CATTOLICI E FAMIGLIA – 1
LA VERA MISERICORDIA? NON DARE LA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI
Questo
commento riguarda solo i divorziati risposati. Sono esclusi quindi
coloro che hanno subito il divorzio per gravi motivi, magari con
violenza e umiliazioni, non hanno aderito a nuove unioni e adempiono
ai propri doveri familiari, per i quali non ci sono ostacoli a
ricevere i sacramenti (cfr. Direttorio Pastorale Familiare, nn.
210-211).
MATRIMONIO INDISSOLUBILE – NIENTE DIVORZIO
MISERICORDIA DENTRO LA DOTTRINA, NON CONTRO LA DOTTRINA
A) “Si
avvicinarono alcuni farisei per mettere Gesù alla prova e gli
chiesero: “È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per
qualsiasi motivo?”. Ed egli rispose: “Non avete letto che il
Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: “Per
questo l’uomo lascerà sua padre e sua moglie e si unirà a sua
moglie e i due saranno una carne sola?”. Così che non sono più
due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo
non lo separi”. Gli obiettarono: “Perché allora Mosè ha
ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?”. Rispose
loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso
di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò
io vi dico: Chiunque
ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa
un’altra commette adulterio”
(Mt 19, 3-9).
—— Il
testo greco è stato tradotto male con l’espressione “se non in
caso di concubinato”, che insinua l’idea sbagliata che in caso di
infedeltà sarebbe lecito ripudiare la moglie o il marito. La Bibbia
di Gerusalemme infatti traduce: “chiunque ripudia la propria
moglie, SE
NON IN CASO DI UNIONE ILLEGITTIMA,
e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Mt 19,9 CEI 2008). Il
Vangelo di Matteo, scritto per gli ebrei, risponde ad una
problematica rabbinica. Di queste decisioni locali se ne trova
traccia anche nel Concilio di Gerusalemme (At 15,23-29). Qui il
greco “porneia” non traduce fornicazione, cioè l’adulterio
(come pensano, sbagliando i protestanti e gli ortodossi) altrimenti
doveva esserci il termine greco “moicheia”. Qui il greco
“porneia” nel contesto delle problematiche rabbiniche, traduce la
parola ebraica “ZENUT”
riguardante qualsiasi
unione incestuosa, proibita dalla Legge (Lv
18): Si
tratta di unioni tra fratello e sorella, tra consanguinei, che
dovevano essere subito rotte, perché fuori legge, false unioni,
invalide ed inesistenti. Gesù
dice, allora, “Tranne questi falsi e inesistenti legami
(zenut-porneia), il divorzio non è mai lecito. La conferma
viene da altri passi biblici (Lc 16,18; Mc 10,11) chiari, espliciti,
senza bisogno di nessuna interpretazione.
1
Cor 7, 10-11: “La
moglie non si separi dal marito. E se è separata rimanga senza
maritarsi o si riconcilii col marito. E l’uomo non ripudi la
moglie”.
1
Cor 7, 39: “La
moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se
il marito muore è libera di sposare chi vuole, purché ciò avvenga
nel Signore”.
Rom
7, 2-3: “La
donna sposata è legata dalla legge al marito finché egli vive; ma
se il marito muore, è libera dalla legge che la lega al marito. Essa
sarà dunque chiamata adultera se, mentre vive il marito, passa ad un
altro uomo, ma se il marito muore, essa è libera dalla legge e non è
più adultera se passa ad un altro uomo”.
1
Cor 6, 9-10: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri,
né ADULTERI,
né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né
maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio”. Le opere
della carne (tra cui l’adulterio) escludono dal Regno di Dio (Gal
5, 18-23).
B)
CONCRETEZZA E STORICITÀ DELLA FEDE. La
fede cattolica va vissuta e tradotta in pratica nella vita
quotidiana. “Tanto metto in pratica, tanto credo!”. Gesù
rimprovera i Farisei perché “dicono e non fanno”, oppure perché
“fanno il contrario di quello che dicono”. La fede vera consiste
nell’incarnare tutte le
verità della fede, in tutta la
nostra vita, intutto il
nostro tempo, in tutte le
nostre scelte, in tutte le
nostre decisioni, in tutti i
nostri comportamenti, sempre edovunque,
senza “ma” e senza “se”! Non bisogna farsi ipnotizzare
dalla falsa cultura pagana e secolarizzata, laicista e anticristiana.
