mercoledì 13 novembre 2019

IL CASO DI MARIA: POSSEDUTA LIBERATA E GUARITA CON ‘ESORCISMO


IL CASO DI MARIA:
POSSEDUTA LIBERATA
E GUARITA CON ‘ESORCISMO

Dal libro: Il diavolo esiste davvero e opera – Fra Benigno

Fra Benigno. Qualcosa di straordinario, o meglio di miracoloso, accade il  Venerdì Santo del 2017, e ciò non in segreto, ma in pubblico. Tutti poterono vedere con i propri occhi e piansero di gioia, colpiti profondamente per essere venuti a contatto con il Dio vivente, che anche oggi opera con potenza.
Si tratta della storia di una donna, di nome Maria, sposata, madre di tre figli, da cinque anni posseduta. Frequentava la Messa Domenicale nella nostra Chiesa, in via Alla Falconara 83, a Palermo. Creava dei problemi durante l’omelia contraddiceva il sacerdote per quello che diceva. L’assemblea dei fedeli, tuttavia, accettava quella situazione. Voleva bene a Maria e non si lasciava distrarre dai suoi interventi inopportuni. Quando i disturbi si intensificavano, veniva portata in una piccola stanza che comunicava con la Chiesa. Ma la sua voce, purtroppo, si sentiva anche da lì. Farle la Comunione era un vero problema. La rifiutava, serrando la bocca e i denti. Quando finalmente aveva l’Ostia in bocca, cercava di sputarla.
Da tre anni io la seguivo con terapia esorcistica. Prima, per due anni, era stata seguita da un altro esorcista.
La mia èquipe medica, formata da uno psicopatologo forense e criminologo, da uno psicologo, da una psicoterapeuta, da una pedagogista e da due medici di famiglia, all’unanimità aveva escluso la presenza di una patologia psichica e aveva confermato il mio giudizio di possessione diabolica.
All’inizio della preghiera di esorcismo, Maria subiva delle vessazioni: erano come delle pugnalate, che la colpivano in diverse parti del corpo, soprattutto alle spalle, e le procuravano dolori atrocissimi. Si contorceva e gridava per l’intensità dei dolori. Poi entrava in trance ed emergeva un’altra personalità che, sospendendo intelligenza, volontà e memoria di Maria, gestiva il suo corpo. Guai a cadere nelle sue mani: diventavano come delle morse che ti stringevano così forte da farti male. Il demonio, quando con l’esorcismo era costretto ad andare via, continuava per un po’ di tempo a tormentarla con vessazioni. Da cinque anni era vittima di questa azione straordinaria del diavolo. Ma quel Venerdì Santo avvenne il miracolo della liberazione. Ecco come si svolsero i fatti. Il giorno precedente, Giovedì Santo, il mio superiore, alla fine della Messa in Cena Domini, ricordò ai fedeli che il giorno seguente sarebbe stato giorno di digiuno per tutta la Chiesa. Esortò tutti a essere generosi nel digiuno e a offrirlo al signore per una sola intenzione: quella della liberazione di Maria.
Il giorno dopo, Venerdì santo, Maria venne in Chiesa per partecipare alla liturgia dell’Adorazione della Croce. Ebbe le solite reazioni, ma a un certo punto tutti sentimmo la sua voce che lodava e benediceva il Signore. Intuimmo che in quell’istante era avvenuta la sua liberazione. Al momento del bacio della Croce andai da lei e la esortai ad andare, insieme a me. Baciare il Crocifisso. Per la prima volta dopo tanti anni riuscì ad attraversare il corridoio centrale della Chiesa e a giungere ai piedi dell’Altare.
Lì non si limitò, come facevano gli altri, a baciare il Crocifisso. Se lo strinse al petto e scoppiò in un pianto dirotto. Tutti in Chiesa piangevamo: era un pianto di gioia nel constatare ciò che il Signore aveva operato.
Maria tornò ad attraversare il corridoio centrale della Chiesa al momento della Comunione. Nessuna difficoltà nel riceverla.
