mercoledì 15 gennaio 2020

TESTIMONIANZA DI DON GIANFRANCO PESSINA ESORCISTA


TESTIMONIANZA DI DON
GIANFRANCO PESSINA ESORCISTA

I demoni rubano un bambino dal ventre di una donna incinta

Nel 1973 fui mandato come missionario in Africa.
Un giorno, però, successe qualcosa che mi mise in crisi. Il padre esorcista della diocesi era di passaggio nella mia missione. Quel giorno venne da me una donna e mi disse: “Voglio vedere Padre Riccardo (così si chiamava l’esorcista)”. Le risposi:”Non se ne parla neanche. Il Padre deve tornare in città2. La donna insistette e si ostinò nella sua richiesta:”Devi farmi vedere Padre Riccardo. Voglio parlare con lui”. “Perché)”. Le chiesi. “Vedi, padre, due anni fa ero incinta di sei mesi. Gli spiriti mi hanno portato via il bambino dal ventre e io lo rivoglio”. “Hai abortito?”, le chiesi. “No. C’è stato aborto. Il bambino è sparito dal mio ventre. Me lo hanno portato via gli spiriti”.
Mi trattenni dal riderle in faccia. Pensai subito che quella donna fosse stata affetta da quella che è chiamata “gravidanza isterica”. Poiché quella donna insisteva, le dissi di aspettare e andai dal padre. Gli riferii, sorridendo con ironia e come in una barzelletta, quanto la donna mi aveva detto. Il Padre si fece serio e mi disse con aria decisa:”La voglio vedere subito”. Rimasi stupefatto, non dissi niente e chiamai la donna. Il Padre incominciò l’esorcismo. La donna entrò immediatamente in trance. Si presentarono degli spiriti che dichiararono di essere stati mandati per rubare il bambino dal ventre di quella donna. Il Padre ordinò con autorità agli spiriti di restituirle la gravidanza e portò a termine l’esorcismo. Io assistevo allibito. Poi il Padre tornò in città e quella donna tornò a casa sua.
Dopo due giorni lei si presentò di nuovo a me, felice e contenta, esibendo il grosso pancione di una donna incinta. Era venuta per ringraziarmi. La mandai, per accertamenti, al dispensario e mi fu confermato che il bambino che portava in grembo era proprio di sei mesi. A suo tempo partorì un bel bambino sano.

Dal libro: Il diavolo esiste davvero -  di Fra Benigno

UN CORPO MARTORIATO


UN CORPO MARTORIATO
Dal libro: Il diavolo esiste davvero
Fra Benigno

Durante gli anni della possessione diabolica comparvero sul corpo di Roby diversi segni, che le procuravano intensi dolori.
° Una Croce sulla fronte
° Un’altra, tra due semicerchi, nella zona cervicale;
° Un’altra nella zona addominale altra;
° Qualcosa come una piaga sul dorso dei piedi e sulla piegatura delle braccia;
° Un’altra croce, questa volta capovolta, nella zona addominale bassa, anche questa tra due semicerchi, con ustione – così diagnosticò un medico – di terzo grado;
° Tagli profondi su tutto il dorso, che si ripresentavano periodicamente e che emettevano sangue, senza però che si producesse infezione alcuna.