Nel caso che stiamo analizzando: Se non scegli il matrimonio
sacramento tra un uomo e una donna, se non lo vivi nella fedeltà e
nell’indissolubilità, non è vero che hai fede! Il RINNOVAMENTO
DELLA CATECHESI pone tra le finalità della
catechesi la MENTALITÀ
DI FEDE (cfr.
Cap. III, n.38): pensare come Gesù, parlare come Gesù,
comportarsi come Gesù, scegliere come Gesù, obbedire ai
comandamenti di Dio come Gesù. È necessario ragionare secondo la
fede, scegliere secondo la fede, comportarsi in modo coerente
con la fede, soprattutto quando è difficile e quando siamo messi a
dura prova. LA
PROVA DELLA FEDE.
Ogni credente sarà MESSO
ALLA PROVA proprio
per verificare la sua fermezza nella fede. Ognuno secondo il suo
stato: il prete come prete, il religioso come religioso. Chi si sposa
verrà messo alla prova sulla fedeltà, sull’unità, sulla
fecondità, sull’indissolubilità, ecc. Se
manca la FORMAZIONE DI BASE, CONVINZIONI PROFONDE E MOTIVATE, se
manca L’EDUCAZIONE E LA DISCIPLINA CATTOLICA, alla prima
prova o tentazione si cade rovinosamente e si danneggia la propria
vita e la vita degli altri.
C) CATECHISMO CHIESA CATTOLICA.
“Il
matrimonio sacramento tra un uomo e una donna è la loro unione per
tutta la vita, ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione”
(C.C.C., n. 1601) (C.C.C., n. 1603). “L’unione coniugale è
minacciata da discordia, infedeltà, conflitti /…/ questo disordine
non deriva dalla natura dell’uomo, ma dal peccato. /…/ Per
guarire le ferite del peccato l’uomo e la donna hanno bisogno della
grazia di Dio, nella sua infinita misericordia” (C.C.C., nn.
1606-1607) (C.C.C., n. 1610). “L’UNIONE
MATRIMONIALE DELL’UOMO CON LA DONNA È INDISSOLUBILE:
“Quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi” (Mt 19,6)”
(C.C.C., n. 1614). “Gesù stesso dona la forza e la grazia per
vivere il matrimonio nella nuova dimensione del Regno di Dio”
(C.C.C., n. 1615). “L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si
unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola” (Ef
5,31-32)” (C.C.C., n. 1616). (N.d.R. = L’uomo si unirà ad una
sola donna, non a due o tre contemporaneamente!! E neppure a due o
tre successive e consecutive! Inoltre è detto i due (e SOLO
QUEI DUE) formeranno una carne sola: una volta costituita
una carne sola, QUESTA UNICA CARNE, non può più essere separata,
lacerata, ripresa, scissa; non può più essere spezzata a metà per
essere appiccicata ad un’altra metà carne proveniente da altra
rottura!!! = N.d.R.). “Il
matrimonio concluso e consumato tra battezzati NON PUÒ MAI ESSERE
SCIOLTO. Il vincolo matrimoniale è una realtà ormai irrevocabile”
(C.C.C., n. 1640; n. 1643-1648; n. 1664).
Quindi un
ipotetico SECONDO MATRIMONIO SACRAMENTALE – CON IL PRIMO
CONIUGE sacramentale ANCORA
VIVENTE – NON È POSSIBILE.
D) —– SOLO
LA COABITAZIONE, PER MOTIVI MOLTO GRAVI, PUÒ
VENIRE SOSPESA, MAI IL MATRIMONIO.“Esistono
tuttavia situazioni in cui la coabitazione matrimoniale diventa
praticamente impossibile per le più varie ragioni. In tali casi la
Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi e la fine della loro
coabitazione. I coniugi però non cessano di essere marito e moglie
davanti a Dio; NON
SONO LIBERI DI CONTRARRE UNA NUOVA UNIONE.
In questa difficile situazione, la soluzione migliore sarebbe, se
possibile, LA RICONCILIAZIONE. La comunità cristiana è chiamata ad
aiutare queste persone a vivere cristianamente la loro situazione,
nella fedeltà al vincolo del loro matrimonio che resta indissolubile
(cfr. Codice Diritto Canonico, nn. 1151-1155)” (C.C.C., n.