Il giorno dopo venne alla vigilia pasquale insieme con il marito, con i suoi figli e con la fidanzata del figlio più grande. Andò a sedersi in prima fila e, per la prima volta dopo cinque anni, poté partecipare serenamente alla Messa senza essere disturbata dal maligno.
Era la sua liberazione, da tempo tanto attesa.
Qualche giorno dopo la incontrò un uomo. Le chiese: “ E’ lei Maria?”. Alla risposta affermativa l’uomo aggiunse: “Io sono diabetico. Non avrei dovuto fare il digiuno. Ma l’ho fatto lo stesso, conoscendo le sue sofferenze e volendo fare la mia parte, perché il Signore le concedesse finalmente la grazia della liberazione”. Maria, commossa, scoppiò a piangere e sentì il bisogno di abbracciarlo per esprimergli tutta la sua gratitudine.
Anche una bambina di sette anni – che il Giovedì Santo aveva partecipato con i suoi genitori alla Messa in Cena Domini e che aveva ascoltato l’invito a digiunare per Maria – volle digiunare, nonostante la mamma, data la sua tenera età, glielo sconsigliasse. Ma lei: “No, mamma”, le disse, “tu lo sai, Maria soffre e soffre molto. Anch’io voglio aiutarla con il mio digiuno, perché il Signore le conceda la liberazione”.
Dopo alcuni giorni da quel Venerdì Santo, due donne entrarono nel negozio dove lavorava Maria per delle compere. Una di loro si confidò con lei, ma non sapeva che fosse Maria. Le disse: “Signora, ho purtroppo un tumore”. “Non si scoraggi”, la incoraggiò Maria, “abbia fiducia nel Signore”. Quindi le consigliò di andare ogni Domenica a Messa. “Già lo faccio”, spiegò la donna, “e vado alla Messa delle 8, in via Alla Falconara 83”. Poi aggiunse: “ Lei non sa quello che è accaduto in quella Chiesa il Venerdì Santo. Una donna di nome Maria, posseduta dal demonio per tanti anni, è stata finalmente liberata”. Poi, guardando il volto di Maria che si era trasformato dalla commozione e sospettando che fosse proprio lei la donna liberata, le disse:”Non mi dica che lei è Maria?”. “Sì, sono proprio io”, le rispose.
Maria, dopo cinque anni di tormenti, tornò a essere una donna normale. Cominciò a partecipare serenamente alla Santa Messa, cibandosi non solo del Corpo del Signore, ma anche della sua Parola, che ancora oggi ascolta volentieri, commuovendosi fino alle lacrime.
Sentiva tanta gratitudine verso le persone che frequentavano la Messa in via Alla Falconara, perché da loro non si era sentita mai disprezzata, ma accolta e amata. Lì aveva trovato una seconda famiglia.
Ascoltiamo direttamente la sua testimonianza.
Maria. Tutto cominciò cinque anni fa con uno strano e improvviso gonfiore del mio addome. Soprattutto nel mese di maggio esso si gonfiava in modo anomalo, tanto che fui costretta a comprare dei vestiti premaman. Decisi di consultare un medico specialista, un gastroenterologo. Fui anche ricoverata. Dopo tanti esami e un’approfondita indagine clinica non risultò proprio nulla. I medici decisero anche di fare una biopsia al fegato che si presentava ingrossato, ma anche questo esame diede esito negativo. Dunque, dall’ospedale fui dimessa.
Un giorno, mentre ero a Messa, avvenne che durante la consacrazione stetti male e svenni. In quel momento c’era una ragazza che capì i disturbi che mi affliggevano e mi accompagnò da fra Benedetto, allora esorcista a Palermo, che cominciò per me una terapia esorcistica, a volte fino a tre volte la settimana. Non ricordo nulla di ciò che accadeva durante quella terapia, perché entravo in trance. Inizialmente alle preghiere di Fra Benedetto mi accompagnava mio marito e, dal momento che da solo non ce la faceva, veniva anche il marito di quella ragazza.
Mio marito partecipava alla Messa solo la Domenica, ma non mi accompagnava al Rosario che recitavo con il mio gruppo di preghiera. Dopo l’inizio di questo calvario, anche lui intraprese un cammino di preghiera w volle consacrarsi come me al Cuore Immacolato di Maria.
