L’ESORCISMO
DI ANGELA
Dal libro In viaggio con l’esorcista
Questo resoconto è utile a
voi lettori per iniziare a percorrere insieme a noi questo viaggio.
Erano circa le ore 21:15 di
un mercoledì. Pasquale aveva appena finito di cenare. Una sera come tante.
All’improvviso squillò il telefonino. Vide il nome e rispose.
"Pronto, come va?”."Benissimo”, rispose la voce dall’altra parte, che continuò:”Tieniti libero per domani pomeriggio verso le ore 16:00 passerò a prenderti”.
“Per fare cosa? Domani sarò al
lavoro”.
“Avevi dubbi? Manifestavi
perplessità? Prendi un paio d’ore di permesso, ci vediamo domani!.
Pasquale non disse nulla in
casa. Un po’ felice, un po’ intimorito, continuò a guardare la partita alla tv.
Sapeva benissimo di cosa si trattava, conosceva benissimo il perché della
telefonata fattagli da don Gianni. Tuttavia andò a dormire tranquillo.
Dopotutto, pensava, sarebbe potuta essere un’opportunità interessante.
Puntuale come sempre, il
giorno seguente don Gianni venne a prenderlo, come promesso. Si diressero verso
un paesino distante parecchi chilometri. Parlarono un bel po’: il sacerdote
cercò di spiegargli come il tutto avveniva, come si doveva comportare, cosa non
avrebbe dovuto fare.
Durante il viaggio
iniziarono i primi problemi. Sul tragitto un cavallo maestoso e dal pelo liscio
stava immobile nel centro della corsia. La strada con curve a gomito rendeva
impossibile passare oltre, occorreva attendere per lungo tempo, visto che il
cavallo pareva non avesse alcuna voglia di scansarsi. All’improvviso, l’animale
si voltò verso l’auto.
Pasquale prese il taccuino
sul quale annotava le sue richieste scrisse:
“Sono le 16:45 del 24
settembre. Danti a noi un gran cavallo ci ostruisce il passo e ci fissa. Non ho
mai visto uno sguardo simile in vita mia, né da parte di un uomo né di una
bastia. E’ un qualcosa di agghiacciante, ho paura”.
Don Gianni sapeva che spesso
il tragitto presentava delle insidie. Incidenti, ruote bucate, alberi caduti
sulla strada. Pareva non essere per nulla intimorito.
Sono gli scherzi di Mastro
Buffetto – disse - , nulla di preoccupante. Scese dall’auto, alzò la mano con
la quale teneva una croce e l’animale sparì.
Pasquale rimase di stucco, sospeso tra lo scetticismo
e la ragione sulla quale da sempre fondava le sue ricerche e le sue analisi
critiche. Preferì non riportare nient’altro sul suo diario. Si limitò
semplicemente a domandare, una volta che il sacerdote ritornò semplicemente a
domandare, una volta che il sacerdote ritornò al volante, chi fosse Mastro
Buffetto. “E’ un essere a cui piace scherzare, sin dalla notte dei tempi. Ma tu
non sei un credulone, giusto?” “Giustissimo”, replicò Pasquale con un sorriso
che mascherava incertezze. Da lì fino a destinazione, nessun altro intoppo.
Don Gianni iniziò a entrare
nel merito del caso: “La signora che andremo a incontrare ha circa
sessant’anni. La seguo da almeno sei, ma prima di me altri colleghi l’hanno
incontrata. Eppure continua a essere un caso disperato. Le analisi cliniche e
psichiatriche non evidenziano nessun tipo di problema, né neurologico né di
altro tipo. Durante l’anno conduce una vita normale, nel limite del possibile,
chiaramente. Succede che Mastro Buffetto le dia tregua e la lasci lavorare,
perfino andare in Chiesa, ma poi la costringe a letto, in carrozzina o la
trasforma in qualcosa di terribile. Tu dovrai stare attento: non rispondere
mai. Ti limiterai a pregare insieme agli altri, i parenti, che la terranno
ferma. Cercherà di provocarti in tutti i modi poiché è capace di sentire le
altrui debolezze. Ti dirà qualcosa di te, del tuo passato, del tuo presente e
anche del tuo futuro. Lo farà solo per spaventarti e per distrarti dalla
preghiera. Dirà bugie, verità, poi ancora bugie. Tu non dare peso né alle une
né alle altre, concentrati sul compito che ti ho assegnato. Pasquale annuì.