1649). “Oggi,
in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono
al divorzio secondo
le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La
Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo («Chi
ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio
contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro,
commette adulterio»: Mc10,11-12),
che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido
il primo matrimonio. Se iDIVORZIATI
SI SONO RISPOSATI CIVILMENTE, essi
si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la
legge di Dio. perciò essi
NON POSSONO ACCEDERE ALLA COMUNIONE EUCARISTICA, per
tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo NON
POSSONO ESERCITARE CERTE RESPONSABILITÀ ECCLESIALI. La
riconciliazione mediante il Sacramento della penitenza non può
essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato
il segno dell’alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono
impegnati a vivere in una completa continenza” (C.C.C., n. 1650).
“Nei confronti dei cristiani che vivono in questa situazione e che
spesso conservano la fede e desiderano educare cristianamente i loro
figli, i sacerdoti e tutta la comunità DEVONO DARE PROVA DI UNA
ATTENTA SOLLECITUDINE affinché essi non si considerino come separati
dalla Chiesa, alla vita della quale possono e devono partecipare in
quanto battezzati: «Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a
frequentare il Sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera,
a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della
comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede
cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza, per
implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio” (C.C., n.
1651). “IL
NUOVO MATRIMONIO DEI DIVORZIATI, MENTRE È ANCORA VIVO IL CONIUGE
LEGITTIMO,
contravviene al disegno e alla legge di Dio insegnati da Cristo.
Costoro non sono separati dalla Chiesa, ma NON
POSSONO ACCEDERE ALLA COMUNIONE EUCARISTICA.
Vivranno la loro vita cristiana particolarmente educando i loro figli
nella fede” (C.C.C., n. 1665).
E)
La stessa identica e precisa posizione è ribadita nel DIRETTORIO
DI PASTORALE FAMILIARE (Cap.
VII, Situazioni particolari, Divorziati risposati, nn.213-220) come a
dire la pastorale o la misericordia non sono la scorciatoia per
calpestare e distruggere la dottrina e i sacramenti: la
carità va fatta nella Verità, non contro la Verità (idem,
n. 192). S. Giovanni Crisostomo diceva che separare marito e moglie è
come prendere una SPADA e tagliare in due pezzi in u singolo essere
umano! Per coloro che si appellano alla Tradizione è la stessa
identica posizione del CATECHISMO
SAN PIO X (Parte
IV, Cap. IX, nn.830-854). Questa
è la dottrina e la pastorale della Chiesa di sempre e da sempre.
La pastorale o la misericordia, aiuta le persone, si fa loro vicina,
li sostiene nelle loro difficoltà, si fa buon samaritano, mamai
la pastorale o la misericordia possono stracciare la vera dottrina,
mettersi contro la Parola di Dio, annullare l’insegnamento della
Bibbia, della Tradizione e del Magistero ininterrotto, mai possono
tradire la Verità, mai possono mettersi contro i comandamenti di
Dio.
F) Non
possiamo portare la mentalità di Marco Pannella nella Chiesa. La
mentalità di Pannella è questa: “C’è la droga? Legalizziamo la
droga!”. “C’è l’aborto? Legalizziamo l’aborto!”.
“C’è il divorzio? Legalizziamo il divorzio!”. “Ci sono
i divorziati risposati? Legalizziamoli”. Dare la comunione ai
divorziati risposati, cedendo alla “mentalità Pannella”,
significa legalizzare quattro
abomini:
1)
Si legalizza, nella Chiesa, il divorzio.
2)
Si legalizza, nella Chiesa, l’adulterio.
3)
Si cancella il peccato.
4)
Si legalizzano, nella Chiesa, nuove false nozze contro e fuori
l’unico matrimonio sacramento che, di fatto, viene relativizzato,
colpito e ridotto ad un semplice accordo umano che oggi c’è e
domani non c’è.
Contemporaneamente
si colpiscono e, di fatto, SI
PROFANANO in una sola volta (forse anche liquidandoli), tre
sacramenti:
1) il matrimonio (come abbiamo già indicato); 2) la confessione (non
sarebbe più necessario confessarsi e se questo è valido per le
“faccende” legate al matrimonio, non potrebbe, in seguito, essere
valido anche per tutti gli altri casi?); 3) l’eucaristia che, di
fatto, se si può mangiare indegnamente il Corpo di Cristo o viene
legalizzato il sacrilegio oppure, di fatto, verrebbe ridotta
solo ad un a semplice presenza spirituale.
