggiva niente, era una persona
con una sensibilità e n’attenzione unica anche nella malattia.
Penso che non ci saranno più
persone come lui e nemmeno come Padre Candido, gente di un’altra epoca con un
carattere e un’educazione rari.
In ospedale non si lamentava
mai anche se per cambiarlo gli infermieri ci mettevano quasi un’ora perché era
pieno di tubi e tubicini.
La prima volta che è stato
ricoverato, nel 2012, ci guardava e diceva:”Ma voi lo sapete che io sono l’uomo
più coccolato qui dentro?”. Era una persona umile, ma gli piaceva essere al
centro dell’attenzione e noi gli portavamo tutti i pasti da casa, cose appetitose
per coccolarlo e cercare di tirarlo su. Voleva sempre il gelato al cioccolato e
al pistacchio. Una volta durante un esorcismo il diavolo gli ha rinfacciato:
“Sei goloso”, e lui ha risposto:” E allora? Che te ne importa?”.
Un giorno in ospedale è venuta
una conoscente e, quando l’ha visto a letto con la mascherina dell’ossigeno, è
scoppiata a piangere. Lui ha fatto gli occhi birichini, si è tolto la
mascherina e le ha fatto la linguaccia! Così abbiamo dovuto ridere. Lui aveva
sempre la capacità di sdrammatizzare, alleggeriva le situazioni, come si
prendesse lui carico di tutto.
Ogni volta che andavamo via
diceva:”Grazie, grazie”, ma eravamo noi a doverlo ringraziare per quanto sempre
ci dava. Amava proprio i rapporti umani, veri, di scambio, di amicizia.
Purtroppo ne ha pochi.
Cronista - Cosa ti raccontava Don Gabriele della sua
sofferenza?
A volte diceva “Ho sbagliato
matrimonio, ho sbagliato moglie”, sottolineando le difficoltà con i
confratelli.
Purtroppo non era ben visto
da alcuni Paolini, perché c’era intorno a lui troppa confusione, troppa gente.
Forse non è stato capito, però non c’era nessuno che lo aiutasse a parte fratel
Rossi. Probabilmente c’era il suo calibro o quanto stava facendo per la Chiesa.
Forse non si sono resi conto dell’importanza che ha avuto la sua testimonianza.
Una volta ha chiamato la suora dell’infermeria e mi ha suggerito di trovare
alla svelta un avvocato, perché aveva indicato un certo personaggio pubblico
come massone e temeva querele. Infatti ha dovuto smentire e l’avvocato è
servito eccome! Ma Don Gabriele aveva detto la verità. A lui non interessava se
si creavano “incidenti” o se certe verità erano inopportune; lui non mentiva e
non taceva.
Questo faceva parte del suo
bel caratterino, sapeva essere proprio tremendo e faceva valere i suoi punti di
vista senza fermarsi. Ma ci sono cose che non possono essere dette, purtroppo.
Comunque amava la sua
congregazione e i suoi confratelli, tanto che nel testamento ha chiesto di
essere sepolto al cimitero con gli altri frati, anche se tutti noi abbiamo
tanto insistito perché fosse messo in sottocripta dove ci sono i beati Alberione
e Giaccardo.
Cronista – Ricordi qualche episodio particolare?
Rosa – Una volta stavamo
facendo le riprese televisive con Pippo Baudo alla Chiesa Dell’Immacolata e non
riuscivamo a proseguire perché ci faceva ridere. C’era una signora seduta sulla
poltrona e lui faceva finta di benedirla, però invece di pregare diceva:”Ho
fame, voglio la pastasciutta …”, e noi giù a ridere. Il regista allora ci
faceva uscire, poi rientravamo e daccapo:”Voglio la pastasciutta …”, e non si
riusciva a finire. Pippo aveva una paura tremenda di Don Gabriele, cercava di
stargli lontano, non riusciva a porgli le domande, era proprio impaurito. Lui
ovviamente si divertiva come un matto di questa paura ma il tempo passava …
dalle nove del mattino abbiamo tirato le due del pomeriggio senza riuscire a
finire il lavoro.
Era simpatico, raccontava sempre barzellette, era
instancabile.
Gli piaceva anche viaggiare
a gran velocità e sempre diceva all’autista:”Corri, corri, ti assolvo io!!”.
Cronista – Andavi tutti i giorni ad aiutarlo?
Dipendeva dai pericoli: se
doveva fare dei colloqui, non serviva; ma quando c’erano le benedizioni mi
chiedeva sempre; ma quando c’erano le benedizioni mi chiedeva sempre di andare;
a meno che non fossero situazioni molto riservate, di ecclesiastici.
All’inizio andavo sia
mattina che pomeriggio, anche di domenica e durante le feste, poi
saltuariamente. E diceva:”Almeno suo marito avesse borbottato una volta!”.
