HO
ASSISTITO A UN ESORCISMO
Don Francesco Cupello
E vengo finalmente al
racconto della mia esperienza personale, che avevo annunciato più sopra. In
verità si tratta solo di un caso, ma a me è servito molto per rendermi conto
della serietà delle possessioni diaboliche e dell’estrema necessità di
esorcismi ed esorcisti. E devo dire che ha anche rafforzato la mia fede, perché
davanti a un vero esorcismo si fa una forte esperienza del soprannaturale.
Paradossalmente, quindi, il demonio è l’entità che dimostra con più evidenza
l’esistenza della SS. Ma Trinità, la potenza della vergine santissima e la
difesa con il male per intervento dei Santi.
Un mio confratello un giorno
mi chiese se potevo far celebrare un corso di Messe gregoriane richiesto da una
persona lontana da Roma e dalla regione Lazio. Io rimasi meravigliato che tale
richiesta venisse da lontano e obiettai che quella persona bastava che cercasse
in qualche monastero o Istituto religioso nella sua regione e non avrebbe trovato difficoltà a reperire un
sacerdote disponibile. Ma quel mio confratello insistette, senza peraltro
rispondere alle mie obiezioni. E la cosa mi lasciò un po’ interdetto. Dopo non
molto tempo mi fu annunciato, non ricordo se da quel confratello o dalla stessa
persona interessata, che quest’ultima sarebbe venuta a Roma per la sua
richiesta. E una mattina venne in compagnia del fratello. Era un giovane sui 27
– 28 anni, ma che dimostrava di meno: molto fine nei modi, di statura
medio-alta, magro, piuttosto timido, di ottima famiglia, come appresi dalle
risposte che diede alle mie domande. Mi chiese delle Messe gregoriane e rispose
alle mie obiezioni con molta sicurezza, portando come unica motivazione che non
trovava sacerdoti disponibili. Me ne chiese tre corsi, tutti per suoi familiari
defunti, nonni e zii. E senza batter ciglio mi mise sulla scrivania l’offerta
di 1.050 euro. Abbiamo parlato ancora per un po’, poi improvvisamente quel
giovane mi chiese, anzi mi implorò, se potevo fargli il grande favore di poter
incontrare, anche molto brevemente, Padre Amorth. Capii finalmente il vero
motivo che lo spingeva a Roma e fino a me, per far celebrare delle Messe.
Naturalmente a lui non manifestai questo mio pensiero e mi limitai a dirgli che
una richiesta così improvvisa, senza previo appuntamento, di un incontro con
Padre Amorth era quasi impossibile da soddisfare, tanto più trattandosi di una
persona non della Diocesi di Roma. Rimasi un po’ frastornato e poi,
ripetendogli più volte che non gli promettevo nulla e che si disponesse a un
molto probabile rifiuto, gli dissi che ci avrei provato.
“Aspettami qui (ero nel mio
ufficio)” gli dissi, e andai a bussare alla camera di Padre Amorth. Gli spiegai
la cosa e lo pregai vivamente di riceverlo. Dopo un po’ di tergiversazione,
convinto che si trattasse solo di una richiesta di preghiere e di una
benedizione, mi disse che se fosse venuto tra le 11:45 e mezzogiorno, avrebbe
potuto brevemente incontrarlo. Andai subito a comunicare la cosa ai due
fratelli, che si mostrarono molto contenti e pieni di gratitudine nei miei
confronti. Li accompagnai nella stanza di Padre Amorth e ve li lasciai, dicendo
loro di tornare nel mio ufficio dopo l’incontro. Puntualmente qualche minuto
dopo mezzogiorno essi tornarono da me. Mi ringraziarono ancora, ci salutammo ed
essi risalirono in macchina per riprendere la strada del ritorno. Il giovane mi
sembrò molto tranquillo e sereno e ancora molto timido.
La sera, a refettorio, Padre
Amorth mi si avvicinò e mi disse: “Compagnino! (lui usa spesso questo appellativo
verso i suoi confratelli) Ma sai chi mi hai portato questa mattina?”.
“Si riferisce a quel giovane accompagnato dal fratello?
Perché?”.
“Quello è un vero caso di possessione diabolica!”.
Rimasi sbalordito. Come?! Quel giovane così perbene, così
timido …
La mia meraviglia era
soprattutto al fatto che Padre Amorth, nei migliaia di casi trattati, ha sempre
affermato di essersi incontrato raramente con quelli di vera possessione diabolica.
“Ma come ha fatto ad accorgersene in così poco tempo?”.
“L’ho capito subito dalla reazione avuta non appena ho
cominciato a pregare”.
“E cosa ha fatto poi lei?”.
“Ho subito interrotto
l’esorcismo e ho fatto rientrare in sé il giovane, che era già andato in
trance. E gli ho detto che il suo caso era molto serio e che lui aveva bisogno
di molte “sedute”, che potevano andare avanti anche per anni e che quindi io
non potevo fare nulla per lui e che si cercasse un esorcista nella sua
Diocesi”.