Arrivarono al paese. Un
paese molto carino e caratteristico. Una leggera brezza di primo autunno
suggeriva di indossare la giacca. Il caldo sole dell’estate era ormai diventato
sempre più tiepido e le giornate più corte. I due parcheggiarono l’auto di
fronte a una chiesetta. Non era la chiesa principale del paese e per questo
garantiva maggior riservatezza e dava la possibilità di esercitare il rito
lontano da occhi indiscreti. Arrivarono due auto, parcheggiarono nel piazzale e
ne uscirono due uomini di mezza età che tenevano una donna, poi un giovane e
quattro signore. Si diressero verso la sagrestia. Tutto molto normale, almeno
in apparenza.
Una volta che le persone
furono entrate in chiesa, don Gianni fece cenno a Pasquale di seguirlo. Scesero
dall’auto, il sacerdote prese la sua valigetta, la stola di color viola e fece
al giovane il segno della croce sulla fronte, recitando una formula di
assoluzione dai peccati.
Pasquale prese il suo
taccuino e seguì il prete. Varcato il portone d’ingresso, la chiesa si
presentava illuminata solo dalle candele e dai ceri su entrambi i lati
dell’altare, dietro il quale una porta dava alla sagrestia. Da qui in poi
saranno gli appunti di Pasquale a darci, senza censure e senza tagli, come nel
suo stile, la testimonianza di quel che vide.
Avanzavo lentamente, come se
il peso della paura fosse sulle mie spalle che tenevo curve, come per
proteggermi. Ma da cosa? Mi domandavo. Era suggestione, timore dell’ignoto o
forse avevo preso tutto sottogamba, guidato da pregiudizio e dall’impossibilità
a credere che esista veramente una lotta tra il bene e il male? Il profumo di
incenso, fiori e candele lasciava via via il passo putrefatta e porcile. L’aria
ne era densa. Difficile da descrivere, difficile da comprendere con raziocinio
come una cosa simile fosse possibile in luoghi solitamente tenui ordinati e
puliti, curati nell’igiene e nell’ornamento come le chiese.
Arrivammo all’ingresso della
sagrestia. La porta era socchiusa e non intravvedevo nulla. Udivo solo delle
urla strazianti, e sentivo nell’aria un odio inumano. Tra le grida, riuscii a
un certo momento a intendere qualche bestemmia contro il sacerdote. “ via! Stai
fuori! Cosa vuoi da me, prete? Allontanati, tu con quel … di crocifisso
maledetto che porti”. Don Gianni mi toccò la spalla, come si fa per infondere
coraggio. Aprì la porta ed entrammo.
La donna era seduta,
trattenuta con forza da due persone che le stavano accanto. Aveva gli arti
legati alla sedia. Ai lati della sala le altre persone pregavano e lì mi
sedetti, nell’unica sedia libera che aspettava me. Don Gianni si mise al centro della
stanza vicino alla donna. Se dovessi descrivervi il dolore, la rabbia e la
cattiveria che quella creatura esprimeva dovrei sforzarmi oltremodo di cercare
allegorie e metafore che possono rendere l’idea. Era un qualcosa di
indescrivibile che nemmeno la fiorente cinematografia horror potrebbe
riprodurre.
Sebbene avessi visto
immagini simili in vari film. Eppure poco prima, mi dicevo, avevo visto la
signora entrare, apparentemente normale. Mai mi sarei aspettato una tale
metamorfosi. Lo sguardo assente, le pupille bianche; attimi dopo socchiudeva
gli occhi e guardava con aria di sfida. Gli zigomi tirati, le vene del collo
ingrossate, come anche il gozzo, come avesse una pallina da tennis nella gola.
I piedi girati verso l’interno e il petto che si muoveva disunito e in modo
disarmonico rispetto al resto del corpo, avanti e indietro.