Roby fortunatamente non andò mai in nessuna struttura pubblica per farsi medicare. Medici e infermieri avrebbero sporto denuncia per torture procuratele da qualcuno dei familiari. Nessuno di loro avrebbe preso in considerazione l’ipotesi di un disturbo diabolico.
Un’amica di Roby mi dichiarò per iscritto che un giorno, con i propri occhi, vide Roby che usciva dalla doccia a dorso nudo. Non vi si vedeva ferita alcuna. Improvvisamente, però, cadde a terra come svenuta e comparvero sul suo dorso diversi tagli sanguinanti.
Inoltre, su due pareti della sua stanza da letto comparve una scritta in greco.
Si trattava di una richiesta di aiuto fatta a satana: Papè satan alepte (satana tu che sei il principio, vieni in mio soccorso). Roby non ha mai conosciuto il greco. Ha appena la quinta elementare.
Successivamente, sempre nella stanza da letto comparvero, su una parete, una stella a cinque punte e una croce con un serpente ad essa attorcigliato. C’è da pensare che a scrivere quella richiesta in greco sia stata la stessa Roby. Se ci fosse stata nella sua stanza una telecamera, lo avrebbe registrato.
Ma il fatto che tale scritta fosse in greco, e che lei avesse appena la quinta elementare, fa capire che, se era stata materialmente lei a scrivere, ciò era davvero in uno stato di trance di natura diabolica. In altri termini, era stato il diavolo che, servendosi del suo corpo, dopo aver sospeso in lei le facoltà di intelligenza, volontà e memoria, aveva scritto quella richiesta di aiuto.

Un giorno, poi, mentre di pomeriggio era a letto, Roby si sentì come afferrare da una presenza invisibile. Lasciò subito il letto, mentre scoppiava il televisore, che inondò di puzza di bruciato la sua casa. Sentì, quindi, una voce che le diceva: Ritorneremo, con più violenza, al nono giorno.

Riceveva inoltre, da questa esperienza invisibile, delle bastonate, che lasciavano dei lividi sul suo corpo. Interiormente si sentiva come distrutta, rotta e confusa, usando le sue parole. Un giorno trovò, sotto la porta di casa, una foto con degli spilli conficcati e, all’esterno, appena alla porta, una collana d’argento con un crocifisso.

ESPERIENZE UMILIANTE
Ciò che maggiormente umiliò Roby fu una triste esperienza: quella di essere violentata da una presenza invisibile. Il fenomeno ebbe inizio dopo la comparsa di quel segno di croce nella zona fra il petto e il collo (gennaio 2000) e si ripeteva, purtroppo, ogni giorno, anche da sveglia. Spesso, più volte al giorno.
Una volta, quella presenza lasciò impressa, nella zona addominale bassa, una croce capovolta, con ustione.
Con gli esorcismi si ebbe, in questo senso, un miglioramento, attraverso due fasi:
1.   Quella presenza, a eccezione di una sola volta, non ebbe più potere decisionale. Fu costretta a chiedere a Roby il consenso per unirsi sess… a lei, consenso che non le fu mai dato. Però, a questo diniego, vendicandosi, la percuoteva violentemente con tagli profondi su tutto il dorso (una trentina circa). Ogni volta, tuttavia, che si verificava questo fenomeno, accadeva anche – secondo la testimonianza rilasciatemi da Roby – che le apparisse Gesù. Non le diceva nulla, ma la contemplazione di quel volto sofferente le infondeva tanta forza interiore e le faceva sopportare con pazienza eroica quella che, per lei, era una vera tortura;
2.   Quella presenza non ebbe più potere di chiedere a Roby di concedersi sess..
3.   Gli esorcismi, dunque, anche se non procuravano molto quella particolare forma di vessazione diabolica, cui ella era sottoposta, fino a  ottenere la scomparsa totale.

TI DARO’ I ROTTAMI DI LEI

Pare che lo spirito maligno che disturbava Roby avesse di mira la distruzione del suo matrimonio.
Come già detto, la donna viveva separata dal marito, che abitava in una città del nord Italia. Ebbene, quando in un occasione di un esorcismo chiesi al signore che lo facesse tornare con la moglie, accade che quest’ultima, con sua grande meraviglia, ricevesse, dopo tanto tempo, una telefonata da lui. Le faceva sapere che aveva deciso di tornare a casa per trascorrere alcuni giorni con lei. Durante quella permanenza, però, non riuscirono ad avere rapporti coniugali. I marito mi raccontò che una volta che aveva tentato di farlo, fu redarguito aspramente dalla nuova personalità, emersa nella moglie, la quale, allontanando, disse con odio infernale che gli avrebbe dato Rory solo dopo averla ridotta a uno straccio: Ti darò, disse, i rottami di lei. E aggiunse: Ormai il cerchio è chiuso. Perciò non puoi averla!.