Dopo diversi mesi quel
giovane mi richiamò, supplicandomi di fissargli un incontro con Padre Amorth,
al quale andai subito a riferire la cosa. “Digli che mi telefoni direttamente”
mi disse. Così feci e poi non lo risentii più. Seppi in seguito, e precisamente
nel terzo incontro di quel giovane con l’esorcista, che questi gli aveva
fissato un appuntamento per un esorcismo e che quest’ultimo si svolse in modo
piuttosto drammatico, con urla, bestemmie e rotolamenti sul pavimento e che, in
precisione di ciò, Padre Amorth aveva convocato degli assistenti che lo
aiutassero a tener fermo l’esorcizzato. Non ne seppi molto più. Senonché ancora
di fissargli un incontro con Padre Amorth, dicendomi al contempo di trovarsi
molto angosciato per la morte del babbo avvenuta tre mesi prima per un tumore
assolutamente asintomatico e che quando fu diagnosticato era ormai nella fase
terminale. Non seppi dirgli di no e lo raccomandai a Don Amorth, che si
dimostrò disponibile e fissò l’appuntamento.
Questa volta – mi dissi –
voglio partecipare anch’io all’esorcismo. Volevo rendermi conto di persona e
osservare attentamente sia il giovane esorcizzando sia l’esorcista, per
convincermi del tutto della soprannaturalità di certe manifestazioni e della
potenza delle preghiere di liberazione della Chiesa.
Venuto il giorno dell’appuntamento,
quel giovane, accompagnato dal fratello e dalla mamma, venne prima nel mio
ufficio. Lo trovai molto appesantito rispetto alla prima volta che lo vidi e
notai nei suoi occhi una certa inquietudine. Era molto diverso da come lo
ricordavo, anche se sempre piuttosto timido. Parlammo un po’ della situazione
familiare e della morte del babbo, che li aveva lasciati tutti molto scossi e
ancora molto sofferenti. Mi chiesero anche questa volta se potevo far celebrare
tre corsi di Messe gregoriane e mi lasciarono la corrispondente offerta di
1.050 Euro. Allora per l’esorcismo, l’accompagnai nella stanza adibita allo
scopo e lì attendemmo l’arrivo di Padre Amorth, che salutò tutti affabilmente e
anche allegramente. Vennero altre persone chiamate da D. Amorth per l’aiuto
necessario in casi come quello. Il giovane fu fatto sedere sulla solita
poltrona-sdraiato; Padre Amorth era alla sua sinistra e alla sua destra c’era
il fratello. Davanti c’era un robusto signore con il compito di tenere fermo l’esorcizzando
e c’erano pronte altre due persone allo stesso scopo. Io mi sedetti presso il
tavolo al centro della stanza, onde essere comodo a prendere degli appunti.
Padre Amorth inizia aspergendo
con l’acqua benedetta tutti i presenti e invitandoli a recitare insieme delle
preghiere. Poi mette in mano al giovane esorcizzando un crocifisso che lui
afferra senza mostrare alcuna ripulsa.
L’esorcista indossa la stola
viola, ponendone un lembo sulle spalle del giovane e iniziando a recitare le
formule di esorcismo tenendogli una mano sul capo. La prima preghiera è a S.
Michele Arcangelo. Roberto (chiamerò così d’ora in poi quel giovane) comincia
ad agitare la testa e volgendo poi la faccia verso l’esorcista con due occhi
diventati improvvisamente terribili e pieni di odio, ansima e ringhia.
“Chi sei?” gli domanda imperiosamente Padre Amorth.
E Roberto, con una voce non
sua e impressionante, gli dice:”il mio nome è Mefisto” (così ho capito io).
“Sei solo?”.
“Siamo moltissimi e sono tutti a mia disposizione”.
“Quanti siete? Dimmi il numero!”.
“Tantissimi”.
“Quanti? Voglio sapere il numero!”.
Roberto mugugna con uno stranissimo suono gutturale.
Padre Amorth insiste: “Quanti siete? Asino! Non sai
contare?”.
Lui ripete di chiamarsi
Mefisto, ma non risponde all’esorcista, limitandosi a fare versi, smorfie e
mugugni. Poi con voce più alterata (Non sua) e piena di odio dice all’esorcista,
fissandolo con occhi terribili: “ Non mi toccare!”. E Padre Amorth
imperiosamente: “Recede! Recede! In nomine Patris … intercedente beata Dei
Genitrice Virgine Maria …”.
C’è un momento di calma, ma
poi improvvisamente Roberto si rivolge all’esorcista, insultandolo con parole
volgari, oscene e coprolaliche: “Pezzo di m … che c … vuoi? Sei un pezzo di m …
bastardo! Fatti i c … tuoi!”. E lo ripete più volte, ringhiando mentre l’esorcista
gli domanda se ha agito durante messe nere, riti satanici, macumba, woodoo e
altro.
Roberto reagisce con
parolacce e ringhia: “Come fai a sapere queste cose? Figlio di p …!”.