Do Gianni pareva non curarsi
di tutto ciò. Agiva con la tranquillità dell’abitudine, tanto da potersi
permettere qualche battuta, mostrando l’autorità di cui era investito. Iniziò
la battaglia, una lotta spirituale tra Bene e Male personificati; non più
concetti astratti, ma reali presenze. La posta in gioco? La liberazione della donna.
“Guardami, prete, sono come
mi desideri?”.
“Lo diventerai presto”.
La donna esplode in una
risata: Sei morto dalla cintola in giù. Lo sai che di te non importa niente a
nessuno? Chi credi che ti aiuti, Lui? Non sai che è distratto in mille altre cose?.
Lui, lo chiami? Fai fatica a
dirne il nome, vero?.
Taci, maledetto! Non sai
nulla, tu!
Pronuncerò io il suo nome,
allora. Sono qui in nome del Salvatore Gesù Cristo che già ti ha vinto nel
deserto e con il suo sacrificio ha redento l’umanità tutta, compresa la
creatura che ora possidei. La sua anima è di Dio e a lui la devi rendere.
A quel punto le urla
toccarono l’apice. La donna iniziò a dimenarsi con maggior violenza: stai
zitto! Zitto! Non non nominarmelo! Odio! Odio! Odio!
Sei in grado di ricordare il
nome di colei che possiedi?.
Certamente: Angela!.
Questo riesci a dirlo,
bravo. Ora dimmi il tuo! Te lo ordino nel nome del Signore.
Mai! Mai e poi mai.
Quanti siete? Ti ordino di
dirmi quanti siete.
Tanti! Tanti quanto la paura
di quello str… che hai portato con te.
Si rivolgeva a me. Don
Gianni senza nemmeno voltarsi mi fece cenno di stare zitto e non distrarmi.
Continuai a pregare come il resto del gruppo col quale mi trovavo.
Lei insistette e, anzi,
rincarò la dose con una risata malefica: “Ahahah, cosa farfugli, cosa balbetti!
Non ci credi nemmeno tu! Non hai fede, non hai fede, non hai fede”, ripeteva
beffarda, quasi canticchiando. “Chi vuoi che ti ascolti, cosa vuoi scrivere,
imbecille di un ateo?”.
Don Gianni si voltò,
ordinandomi di continuare a pregare. Quelle parole, rivoltemi con quel tono,
iniziarono tormentarmi la mente. Non riuscivo più a concentrarmi su nulla, come
se quella presenza malvagia capisse le mie intenzioni, le mie debolezze e mi
spingesse a cadere in peccato. Mi distraeva e cercava di farlo anche con gli
altri. Ecco che così iniziò a prendere di mira la donna seduta al mio fianco.
Prima di proferire parola la guardò con un ghigno malefico. Lei, sicuramente
più esperta di me, pareva non curarsene. Non l’avevo mai vista prima d’allora,
ma mi sembrava abbastanza salda nella fede. Il demone continuò a fissarla
attraverso gli occhi di Angela, aspettando che alzasse il capo. Ma vedendo come
lei evitasse accuratamente il contatto visivo, iniziò a infuriarsi sempre più:
“ Come stai, tr…? Lo sa tuo marito che te la intendi con il tuo capo?”.
La donna non rispose. Don
Gianni mi aveva avvisato di questa abilità del demone. Il suo gioco è
distruggere le persone psicologicamente, farle dubitare, distrarre e peccare.
Per far questo utilizza i trucchi più meschini, come rivolgersi alle persone
svelandone i segreti più profondi. Lui non può leggere i pensieri, ma osserva e
scruta il nostro agire: è in questo modo che conosce le nostre debolezze e la
nostra inclinazione al male. Mescola verità con menzogne, confonde. In vita mia
non mi ero mai trovato di fronte a così tanta astuzia e intelligenza.
Era impossibile tenergli
testa con l’uso della ragione o della forza umana. Lo scontro era spirituale e
nel contempo concreto e io capii quanto poco salda fosse la mia interiorità,
quanto scialba fosse la mia anima, quanto poco salda fosse nuda e fragile.
Sentivo forte il desiderio di affidarmi a qualcosa che cercavo da sempre senza
rendermene conto appieno.