CONSACRATA A SATANA
Negli esorcismi, in momenti diversi, la nuova personalità emergente mi dichiarò:
° che Roby era posseduta da lucifero, Asmodeo e da alcune legioni;
° che a morte di quella possessione c’era del sangue fatto bere a lei, a sua insaputa, dopo una messa nera
° che Roby, sempre a sua insaputa, era stata consacrata a satana dopo un rito satanico;
° che il documento di quella consacrazione era stato redatto con il sangue mestruale di lei e sepolto in una parte del cimitero;
° che c’era un segno di quella consacrazione: una piaga cicatrizzata, che si trovava nella zona del costato destro.
Menzogne? Non lo so. So soltanto che un giorno, alla fine dell’esorcismo, fui autorizzato da Roby, già uscita dalla trance, a fare, in suo nome, una rinuncia: Io, Roby, in forza del mio battesimo rinuncio a ogni potere di satana. Rinuncio, anche, a un’eventuale consacrazione, che di me abbiano fatto a satana.
Subito riemerse lo spirito maligno e le reazioni furono violentissime. Mi gridava che Roby non poteva fare quella rinuncia. La ripetei più volte e le reazioni furono sempre le stesse. Quindi consacrai Roby alla Santissima Trinità. Subito avvenne la sua liberazione, anche se temporanea, e lei poté ritornare serena a casa.
Un altro giorno, prima di iniziare l’esorcismo, chiesi a Roby di poter fare ancora una volta, in suo nome, una rinuncia e qualche preghiera. Ricevuto il consenso, cominciai: Io, Roby, in forza del mio battesimo rinuncio alla “messe nere”, alle sette sataniche, alla consacrazione che di me hanno fatto a satana.
Anche questa volta emerse subito lo spirito maligno che, reagendo violentemente, mi disse: Zitto! Non lo può dire!. Ripetei quella rinuncia più volte, ricevendo risposte varie, con l’uso di termini a me sconosciuti e incomprensibili, che comunque trascrivo: Non può, Yaca. Non può!.
Continuai con la preghiera, sempre a nome di Roby: signore Gesù, tu hai trionfato sul diavolo nel deserto e sulla croce, e con la tua risurrezione gloriosa lo hai vinto per sempre. In te anch’io trionfo su di lui con la potenza del tu santo nome.
Reagendo e gridando, lo spirito maligno riformulò quest’ultima mia espressione, dicendo: “In me! In me! In me!”. “Io Roby”, aggiunsi, “mi consacro a te, Padre, a te, Figlio, a te, Spirito santo”. “Non può, vecchio”, mi gridò, “no! Mai! Imminuèi”. Signore Gesù”, continuai, “ con la tua risurrezione tu hai vinto il diavolo per sempre, sigillando così la sua fine e il suo destino”. “Zitto! No! No! No!”, fu il suo orlo. “Signore Gesù”, conclusi, “tu hai trionfato su di lui e Roby ha trionfato in te”. “No! Lei in noi. Vecchio, dillo: Estamì”.
Una volta che avevo pregato san Pio da Pietrelcina, perché intercedesse presso il Signore affinché venisse spezzato ogni legame di Roby con le eventuali sette sataniche, le reazioni dello spirito maligno furono violentissime, le reazioni dello spirito maligno furono violentissime e i “no” ripetuti diventarono assordanti.