A casa non riuscivo a dormire né di giorno né di notte, venivo legata da entità invisibili, che mi procuravano dolori lancinanti alla schiena e allo stomaco. La vista mi si appannava, perché mi calava come un velo sugli occhi che mi impediva di vedere. Odiavo mio marito e provocavo odio, odio, odio per i miei figli. Ciò che più mi dava fastidio era vederli e, tuttavia, quella sofferenza, che mio malgrado causavo loro, mi faceva impazzire. Tutti i miei figli soffrivano molto, dal più grande al più piccolo, e ciò anche perché videro con i loro occhi che più volte tentai di togliermi la vita.
Una sera scappai di casa, percorsi da sola l’autostrada, inizialmente per recarmi a casa di un’amica, ma, giunta a casa sua, improvvisamente cambiai idea, risalii in macchina e mi diressi in prossimità di un ponte, decisa a farla finita. Improvvisamente sentii una voce molto chiara, che per me era quella di Padre Matteo La Grua, che mi chiamò e mi disse:”Non farlo, torna indietro”. In quel momento mi sbloccai e tornai in me. Accorgendomi che i miei familiari mi avevano cercato al telefono, risposi e dissi loro dove mi trovavo. Arrivarono sul posto mio marito, i miei gigli e la mia amica, tutti terrorizzati per la mia assenza e perché sicuramente avevano capito ciò che stavo per fare.
Le notti continuavano a essere insonni, odiavo mio marito, non lo tolleravo, non avevamo più rapporti coniugali, la sua presenza mi irritava, lo sguardo dei miei figli mi procurava odio.
Mio marito era disperato per questa situazione, a tal punto che decise di rivolgermi a un sedicente guaritore, il quale, dopo aver visto una mia foto, diagnosticò che ero posseduta. Inizialmente non volle soldi, ma, passando i giorni, ci fece sapere che il suo servizio sarebbe costato 10.000 euro. Mio marito era disposto a pagare quella cifra, se lui gli avesse assicurato la mia guarigione. Di tutto questo parlammo, dopo, con Fra Benedetto, il quale non volle assolutamente, anzi ci proibì di vedere ancora quella persona.
Io ricordo ciò che accadeva durante le preghiere di esorcismo. Ricordo solo che a un certo momento mi si giravano le budella, procurandomi dolori atroci, la mia pancia si muoveva da un lato all’altro in modo anomalo ed era come se dentro il mio stomaco ci fosse qualcuno.
Fra Benedetto, dopo avermi seguito per due anni, fu trasferito a Corleone. Al suo posto venne a Palermo un altro esorcista, fra Benigno, che iniziò a seguirmi. Ogni preghiera era una lotta. Ne uscivo come bastonata e tornavo a casa come uno straccio, bisognosa di dormire.
Un giorno, mentre ero al lavoro, cominciai a stare male, la mia pancia si gonfiò in modo disumano, tanto che le mie colleghe, preoccupate, chiamarono l’autoambulanza. Dopo questo episodio fui costretta a parlare della mi sofferenza alla mia dirigente, la quale per grazia di Dio comprese e mi venne sempre incontro.
Dopo il trasferimento di fra Benedetto, ebbi un po’ di paura nel dover riprendere una terapia con un nuovo esorcista, ma devo dire che fra Benigno mi accolse subito come un padre. Con le sue preghiere cominciai a dormire e a tollerare meglio mio marito, ma non riuscivo ad andare a Messa e, quando mi ci accompagnavano, al momento della consacrazione il mio stomaco impazziva, poi perdevo i sensi, non ricordando successivamente cosa avevo fatto e cosa avevo detto.
La sofferenza che vivevo nella mia carne non era normale. La cosa che più mi feriva era il rifiuto di alcune persone, che mi evitavano per la situazione che vivevo, ma per grazia di Dio non provavo odio verso di loro.