Si dice spesso che le vie
del Signore siano infinite: nel mio destino era scritto che dovessi passare dal
Male assoluto per sentirmi vicino al Bene supremo. Don Gianni, con grande
forza, riprese in mano la situazione. Iniziò a leggere il rito canonico, mentre
la posseduta continuava a dimenarsi con sempre maggiore violenza. Ebbene inizio
una battaglia basata sulle Scritture. Ricordo che a un certo momento, don
Gianni lesse un passo del Vecchio Testamento: Is 21,8-10.
Angela iniziò a ridere, si
dimenava. Mentre il sacerdote si accingeva a leggere il paragrafo seguente,
ecco che il demone anticipò la battuta, citando da fine teologo ed esperto
conoscitore delle Scritture le parole che da lì a poco avrebbe dovuto leggere
do Gianni: Is 21, 11-12.
Seguì una risata sarcastica
e beffarda. “Mi credi stupido? Conosco meglio di te questi passi!”, esclamò il
demone con la voce di angela e continuò: “Babilonia? La mia babilonia non muore
mai, guardati intorno, tutto è lussuria, tutto è idolatria! Vi comando a
bacchetta, comando il mondo. Stolti idioti! Credete nella misericordia? Ma di
chi? Quello lì se ne f… di voi! Solo io conosco i vostri desideri, solo io
assecondo le vostre passioni”.
Mi chiedevo come potesse,
una donna che a malapena aveva ottenuto la quinta elementare, lontana dagli
ambienti della Chiesa e priva di un’educazione cattolica, utilizzare simili
riferimenti. La mia conclusione era solo una: avevo davanti a me qualcosa che
non apparteneva alla sfera razionale.
L’unico tra tutti i presenti
che riuscisse a tenere testa alla donna posseduta era don Gianni. Non si fece
perdere d’animo, né intimorire e, anzi rincarò la dose con preghiere e
invocazioni ai santi, tra i quali ricordo Santa Gemma Galgani. Al solo sentirne
pronunciare il nome, Angela sembrò per la prima volta in difficoltà: “Quella
no, no! Ti prego, basta!”. “Ah, ecco! Hai paura ora!”, ribattè don Gianni.
“Soffro troppo! Quella non
la devi nominare!”.
Don Gianni continuò a
pregare gettare dell’acqua santa sul corpo della posseduta. La donna andò in
trance. Il corpo non opponeva più resistenza. Si vedevano chiaramente le
braccia e le gambe lasciarsi cadere. La testa abbandonata all’indietro poggiava
sullo schienale della sedia. Si trovava ora in balìa della forza di Cristo e
dell’autorità della Chiesa rappresentata dal sacerdote.
Don Gianni proseguì: “Ti
lodino, in nome di Dio! Chi c’è dentro Angela? Dimmi il tuo nome! E’ il Signore
che te lo impone!”.
Nessuna risposta. Udimmo
solo un rumore provenire dall’interno di quella gola; era come se lì si
annidasse la forza che aveva posseduto Angela.
“E’ Gesù Cristo il Salvatore
che te lo ordina, dimmi il tuo nome!”.
Si udì una voce:” Asmodeo,
sono asmodeo”.
Asmodeo è un demone tra i
più importanti secondo la loro gerarchia. E’ uno dei diciotto re infernali che
comanda 72 legioni di demoni. Viene menzionato anche nella Bibbia. Ancora, in un testo apocrifo del
Testamento di Salomone, asmodeo dice: “Il mio compito è di cospirare contro i
novelli sposi per impedire loro di congiungersi in matrimonio. Io distruggo la
bellezza delle vergini e muto i loro cuori. Porto gli uomini alla follia e alle
brame disoneste, così che, pur avendo le loro spose, le lascino per donne che
sono di altri uomini, fino a peccare e a compiere atti omicidi”. Viene dunque
rappresentato come il demone cospiratore contro la famiglia e per la discordia
tra coniugi.
Don Gianni conosceva bene
quel demone. Nella sua lunga esperienza di esorcista aveva avuto modo di
incontrarlo più volte: “Asmodeo. Demonio del sesso e dell’impurità, ti ordinò
di lasciare questo corpo. Lascia questa creatura che cerca, vuole e appartiene
a Dio”.
“Mai e poi mai!”.