L’esorcista insiste nell’elencare
tutte le possibili cause della possessione, chiedendo quale di quelle ne fosse
all’origine. Roberto alterna momenti di calma ad altri di agitazione, ma sempre
con la testa rivolta all’esorcista e con gli occhi torvi e pieni di odio, con
scariche di insulti volgari: “Come c … conosci la lingua latina? Maledetto str …,
fai schifo! Str … maledetto!”.
Roberto comincia a fare
versacci con la bocca e a ripetere a raffica: “Vaffanc … !”.
Padre Amorth invoca Maria
Santissima che gli schiacci il capo. Roberto continua a insultare. “Esci!” gli
intima l’esorcista con tono perentorio. Roberto a questo punto si scuote ed è
preso da un forte tremore a questo punto si scuote tutto ed è preso da un forte
tremore. Il fratello e un altro assistente cercano di tenerlo fermo.
“Chiudi la bocca!” dice l’esorcista.
Tu emetti una energia molto fastidiosa per me.
Padre Amorth continua la formula di esorcismo in latino.
Credo che usi il vecchio
rituale, perché lo ritiene più adatto, più efficace e più temuto dal demonio.
“Taci, pezzo di m …! Obbedisci!”.
“Sanctus, Sanctus, Sancutus …”.
“Maledictus””.
Roberto si scuote in tutto
il corpo. E Padre Amorth: “Recede! In nomine Jesu … Durum est tibi recalcitare …”.
Roberto fa le corna e dice
delle oscenità verso l’esorcista, che gli intima: “Stai zitto!”. E ripete per
te volte una pittoresca espressione di San Francesco rivolta al diavolo, come
scritto nei Fioretti.
“Come osi schifoso?”.
“Recede!”.
“Gran figlio di p … ! Tu
emani una energia molto fastidiosa per me! Voglio rimanere qui e ti devo
uccidere.
Non devi più vivere, perché
tu dai fastidio a tutto l’inferno! Devi morire! Ci dai troppo fastidio! Questo
giovane deve morire!”.
E qui Roberto comincia a
bestemmiare in continuazione. L’esorcista insiste con la preghiera, mentre
Roberto non fa che bestemmiare con voce alterata e cattiva e scuotendosi tutto.
“Toglimi le mani dalla testa
e dagli occhi! Lo Spirito Santo non lo devi nominare!”.
Padre Amorth torna a domandare: “Qual è il tuo nome?”.
“Mefistofele” (mi sembra di aver capito).
“Ti ha fissato Dio il giorno in cui devi uscire?”.
“Ci siamo già conosciuti io e te!”.
“Vi ho sempre vinto tutti.
Vattene, che non vali una cicca!”.
Roberto tira fuori la
lingua, puntandola contro l’esorcista con un fare tra quello di un bambino che
fa le linguacce e quello di chi sfida e di chi provoca una bestia feroce chiusa
in gabbia. Un ultimo scuotimento e tremolio di tutto il corpo e poi Roberto
rimane immobile in silenzio a testa in giù. Padre Amorth lo asperge con l’acqua
benedetta. “Via!” gli dice, ma lui rimane immobile. Allora recita l’Ave Maria
con tutti i presenti e poi gli dà dei colpetti in fronte con il palmo della
mano e gli dice:”Sveglia!”.
Roberto rimane ancora
qualche momento a testa in giù e poi si guarda attorno e il suo volto tutto
arrossato assume un’espressione tranquilla, anche se di persona stanca come dopo
una corsa o un forte stress emotivo. Ci alziamo tutti e ognuno esce dalla
stanza, mentre Padre Amorth, in assenza del suo solito aiutante, si preoccupa
di chiudere a chiave le due porte di ingresso, tranquillo e sereno come di chi
abbia fatto la cosa più normale di questo mondo e saluta affabilmente Roberto,
la di lui mamma e il fratello.
Io mi avvicino a questi
ultimi e li invito a pranzo nel refettorio della comunità, essendosi ormai
fatto quasi mezzogiorno e mezzo. Essi accettano e con molta tranquillità
pranzano insieme alla comunità paolina. Roberto non mostra molto appetito, e
infatti mangia poco. Dopo pranzo li saluto, promettendo che mi sarei
interessato a cercare un esorcista per Roberto, che mi dice che mi avrebbe
telefonato entro una settimana per sapere se lo avevo trovato. E a riguardo
devo dire che molto casualmente ne troverai uno proprio in quella settimana e
proprio nella stessa regione e località di Roberto, che puntualmente esorcista,
che si mostrò subito disponibile messo sull’avviso che si trattava di un caso
di vera possessione diabolica e che quindi si tenesse pronto a tutto e predisponesse
quanto necessario per un esorcismo nella massima sicurezza.
Mentre scrivo non so come
siano andate le cose, perché non ho ancora ricevuto telefonate né da Roberto,
né dall’esorcista. Comunque quel che mi preme dire, soprattutto in risposta a
quanti minimizzano certi fatti o li riducono a semplici fenomeni psichici o
psichiatrici, che bisogna essere proprio ciechi e sordi per negare l’evidenza
della preternaturalità di tali manifestazioni.
Dal libro: E’ lui a far paura al demonio – P. Amorth