Un giorno fui invitata a partecipare alla Santa Messa nella Chiesa dei frati minori rinnovati, in via Alla Falconara, che ospita la comunità religiosa della quale fa parte fra Benigno. Da allora partecipai alla Messa domenicale in questa Chiesa, con precisione in una stanzetta adiacente, per evitare che qualcuno rimanesse scosso dalle mie reazioni. Ero sempre assistita, oltre che da mio marito, anche da altre due persone. In quella piccola Chiesa trovai una comunità di fedeli che mi accolse, anche se durante la celebrazione urlavo (me lo dicevano gli altri, perché io non ricordavo nulla), e mi accompagnò sempre con la preghiera. Questo fu molto importante per me, perché il sentirmi amata e accolta mi aiutò e mi diede la forza di recarmi sempre alla Messa, anche se poi stavo male.
Ricordo che nei primi tre anni di possessione io non riuscivo a entrare in Chiesa e neanche a pregare, ma negli ultimi due anni ci riuscii anche se con tante sofferenze; addirittura cominciai, soprattutto nella settimana Santa, a fare un digiuno totale per la mia liberazione.
Durante la Settimana Santa del 2017, ricevetti un dono particolare, da tempo tanto atteso. Il Giovedì santo partecipai alla Messa in Cena Domini nella Chiesa dei frati. Durante la celebrazione, come sempre, stetti malissimo: il mio calvario purtroppo continuava. Soffrivo, anche perché di lì a breve mio figlio più piccolo avrebbe dovuto fare la prima comunione e io non avrei potuto essere presente a causa dei soliti disturbi: questo mi procurava tanta tristezza e mi faceva stare ancora peggio.
L’indomani, Venerdì santo, facendomi forza andai ancora una volta in Chiesa, come sempre accompagnata. Giunta lì, sempre nella stanzetta, durante la celebrazione stetti malissimo: il mio addome si gonfiava sempre più, si muoveva e i dolori lancinanti su tutto il corpo non mi lasciavano. A un certo punto le persone che mi assistevano – così mi raccontarono – cominciarono a sentire un forte rumore, come di bolle in un rubinetto, che proveniva dal mio addome, ma che gradatamente cessava, e poterono constatare che il mio stomaco improvvisamente si sgonfiò. Fu proprio allora che per la prima volta lodai il signore e lo feci talmente ad alta voce che tutta l’assemblea mi sentì.
Venne il momento del bacio della Croce. Io ero nella piccola stanza con gli aiutanti. Entrò fra Benigno e mi invitò ad andare a baciare la Croce. Io pensavo di non farcela, ma lui mi incoraggiò: Dai, che ce la puoi fare. Così, con il suo aiuto arrivai ai piedi dell’Altare, dove c’era quella Croce che abbracciai e che non volevo più lasciare. Fra Benigno mi dovette letteralmente staccare dalla Croce e riaccompagnare nella stanzetta. Riuscii poi ad andare anche a prendere l’Eucarestia con i miei piedi, sostenuta, tuttavia, da fra Benigno: fu incredibile e impensabile, fino ad allora. Per tutti i presenti si trattò di un segno molto forte, anche perché da qualche mese il guardiano della comunità dei frati, fra Bernardino, aveva invitato tutti coloro che frequentavano quella Chiesa a pregare almeno un Rosario al giorno per la liberazione delle persone, vittime dell’azione straordinaria del diavolo, ma in particolare per la mia liberazione, e a essere generosi nel digiuno del Venerdì Santo, da offrire al Signore per la mia liberazione.
E quando tutta l’assemblea poté udire la mia lode al Signore e vedere che con i miei piedi ero riuscita ad accostarmi prima alla Croce e poi all’Eucarestia, per tutti fu un momento di grazia, perché percepirono la meraviglia compiuta dal Signore, in premio alla Chiesa che aveva pregato. L’indomani, Sabato santo, con tutti i membri della mia famiglia decidemmo di partecipare insieme alla veglia Pasquale nella Chiesa di via Alla Falconara. Tutti ci accolsero con gioia e con rendimento di grazie verso il Signore per ciò che egli aveva operato il giorno precedente. In prima fila c’eravamo io, mio marito, i miei tre figli e anche la fidanzata di mio figlio maggiore, tutti lì presenti a festeggiare la risurrezione di Gesù, ma anche la mia risurrezione da un periodo fatto di indicibile sofferenza.