TRE RICHIESTE ABERRANTI

Un giorno Roby, prima che io iniziassi l’esorcismo su di lei, con molta difficoltà, poiché temeva eventuali vendette, mi confidò che, da un anno circa, ogni volta che doveva venire da me per l’esorcismo, il maligno le faceva tre richieste, ingiungendole di accettarle. Le richieste era queste
° che si presentasse ad avere rapporti sess… con lui;
° che lo adorasse;
° che consacrasse suo figlio Vincenzo a lui.

Al suo rifiuto la colpiva su tutto il dorso con una trentina di tagli profondi, che le procuravano tanto dolore e la perdita di molto sangue. Un giorno, però il maligno, oltre a colpire Roby, la violentò, anche senza il suo consenso. Le disse che solo lui poteva salvarla e le intimò, ancora una volta, di consacrarsi a lui, cosa che Roby rifiutò di fare. La visione, poi, di Gesù le diede tanto conforto e tanta forza.

OFFRI LE TUE SOFFERENZE

Un certo Gabriele, giovane posseduto, mi fece sapere che, durante l’esorcismo, aveva sentito una voce che gli diceva: “Dì a Roby (e lui non conosceva Roby) che offra le sue sofferenze per le anime del purgatorio”.  Fantasie? Può essere!
Sta di fatto, però, che nella settimana seguente, dopo l’esorcismo, Roby, che non sapeva niente di quanto mi aveva detto Gabriele, mi disse che, verso la fine dell’esorcismo, le era accaduto qualcosa di nuovo: aveva sentito delle persone che soffrivano e si lamentavano, e una voce che le diceva: “Offri le tue sofferenze per loro”. Collegai le due cose e compresi l’autenticità dell’esperienza di Gabriele. Esortai, perciò, Roby a offrire quelle sofferenze, procuratele dal maligno, in suffragio delle anime del purgatorio, cosa che lei fece.

PRESENZA SI SAN PIO DA PIETRELCINA

Durante gli esorcismi potei constatare come san Pio da Pietrelcina avesse preso a cuore la causa di Roby.
Ciò cominciò ad affiorare nella recita delle Litanie dei Santi, prevista dal Rito; lo spirito maligno, presente in lei, si agitava violentemente e reagiva tutte le volte che, pregandole, invocavo questo Santo.
Un giorno, alla fine di un esorcismo su di lei, non essendo ancora avvenuta la liberazione, mi rivolsi al santo del Gargano, chiedendo un suo intervento. Vedendo la spavalderia, la tracotanza e l’aggressività dello spirito maligno – un’aggressività divenuta addirittura violenza - , stanco di contrastarlo, gli chiesi che assestasse dei calci allo spirito maligno in corrispondenza di quella zona del corpo di Roby, dove mi sembrava ci fosse una sua azione malefica. Quindi, ponendomi in stato di attesa, pregavo in silenzio. A un certo punto cominciai a notare l’effetto dei calci, che giungevano allo spirito maligno. In maniera ritmica il corpo, da lui posseduto, si contorceva e le grida assordanti manifestavano il suo grande dolore.
In un’altra circostanza chiesi a san Pio che intervenisse poggiando la sua mano piagata su quel segno, presente nel costato di Roby, che a detta dello spirito maligno sarebbe stato il segno della sua consacrazione a lui. Mi fermai, anche questa volta, in attesa di questo suo intervento e in silenzio pregavo il Santo. Nel giro di pochi secondi, con un leggero crescendo, divenne visibile l’azione di san Pio, perché i lamenti e le contorsioni aumentarono a dismisura per poi avere un rapido crollo e cessare del tutto.
Accostando, infine, al corpo di Roby un guanto di San Pio: “Toglilo”, mi disse e aggiunse queste parole a me incomprensibili: “Laichì; ailacà nòi mèi”.