G) Dunque LA
VERA MISERICORDIA È NON DARE LA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI.
Vediamo perché. San Paolo afferma: “Chi mangia e beve indegnamente
il Corpo e il Sangue di Cristo, è reo del Corpo e Sangue /…/
mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11,27-30). Dare la
comunione a dei divorziati risposati, significa dare la comunione a
due persone che vivono in adulterio, quindi in peccato gravissimo.
Dare la comunione a due persone in peccato mortale significa
giustificare, legalizzare e confermarli nel loro
stato di peccato mortale.
Perdurando questa condizione come potranno mai salvarsi? Siamo noi
che, di fatto, in questo modo li condanniamo alla dannazione eterna!
Mantenere e giustificare due persone nel peccato mortale, far loro
commettere sacrilegio in nome di una falsa misericordia significa
fare un USO
DIABOLICO DELLA MISERICORDIA,
così come il diavolo, nelle famose tentazioni nel deserto (Lc
4,1-12), di fatto, in quella occasione, fa un uso diabolico delle
citazioni bibliche, della Parola di Dio, per tentare di mettere Gesù
contro la volontà del Padre. La Verità senza la misericordia, non è
cristiana. La misericordia, senza la verità è una posizione
diabolica. Nella
fede cattolica Verità e misericordia, dottrina e pastorale vanno
sempre insieme o cadono insieme. Non esiste una senza l’altra. Non
esiste una contro l’altra.
H) Segnaliamo
due libri su questo argomento:
1)
Card. Gerhard Ludwig Müller: «LA
SPERANZA DELLA FAMIGLIA»
(Edizioni Ares, 80 pagine, euro 9.50). «IL
MATRIMONIO SACRAMENTALE, SE VALIDO, È INDISSOLUBILE»
2)
Cinque cardinali, tre accademici e un arcivescovo (il gesuita
curiale Cyril Vasil): «PERMANERE
NELLA VERITÀ DI CRISTO.
Matrimonio e Comunione nella Chiesa Cattolica» (uscirà il
primo ottobre in Italia – Edizioni Cantagalli). «LA
MISERICORDIA NON È DISPENSA DAI COMANDAMENTI».
(Prefetto Congregazione Dottrina della Fede, Gerhard Ludwig Müller,
insieme a Carlo Caffarra, Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller,
Velasio De Paolis)
I) ACCORGIMENTI NECESSARI
1) È
chiaro che il Sacramento del Matrimonio, per non poggiare sulla
sabbia, richiede
catechesi e conversione: 1)
Il Corso di preparazione ai nubendi deve offrire le basi dottrinali,
pastorali e di integrazione tra fede e vita (cfr. Rinnovamento
della Catechesi, Cap. III, nn. 52-55) del vero matrimonio cattolico:
deve ribadire cosa significa essere veramente cattolici praticanti;
deve indicare qual è il fidanzamento cattolico e il matrimonio
cattolico; deve verificare se ci sono le condizioni di fede e la
reale maturità dei nubendi per accedere al Matrimonio sacramento.
2) Prima
e dopo il matrimonio ogni cattolico deve essere inserito in un
cammino di fede e di formazione personale e profonda che consenta di
costruire la propria casa sulla roccia.
3) Bisogna
nutrire la propria vita personale e quella famigliare della pratica
dei sacramenti.
4) È
necessario avere un padre spirituale (un sacerdote) per evitare di
fare scelte solo autoreferenziali, impulsive, sotto la pressione di
circostanze esteriori o sotto l’influenza di cattivi consiglieri.
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Papa
San Giovanni Paolo II – FAMILIARIS CONSORTIO
(22-11-1981), n. 84:
I DIVORZIATI RISPOSATI
“L’esperienza
quotidiana mostra, purtroppo, che chi
ha fatto ricorso al divorzio ha per lo più in vista il passaggio ad
una nuova unione, ovviamente non
col rito religioso cattolico.
Poiché si tratta di UNA PIAGA CHE VA, AL PARI DELLE ALTRE,
INTACCANDO SEMPRE PIÙ LARGAMENTE ANCHE GLI AMBIENTI CATTOLICI, il
problema dev’essere affrontato con premura indilazionabile. I
Padri Sinodali l’hanno espressamente studiato (1980).
1) MISERICORDIA-PASTORALE
La
Chiesa /…/ non
può abbandonare a se stessi coloro che – già congiunti col
vincolo matrimoniale sacramentale – hanno cercato di passare a
nuove nozze.
Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di mettere a loro disposizione
i suoi mezzi di salvezza. /…/ Insieme col Sinodo, esorto caldamente
i pastori e l’intera comunità dei fedeli affinché aiutino
i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino
separati dalla Chiesa, potendo
e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita.
Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il
sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare
incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in
favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a
coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di
giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li
incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella
fede e nella speranza.
2) VERITÀ-DOTTRINA
LA
CHIESA, TUTTAVIA, RIBADISCE LA SUA PRASSI, FONDATA SULLA SACRA
SCRITTURA, DI NON AMMETTERE ALLA COMUNIONE EUCARISTICA I DIVORZIATI
RISPOSATI. Sono
essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la
loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione
di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata
dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo
pastorale: SE
SI AMMETTESSERO QUESTE PERSONE ALL’EUCARISTIA, I FEDELI
RIMARREBBERO INDOTTI IN ERRORE E CONFUSIONE CIRCA LA DOTTRINA DELLA
CHIESA SULL’INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO.
La
riconciliazione nel sacramento della penitenza –
che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere
accordata SOLO
A QUELLI CHE,
pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a
Cristo, SONO
SINCERAMENTE DISPOSTI AD UNA FORMA DI VITA NON PIÙ IN CONTRADDIZIONE
CON L’INDISSOLUBILITÀ DEL MATRIMONIO. Ciò
comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri
motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non
possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono
l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli
atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo II, Omelia per la chiusura
del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).
Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio
sia agli stessi coniugi e ai loro familiari, sia ancora alla comunità
dei fedeli PROIBISCE
AD OGNI PASTORE, PER QUALSIASI MOTIVO O PRETESTO ANCHE PASTORALE, DI
PORRE IN ATTO, A FAVORE DEI DIVORZIATI CHE SI RISPOSANO, CERIMONIE DI
QUALSIASI GENERE.
Queste, infatti, darebbero l’impressione della celebrazione di
nuove nozze sacramentali valide e indurrebbero conseguentemente in
errore circa l’indissolubilità del matrimonio validamente
contratto.
3) UNITÀ MISERICORDIA-VERITÀ
Agendo
in tal modo, LA CHIESA PROFESSA LA PROPRIA FEDELTÀ A CRISTO E ALLA
SUA VERITÀ; NELLO STESSO TEMPO SI COMPORTA CON ANIMO MATERNO VERSO
QUESTI SUOI FIGLI,
specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati
abbandonati dal loro coniuge legittimo. Con
ferma fiducia essa crede che, anche quanti si sono allontanati dal
comandamento del Signore ed IN
TALE STATO tuttora
vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della
salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e
nella carità”.
—– In
queste parole si può riconosce il VERO
EQUILIBRIO CATTOLICO,
la vera sintesi piena di sapienza TRA
VERITÀ E MISERICORDIA, TRA DOTTRINA E PASTORALE.
È
fuori dalla fede cattolica CONTRAPPORRE LA MISERICORDIA ALLA VERITÀ,
LA PASTORALE ALLA DOTTRINA IMMUTABILE E ININTERROTTA DEL MAGISTERO E
DELLA TRADIZIONE. È fuori e contro la fede cattolica
proporre-imporre, in nome di una falsa misericordia, UNA
PRASSI PASTORALE CONTRO LA VERITÀ,
opposta alla dottrina immutabile e ininterrotta del Magistero. È
fuori e contro la fede cattolica introdurre UNA
PRASSI PASTORALE CHE LEGALIZZI IL PECCATO e,
di fatto, colpisca tre sacramenti. Questa schizofrenia è estranea
alla Tradizione della Chiesa.
—Papa
San Giovanni Paolo II – Esortazione apostolica CATECHESI
TRADENDAE (16-10-1979), n. 22: “È
VANO CONTRAPPORRE L’ORTOPRASSI ALL’ORTODOSSIA: IL CRISTIANESIMO È
INSEPARABILMENTE L’UNA E L’ALTRA COSA.