Durante la liturgia i miei figli e mio marito mi guardavano increduli nel vedermi cantare e nel rispondere alla Santa Messa senza alcuna difficoltà. Nei cinque anni precedenti non mi avevano mai vista così gioiosa. Per tutti fu una Pasqua di risurrezione, non solo nei riguardi di Gesù, ma anche nei miei , perché finalmente venivo liberata da una possessione che durava da cinque anni.
Il marito. Tutto iniziò cinque anni fa. Il primo anno fu un anno duro, difficilissimo. Il diavolo disturbava mia moglie continuamente: il suo scopo era distruggere la nostra famiglia. Le impediva di pregare e di partecipare alla Santa Messa.
Maria era diventata un’altra persona. Era quasi sempre posseduta dal diavolo, tentò più volte il suicidio, scappò di casa, e la ritrovammo in uno stato di incoscienza totale. Durante la notte si lamentava e l’espressione del suo viso cambiava; più di una volta tentò di soffocare i nostri figli. I bambini, non capendo cosa avesse la loro madre, erano terrorizzati a tal punto da avere paura quando lei era accanto a loro. In quel periodo cercai tante volte di spiegare ai bambini cosa stesse accadendo. Anche al lavoro si manifestavano queste situazioni spiacevoli. Mi toccava lasciare tutto e andarla a riprendere per portarla a casa. Insomma, furono anni da incubo.
Le preghiere di liberazione per i primi tre anni venivano fatte da fra Benedetto ogni settimana. La situazione migliorò molto con lui. Maria, durante il giorno e la notte, non aveva più manifestazioni. Le aveva soltanto durante la Santa Messa e durante gli esorcismi.
Io in quei cinque anni fui sempre accanto a lei, anche se in molte occasioni volevo lasciare tutto e andare via, ma poi con la preghiera i momenti tristi si allontanavano.
Finalmente, nel 2017, durante la liturgia del Venerdì Santo arrivò il grandissimo miracolo: la liberazione di mia moglie.
Maria. Ringrazio il Signore Gesù per avermi concesso, il quel Venerdì Santo, la grazia della liberazione.
Sa allora … a casa riuscii a dormire. Non venni più legata da entità invisibili. Cessò l’odio per mio marito. La sua presenza non mi irritò più. Cessò l’odio per i miei figli. Lo sguardo verso di loro non mi procurò più odio. I miei figli non soffrirono più a causa mia. Partecipavo alla Messa e andavo a fare la Comunione con le mie gambe, senza alcuna difficoltà, tranne qualche rarissima volta. Riuscivo a pregare. Durante la notte non mi lamentavo più. Non tentai più di soffocare i miei figli.
Tornando a ricevere la preghiera dell’esorcismo rimanevo serena, non entravo più in trance e non me ne ritornavo a casa come bastonata.
Da precisare che, mentre il non poter avere rapporti coniugali con mio marito si era risolto con gli esorcismi ricevuti fino a quel momento, i dolori lancinanti alla schiena, quello strano e improvviso gonfiore all’addome, come pure quel fenomeno della vista che mi si appannava non scomparvero del tutto. Qualche volta si ripresentavano. E’ per questo che Fra Benigno ogni mese, insieme con altre persone che erano state liberate, ci faceva una preghiera di esorcismi come terapia di sostegno.
Dopo la liberazione di quel Venerdì Santo, tutti i giorni andavo a Messa, ripresi a pregare, cercai di mettermi al servizio del Signore, ero felice di mio marito, che amavo e amo tanto, adoravo i miei figli. Ciò che mi diede tanta gioia fu l’aver potuto accompagnare mio figlio il giorno della sua prima comunione: questo è stato meraviglioso per me, ma anche per lui.
Fra Benigno. Almeno di questa interessantissima testimonianza debbo dire che il capitolo della possessione diabolica di Maria non si concluse con il Venerdì Santo 2017.