UNA CHIESA ORANTE DIETRO L’ESORCISTA

Quando iniziai a praticare gli esorcismi su Roby, non ottenevo nulla (ma lo stesso accadeva per gli altri), così, a un certo punto ero costretto, per la stanchezza, a fermarmi. Ciò era dovuto, probabilmente, al fatto che dietro di me non c’erano persone impegnate, con la loro preghiera, a sostenere la mia attività.
Quando, in seguito, coinvolsi diversi monasteri e persone a pregare per la liberazione dei posseduti, cominciai a notare che, con gli esorcismi, avveniva sempre la liberazione, anche se temporanea. Il maligno, non sopportando più le preghiere dell’esorcismo, era costretto ad andarsene. Nel caso specifico di Roby, con l’esorcismo lei veniva sempre liberata, anche se temporaneamente, e avvertiva dei benefici sempre maggiori: all’inizio riusciva a stare bene solamente il pomeriggio del giorno in cui riceveva la preghiera; in seguito, questo beneficio si protraeva per novi giorni e, successivamente, fino all’esorcismo successivo, nel quale riemergeva lo spirito maligno. Verso la fine, più volte si verificò anche che negli esorcismi Roby risultasse libera, per cui riusciva a partecipare alla preghiera esorcistica senza entrare in trance.


MANDAMI VIA

Il 27 Ottobre 2007, durante l’esorcismo a Roby, si era manifestata in lei la presenza di Asmodeo, che mi supplicò, nella sua sofferenza, di farlo andare via: “Mandami via”, mi disse.
“Perché non te ne vai)”, chiesi.
“Il capo non me lo permette”, fu la sua risposta.
E io: “Disobbedisci e vai via”.
“Non posso, mi farebbe soffrire di più”.

COSA VUOI DA ME?

Per gli spiriti maligni presenti in Roby l’esorcismo era un vero tormento. A volte mi dicevano: “Lasciaci”, oppure:”No, basta”. Queste parole mi ricordavano quel che essi dicevano a Gesù, quando interveniva con i suoi esorcismi:”Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo per tormentarci?” (Mt 8,29).
Nell’ultimo anno della possessione diabolica di Roby, più volte vidi piangere satana, il quale in uno stato di profonda sofferenza mi chiedeva: “Perché fai questo?”, cioè perché combatti contro di me con quest’arma potente dell’esorcismo, che mi causa tanta sofferenza?
