Veramente una volta mio marito mi ha detto:”Voglio proprio vedere dove vai”, ed
è venuto con me. Così è venuto anche lui ad aiutare. Era molto grande e grosso,
eppure una volta una persona lo ha fatto volare con la punta di un piede, gli
ha dato un colpo tremendo. Non era stato attento, non era pratico di queste
cose.
C’erano tanti religiosi che
avevano bisogno, sia uomini che donne.
C’era una suora che ha
materializzato due chili di ferraglia durante gli esorcismi.
Venivano anche dei vescovi a
farsi esorcizzare ma noi non potevamo essere presenti. Però poi lui ce lo
raccontava, anche se non sapevamo chi fossero.
Rosa – Chiedeva sempre a me
i nomi delle persone e, quando serviva, il numero di telefono, e mi diceva”Lei
è il mio compiuter”.
Eppure gestiva lui gli
appuntamenti in totale autonomia. All’inizio facevo io, poi si è arrabbiato
perché una signora gli ha fatto perdere la mattinata e da allora ha deciso di
fare da solo.
Era colpa mia che avevo
preso l’appuntamento, ma non potevo sapere che la signora non sarebbe venuta,
non è dipeso da me. Comunque si è arrabbiato e ha iniziato a gestirsi da solo.
Cronista – Quindi ogni tanto vi scontravate?
Rosa – Non abbiamo mai
litigato. Lui chiedeva se era stato scortese o se aveva risposto male ed
effettivamente ogni tanto scattava un po’ anche con noi, ma nulla di grave.
Gli capitava anche di essere
tremendo però! Ricordo la volta in cui è venuto il regista che ha girato il
film L’esorcista; era lì per riprendere una ragazza che all’inizio aveva dato
il consenso, ma poi ha cambiato idea e non voleva più testimoniare. Don
Gabriele si era molto arrabbiato, perché erano venuti apposta dagli stati
Uniti, ma non c’è stato nulla da fare, non si è fatta riprendere.
Quando si arrabbiava non era
affatto tenero, anche con me si arrabbiava. A volte si seccava per
stupidaggini, oppure quando facevo entrare qualcuno senza il suo permesso o
senza appuntamento o fuori orario. Se ne accorgeva subito e protestava con tono
severo, ma io gli chiedevo di benedire e lui mi accontentava sempre.
Cronista – Con il passare
degli anni si è ammorbidito un po’ il suo carattere?
Rosa – Mai. E’ sempre stato
rigido, direi tedesco nel nome e nei fatti. Puntualissimo. Mi veniva a prendere
a casa e se trovavamo il semaforo rosso mi diceva:”Rosa, un minuto, però non è
colpa mia, è il semaforo”.
Una volta eravamo sul
raccordo anulare e c’era una ragazza ferma sul bordo della strada, e lui voleva
fermarsi per aiutarla:”Avrà bisogno di aiuto”. Non sapevo come spiegargli che
non aveva bisogno di nulla, che era lì per prostituirsi. Lui era molto ingenuo
per queste cose. Abbiamo proseguito ma lui non era tranquillo, non aveva
capito, per lui aveva bisogno di aiuto, Eppure aveva già i suoi anni e
confessava regolarmente. Era proprio semplice, non era abituato a cercare il
male, non era malizioso. E sì che col suo ministero di male ne vedeva tanto,
eppure è riuscito sempre a mantenere il suo cuore pulito, era sempre nello
stupore.
Domande a Fausto il medico – Cronista – che difetti
vedevi in lui?
Fausto – Per la verità non
riesco a ricordare. A un certo punto della mia vita qualcuno mi aveva
soprannominato “rigidino” e lui, assieme a Padre candido, prese la mia difesa e
disse:”Guarda che l’abbiamo cresciuto noi”. Certamente era severo, un uomo tutto
un pezzo nel bene e del male.
L’ho visto sempre farsi
carico dei problemi degli altri, mai superficiale. E invece, mi dispiace dirlo,
tante volte l’ho visto trattato male, non considerato, lasciato da solo. Però,
anche se era un po’ isolato, nella sua congregazione era molto stimato, anche
se qualcuno lo considerava rigido, troppo preciso. A tal proposito, lui ebbe un
periodo di comando da vice gerente generale, che durò un anno e mezzo, e non lo
rielessero più proprio perché considerato troppo severo.
Di quel periodo lui mi ha
detto ripetutamente: “E’ stato il periodo più brutto della mia vita, non ho
passato un periodo più brutto di quello, non lo farò mai più!”. A proposito di
questa esperienza diceva che in tutta l’umana progenie c’è un grande problema:
quando le cose vanno male domina in realtà l’egoismo, e per questo rammentava
sempre a ciascuno di essere molto attento al proposito egoismo, per evitare che
prenda il predominio.
Dal libro Padre Amorth - La mia battaglia con Dio contro satana