Il marito. Dopo circa tre mesi dalla sua liberazione, inaspettatamente si manifestarono di nuovo sintomi di possessione diabolica. Maria cominciò a stare male di nuovo, non poteva andare più a Messa da sola dal momento che durante la celebrazione le aggressioni del diavolo tornarono più forti di prima. Tornammo, così, a fare le preghiere di esorcismo con fra benigno. Il calvario non era finito. Maria era molto giù di morale, non riusciva a capacitarsi del perché fosse caduta nuovamente in quel baratro. Ma fra Benigno, in occasione delle sue preghiere di esorcismo, la incoraggiava a essere forte e a sopportare nuovamente quel duro fardello, che il diavolo le aveva messo addosso.
Era anche angosciata, perché avremmo dovuto festeggiare il 25° anniversario del nostro matrimonio e aveva paura di quello che sarebbe successo durante la celebrazione della santa Messa. Ma fra Benigno accanto, Maria riuscì a superare quest’altro ostacolo, e ricevette anche la Comunione. Così cominciò a essere più fiduciosa e ad avere più voglia di lottare contro il diavolo. Il nostro anniversario fu celebrato l’8 ottobre del 2017 e passavamo una bella serata.
Due giorni dopo, il 10 ottobre 2017, il giorno di San Daniele, tornato dal lavoro, ricevetti una triste telefonata: la zia e madrina di Maria, di nome Caterina, era venuta a mancare. Andai da mia moglie – che quella sera era un po’ strana, aveva dolori in tutto il corpo, si sentiva un peso addosso, insomma stava malissimo – per dirle quello che era successo. Appena le comunicai la brutta notizia, ella sentì dentro di sé come un fuoco e avvertì un senso di pace, anche se in quel momento era completamente angosciata dalla morte della zia.
L’indomani volle andare a trovarla e lì scoppiò a piangere. Erano anni che non la vedeva, a causa di molti impedimenti. Il suo rammarico era di averla vista soltanto da morta. La sera stessa della morte di Caterina, Gaetano, nostro figlio maggiore, pregando in casa davanti alla Madonnina, fu come accecato da una luce: vide la casa prima avvolta tutta da fiamme e poi avvolta da una grande luce bianca. Lui stesso, poi, non ricordava più null’altro di quella tarda sera, neppure come era andato a letto. Il giorno dopo erano previsti i funerali della zia e Maria si sentì proprio chiamata a parteciparvi: era, infatti, tranquilla e serena. Partecipò alla Messa senza avere nessun sintomo, andò fino all’altare a ricevere Gesù, con meraviglia da parte nostra.
Da allora Maria riacquistò la sua vita. Cessarono, infatti, questa volta del tutto e per sempre, i suoi disturbi e ci ricordammo che durante le preghiere di esorcismo Maria nominava spesso il nome di Ina (abbreviazione di Caterina), a volte invocandola (se non ricordo male, quando non era in trance) e a volte maledicendola quando il diavolo sospendeva la sua intelligenza, la sua volontà e la sua memoria. Che la zia le abbia ottenuto la grazia della liberazione?
Dal giorno della morte della zia, Maria va a Messa tranquillamente, fa una vita molto impegnata spiritualmente, si dedica alla famiglia, cerca di riconquistare l’amore dei propri figli e di mettere al servizio della Chiesa la maggior parte del suo tempo, senza tuttavia trascurare la famiglia. Insomma, ringraziando Dio, è finalmente libera.
Fra Benigno. Terminiamo dando, ancora una volta, la parola a Maria e riservando ai due capitoli seguenti la presentazione di altri due casi, quello di Sandra e quello di Roby, per mostrare ulteriormente a quali sofferenze va incontro chi, come loro, è vittima di una possessione diabolica.
Maria. Sento il bisogno di ringraziare il Signore Gesù per la mia liberazione e anche mio marito, che nei cinque anni della mia possessione diabolica mi ha sempre sostenuta, sempre amata e sempre sopportata, anche quando inveivo contro di lui. E ringrazio, infine, i miei figli che, nonostante tutto, mi hanno sempre amata.