mercoledì 13 novembre 2019

IL CASO DI MARIA: POSSEDUTA LIBERATA E GUARITA CON ‘ESORCISMO


IL CASO DI MARIA:
POSSEDUTA LIBERATA
E GUARITA CON ‘ESORCISMO

Dal libro: Il diavolo esiste davvero e opera – Fra Benigno

Fra Benigno. Qualcosa di straordinario, o meglio di miracoloso, accade il  Venerdì Santo del 2017, e ciò non in segreto, ma in pubblico. Tutti poterono vedere con i propri occhi e piansero di gioia, colpiti profondamente per essere venuti a contatto con il Dio vivente, che anche oggi opera con potenza.
Si tratta della storia di una donna, di nome Maria, sposata, madre di tre figli, da cinque anni posseduta. Frequentava la Messa Domenicale nella nostra Chiesa, in via Alla Falconara 83, a Palermo. Creava dei problemi durante l’omelia contraddiceva il sacerdote per quello che diceva. L’assemblea dei fedeli, tuttavia, accettava quella situazione. Voleva bene a Maria e non si lasciava distrarre dai suoi interventi inopportuni. Quando i disturbi si intensificavano, veniva portata in una piccola stanza che comunicava con la Chiesa. Ma la sua voce, purtroppo, si sentiva anche da lì. Farle la Comunione era un vero problema. La rifiutava, serrando la bocca e i denti. Quando finalmente aveva l’Ostia in bocca, cercava di sputarla.
Da tre anni io la seguivo con terapia esorcistica. Prima, per due anni, era stata seguita da un altro esorcista.
La mia èquipe medica, formata da uno psicopatologo forense e criminologo, da uno psicologo, da una psicoterapeuta, da una pedagogista e da due medici di famiglia, all’unanimità aveva escluso la presenza di una patologia psichica e aveva confermato il mio giudizio di possessione diabolica.
All’inizio della preghiera di esorcismo, Maria subiva delle vessazioni: erano come delle pugnalate, che la colpivano in diverse parti del corpo, soprattutto alle spalle, e le procuravano dolori atrocissimi. Si contorceva e gridava per l’intensità dei dolori. Poi entrava in trance ed emergeva un’altra personalità che, sospendendo intelligenza, volontà e memoria di Maria, gestiva il suo corpo. Guai a cadere nelle sue mani: diventavano come delle morse che ti stringevano così forte da farti male. Il demonio, quando con l’esorcismo era costretto ad andare via, continuava per un po’ di tempo a tormentarla con vessazioni. Da cinque anni era vittima di questa azione straordinaria del diavolo. Ma quel Venerdì Santo avvenne il miracolo della liberazione. Ecco come si svolsero i fatti. Il giorno precedente, Giovedì Santo, il mio superiore, alla fine della Messa in Cena Domini, ricordò ai fedeli che il giorno seguente sarebbe stato giorno di digiuno per tutta la Chiesa. Esortò tutti a essere generosi nel digiuno e a offrirlo al signore per una sola intenzione: quella della liberazione di Maria.
Il giorno dopo, Venerdì santo, Maria venne in Chiesa per partecipare alla liturgia dell’Adorazione della Croce. Ebbe le solite reazioni, ma a un certo punto tutti sentimmo la sua voce che lodava e benediceva il Signore. Intuimmo che in quell’istante era avvenuta la sua liberazione. Al momento del bacio della Croce andai da lei e la esortai ad andare, insieme a me. Baciare il Crocifisso. Per la prima volta dopo tanti anni riuscì ad attraversare il corridoio centrale della Chiesa e a giungere ai piedi dell’Altare.
Lì non si limitò, come facevano gli altri, a baciare il Crocifisso. Se lo strinse al petto e scoppiò in un pianto dirotto. Tutti in Chiesa piangevamo: era un pianto di gioia nel constatare ciò che il Signore aveva operato.
Maria tornò ad attraversare il corridoio centrale della Chiesa al momento della Comunione. Nessuna difficoltà nel riceverla.
Il giorno dopo venne alla vigilia pasquale insieme con il marito, con i suoi figli e con la fidanzata del figlio più grande. Andò a sedersi in prima fila e, per la prima volta dopo cinque anni, poté partecipare serenamente alla Messa senza essere disturbata dal maligno.
Era la sua liberazione, da tempo tanto attesa.
Qualche giorno dopo la incontrò un uomo. Le chiese: “ E’ lei Maria?”. Alla risposta affermativa l’uomo aggiunse: “Io sono diabetico. Non avrei dovuto fare il digiuno. Ma l’ho fatto lo stesso, conoscendo le sue sofferenze e volendo fare la mia parte, perché il Signore le concedesse finalmente la grazia della liberazione”. Maria, commossa, scoppiò a piangere e sentì il bisogno di abbracciarlo per esprimergli tutta la sua gratitudine.