Don gianni sapeva che su
questo spirito aveva sempre sortito un certo effetto la preghiera a san
Giuseppe, per cui recitò: “A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione
ricorriamo”….
“Signore Dio nostro, o
Sovrano dei secoli, Onnipossente e Onnipotente, Tu che hai fatto tutto e che
tutto trasformi con la tua sola Volontà; Tu che a Babilonia hai trasformato in
rugiada la fiamma della fornace, sette volte più ardente, e che hai protetto e
salvato i tuoi santi tre fanciulli; Tu che sei dottore e medico delle nostre
anime; Tu che sei la salvezza di coloro che a Te si rivolgono, Ti chiediamo e
Ti invochiamo. Vanifica, scaccia e metti in fuga ogni potenza diabolica, ogni
presenza e macchinazione satanica e ogni influenza maligna e ogni maleficio o
malocchio di persone malefiche e malvagie operanti sul tuo servo. Fa’ che in
cambio dell’invia e del maleficio conseguano abbondanza di beni, forza, e
carità. Tu, Signore, che ami gli uomini, stendi le tue mani possenti e le tue
braccia altissime e potenti e vieni a soccorrere e visita questa immagine tua,
mandando su di essa l’Angelo della Pace, protettore dell’anima e del corpo,
colui che terrà lontano e scaccerà qualunque forza malvagia, ogni veneficio e
malìa di persone corruttrici e invidiose; così che il tuo supplice protetto con
gratitudine canti: “Il Signore è il mio soccorritore, non avrò timore di ciò
che potrà farmi l’uomo”: Sì, Signore Dio nostro, abbi compassione della tua
immagine e salva il tuo servo. Per l’intercessione della Madre di Dio e sempre
Vergine Maria, dei risplendenti arcangeli e di tutti i tuoi Santi. Amen!!.
Il demone, dopo aver urlato
per tutta la durata delle preghiere, tacque. Pareva domato. Ma all’improvviso
riprese ad urlare: “Te la farò pagare! Te la farò pagare, vedrai! La pregherai
tu, insieme a quello che ti sei portato per compagnia!”. Un brivido di paura mi
attraversò: parlava di me.
Poi, improvvisamente, Angela
ritornò in sé. Fu così strano vederla docile, serena e affabile. Come non si
fosse accorta di nulla: anche questo, un fatto inspiegabile. Ci fermammo a
parlare tutti insieme, poi andammo via. Don Gianni la salutò con un caloroso
abbraccio e si diedero nuovamente appuntamento. La donna non era stata ancora
liberata, ma per qualche giorno o settimana poteva stare più serena.
Quello di Angela era stato
un caso estremamente difficile. Solo dopo tre anni di esorcismi il demone si
era palesato. Ora almeno, disse don Gianni, si sapeva con chi si aveva a che
fare. Era un gran passo in avanti. Non chiesi come mai fosse possibile che una
donna così buona, almeno tale appariva simile. Don Gianni aveva ripetuto più
volte che si trattava di prove permesse da Dio, finalizzate all’ottenimento di
un bene maggiore.
Per quel che riguarda me,
questa esperienza mi ha suscitato più di una domanda; mi ha spinto a
confrontarmi con me stesso, a cercare la mia fede, a pregare per averla. Ho
capito che esiste un qualcosa nel mondo che non si spiega con la sola ragione.
Mi sono sempre considerato un
razionale, un empirista e in tutta sincerità devo dirvi che il Bene e il Male
sono realtà tangibili. Le minacce udite dal demone non mi fecero dormire per un
lungo periodo, ma nessuno venne a disturbarmi. Ricordo, a proposito, le parole
scambiate con do Gianni al rientro: “Tranquillo, è una tattica che utilizza per
incutere timore”. “Eh… grazie tante”, risposi senza trattenermi. Ci
abbandonammo a una risata, forse il modo migliore per non cedere agli
sgradevoli ricordi e continuare a confidare nel bene e nella speranza.
Per me fu la prima e ultima
esperienza. Avevo visto anche troppo. Arrivammo a Sassari e lì presi la mia
auto. Feci il viaggio fino al mio paese da solo. Non guardai mai lo specchio
retrovisore. Non dormii per diverso tempo, ma feci tesoro di quanto vissuto.