Le convinzioni ferme e ponderate spingono all’azione coraggiosa e
retta. /…/ È altrettanto vano sostenere l’abbandono di uno
studio serio e sistematico del messaggio di Cristo in nome di un
metodo che privilegia l’esperienza vitale. «Nessuno può
raggiungere la verità integrale con una semplice esperienza privata,
cioè senza una spiegazione adeguata del messaggio di Cristo, che è
via, verità e vita» (Gv 14,6). NON
SI CONTRAPPORRÀ, PARIMENTI, UNA CATECHESI CHE PARTA DALLA VITA AD
UNA CATECHESI TRADIZIONALE, DOTTRINALE E SISTEMATICA.
La catechesi autentica è sempre iniziazione ordinata e sistematica
alla rivelazione che Dio ha fatto di se stesso all’uomo in Cristo
Gesù, rivelazione custodita nella memoria profonda della Chiesa e
nelle Sacre Scritture, e costantemente comunicata, mediante una
trasmissione vivente ed attiva, da una generazione all’altra. Ma
una tale rivelazione non è isolata dalla vita, nè a questa è
giustapposta artificialmente. Essa riguarda il senso ultimo
dell’esistenza che essa stessa illumina completamente, per
ispirarla o per esaminarla alla luce del Vangelo”.
PROPOSTE
Il
Card. Pell (componente del cosiddetto C9) ha chiesto al Sinodo “la
riaffermazione della dottrina cattolica” e ha sottolineato che la
questione della comunione ai divorziati risposati è – anche
statisticamente – una cosa secondaria, ma che è diventata “un
simbolo”, cioè una bandiera ideologica. “La Chiesa dovrebbe
fornire una scialuppa di salvataggio ai divorziati. Ma dove devono
andare queste scialuppe? Verso gli scogli, verso le paludi o verso un
porto sicuro, che si può raggiungere solo con difficoltà?”
(Corriere della Sera, 19/9/2014, p. 23). Il Card. Caffarra ha
ricordato le parole di Giovanni Paolo II per cui la dottrina relativa
al matrimonio “è insegnata dal Magistero della Chiesa come
dottrina da tenersi definitivamente”, e quindi essa costituisce una
tradizione ininterrotta. Il Card. Velasio de Paolis in un testo
pubblicato già un bel pò di mesi fa, afferma che “è APERTO
A SOLUZIONI PASTORALI SUL PROBLEMA, PURCHÉ LA DOTTRINA NON
VENGA STRAVOLTA.
Già Benedetto XVI chiese di lavorare in merito. Il problema è che
la prassi è fondata sulla dottrina e non si può cambiare una prassi
se questo cambiamento contraddice la dottrina, altrimenti non si
tratterebbe di pastoralità ma arbitrarietà nociva” (La
Repubblica, 20/9/2014, p. 25). Il Card. Scola propone quattro
soluzioni per i divorziati risposati: 1) la comunione
spirituale o “di desiderio”; 2) il ricorso al sacramento della
riconciliazione anche senza assoluzione; 3) la continenza sessuale
nel perdurare dell’unione civile; 4) l’accertamento della
validità o no di un matrimonio non solo ad opera dei tribunali
diocesani o della Rota, ma anche con una più snella nuova procedura
canonica non giudiziale, di competenza del vescovo del luogo”
(cfr.http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350876).
Vedremo cosa succederà nel confronto pastorale del prossimo sinodo.
CONCILIO
DI TRENTO. Canoni
sul matrimonio. Can. 7: “Se qualcuno dirà che la Chiesa
sbaglia quando ha insegnato e insegna, secondo la dottrina del
Vangelo e degli Apostoli (cfr. Mt 5,32; 19,9; Mc 10,11 ss; Lc 16,18;
1 Cor 7,11) che IL
VINCOLO DEL MATRIMONIO NON PUÒ ESSERE SCIOLTO PER L’ADULTERIO DI
UNO DEI CONIUGI;
che nessuno dei due, nemmeno l’innocente, che non ha dato motivo
all’adulterio, può contrarre un altro matrimonio, vivente l’altro
coniuge; che commette adulterio il marito che, cacciata
l’adultera, ne sposi un’altra, e la moglie che, cacciato
l’adultero, ne sposi un altro, sia anatema” (Dz n. 1807).
Pio
XI, CASTI
CONNUBI (31/12/1931):
“Se poi la Chiesa non sbagliò, né sbaglia, allorché insegnò ed
insegna queste cose ed è però del tutto certo che IL
MATRIMONIO NON PUÒ ESSERE SCIOLTO NEPPURE A CAUSA DELL’ADULTERIO,
è evidente che gli altri motivi più lievi di divorzio che si suole
addurre, valgono ancora meno e sono da ritenere del tutto
inconsistenti” (A.A.S. 22 [1930] 574).
Card. Angelo
Scola – EUCARISTIA,
RICONCILIAZIONE E DIVORZIATI RISPOSATI
“La Chiesa è accusata spesso di un mancanza di sensibilità e di comprensione riguardo al fenomeno dei divorziati risposati, senza riflettere attentamente sulle ragioni della sua posizione, che essa sa fondata sulla rivelazione divina. Qui si tratta però non di un’azione arbitraria del magistero della Chiesa, ma piuttosto della consapevolezza del legame inscindibile che unisce l’eucaristia e il matrimonio. Alla luce di questa relazione intrinseca, bisogna dire che ciò che impedisce l’accesso alla riconciliazione sacramentale e all’eucaristia non è un singolo peccato, che può sempre essere perdonato quando la persona si pente e chiede perdono a Dio. Ciò che rende l’accesso a questi sacramenti impossibile è, piuttosto, LO STATO, la CONDIZIONE DI VITA, in cui si trovano coloro che hanno stabilito un nuovo legame: unoSTATO che di per sé contraddice ciò che è significato dal legame tra l’eucaristia e il matrimonio. Questa è una condizione che deve essere modificata per poter corrispondere a ciò che viene realizzato in questi due sacramenti. La non ammissione alla comunione eucaristica invita queste persone, senza negare i dolori e le ferite che subiscono, a mettersi in cammino verso una piena comunione che si realizzerà nei tempi e nei modi determinati alla luce della volontà di Dio. Al di là delle varie interpretazioni della prassi della Chiesa primitiva, che ancora non sembrano dare prova di comportamenti sostanzialmente diversi da quelle di oggi, il fatto che essa ha sempre più sviluppato la consapevolezza del legame fondamentale tra l’eucaristia e il matrimonio segnala l’esito di un percorso compiuto sotto la guida dello Spirito Santo, più o meno come hanno preso forma nel tempo tutti i sacramenti della Chiesa e la loro disciplina. Così si capisce perché sia la “Familiaris Consortio” sia la “Sacramentum caritatis” hanno confermato “la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10, 2-12), di non ammettere ai sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell’eucaristia” (SC, 29)” (cfr. http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350876).
“La Chiesa è accusata spesso di un mancanza di sensibilità e di comprensione riguardo al fenomeno dei divorziati risposati, senza riflettere attentamente sulle ragioni della sua posizione, che essa sa fondata sulla rivelazione divina. Qui si tratta però non di un’azione arbitraria del magistero della Chiesa, ma piuttosto della consapevolezza del legame inscindibile che unisce l’eucaristia e il matrimonio. Alla luce di questa relazione intrinseca, bisogna dire che ciò che impedisce l’accesso alla riconciliazione sacramentale e all’eucaristia non è un singolo peccato, che può sempre essere perdonato quando la persona si pente e chiede perdono a Dio. Ciò che rende l’accesso a questi sacramenti impossibile è, piuttosto, LO STATO, la CONDIZIONE DI VITA, in cui si trovano coloro che hanno stabilito un nuovo legame: unoSTATO che di per sé contraddice ciò che è significato dal legame tra l’eucaristia e il matrimonio. Questa è una condizione che deve essere modificata per poter corrispondere a ciò che viene realizzato in questi due sacramenti. La non ammissione alla comunione eucaristica invita queste persone, senza negare i dolori e le ferite che subiscono, a mettersi in cammino verso una piena comunione che si realizzerà nei tempi e nei modi determinati alla luce della volontà di Dio. Al di là delle varie interpretazioni della prassi della Chiesa primitiva, che ancora non sembrano dare prova di comportamenti sostanzialmente diversi da quelle di oggi, il fatto che essa ha sempre più sviluppato la consapevolezza del legame fondamentale tra l’eucaristia e il matrimonio segnala l’esito di un percorso compiuto sotto la guida dello Spirito Santo, più o meno come hanno preso forma nel tempo tutti i sacramenti della Chiesa e la loro disciplina. Così si capisce perché sia la “Familiaris Consortio” sia la “Sacramentum caritatis” hanno confermato “la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10, 2-12), di non ammettere ai sacramenti i divorziati risposati, perché il loro stato e la loro condizione di vita oggettivamente contraddicono quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata ed attuata nell’eucaristia” (SC, 29)” (cfr. http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350876).