Anche una bambina di sette anni – che il Giovedì Santo aveva partecipato con i suoi genitori alla Messa in Cena Domini e che aveva ascoltato l’invito a digiunare per Maria – volle digiunare, nonostante la mamma, data la sua tenera età, glielo sconsigliasse. Ma lei: “No, mamma”, le disse, “tu lo sai, Maria soffre e soffre molto. Anch’io voglio aiutarla con il mio digiuno, perché il Signore le conceda la liberazione”.
Dopo alcuni giorni da quel Venerdì Santo, due donne entrarono nel negozio dove lavorava Maria per delle compere. Una di loro si confidò con lei, ma non sapeva che fosse Maria. Le disse: “Signora, ho purtroppo un tumore”. “Non si scoraggi”, la incoraggiò Maria, “abbia fiducia nel Signore”. Quindi le consigliò di andare ogni Domenica a Messa. “Già lo faccio”, spiegò la donna, “e vado alla Messa delle 8, in via Alla Falconara 83”. Poi aggiunse: “ Lei non sa quello che è accaduto in quella Chiesa il Venerdì Santo. Una donna di nome Maria, posseduta dal demonio per tanti anni, è stata finalmente liberata”. Poi, guardando il volto di Maria che si era trasformato dalla commozione e sospettando che fosse proprio lei la donna liberata, le disse:”Non mi dica che lei è Maria?”. “Sì, sono proprio io”, le rispose.
Maria, dopo cinque anni di tormenti, tornò a essere una donna normale. Cominciò a partecipare serenamente alla Santa Messa, cibandosi non solo del Corpo del Signore, ma anche della sua Parola, che ancora oggi ascolta volentieri, commuovendosi fino alle lacrime.
Sentiva tanta gratitudine verso le persone che frequentavano la Messa in via Alla Falconara, perché da loro non si era sentita mai disprezzata, ma accolta e amata. Lì aveva trovato una seconda famiglia.
Ascoltiamo direttamente la sua testimonianza.
Maria. Tutto cominciò cinque anni fa con uno strano e improvviso gonfiore del mio addome. Soprattutto nel mese di maggio esso si gonfiava in modo anomalo, tanto che fui costretta a comprare dei vestiti premaman. Decisi di consultare un medico specialista, un gastroenterologo. Fui anche ricoverata. Dopo tanti esami e un’approfondita indagine clinica non risultò proprio nulla. I medici decisero anche di fare una biopsia al fegato che si presentava ingrossato, ma anche questo esame diede esito negativo. Dunque, dall’ospedale fui dimessa.
Un giorno, mentre ero a Messa, avvenne che durante la consacrazione stetti male e svenni. In quel momento c’era una ragazza che capì i disturbi che mi affliggevano e mi accompagnò da fra Benedetto, allora esorcista a Palermo, che cominciò per me una terapia esorcistica, a volte fino a tre volte la settimana. Non ricordo nulla di ciò che accadeva durante quella terapia, perché entravo in trance. Inizialmente alle preghiere di Fra Benedetto mi accompagnava mio marito e, dal momento che da solo non ce la faceva, veniva anche il marito di quella ragazza.
Mio marito partecipava alla Messa solo la Domenica, ma non mi accompagnava al Rosario che recitavo con il mio gruppo di preghiera. Dopo l’inizio di questo calvario, anche lui intraprese un cammino di preghiera w volle consacrarsi come me al Cuore Immacolato di Maria.
A casa non riuscivo a dormire né di giorno né di notte, venivo legata da entità invisibili, che mi procuravano dolori lancinanti alla schiena e allo stomaco. La vista mi si appannava, perché mi calava come un velo sugli occhi che mi impediva di vedere. Odiavo mio marito e provocavo odio, odio, odio per i miei figli. Ciò che più mi dava fastidio era vederli e, tuttavia, quella sofferenza, che mio malgrado causavo loro, mi faceva impazzire. Tutti i miei figli soffrivano molto, dal più grande al più piccolo, e ciò anche perché videro con i loro occhi che più volte tentai di togliermi la vita.
Una sera scappai di casa, percorsi da sola l’autostrada, inizialmente per recarmi a casa di un’amica, ma, giunta a casa sua, improvvisamente cambiai idea, risalii in macchina e mi diressi in prossimità di un ponte, decisa a farla finita. Improvvisamente sentii una voce molto chiara, che per me era quella di Padre Matteo La Grua, che mi chiamò e mi disse:”Non farlo, torna indietro”. In quel momento mi sbloccai e tornai in me. Accorgendomi che i miei familiari mi avevano cercato al telefono, risposi e dissi loro dove mi trovavo. Arrivarono sul posto mio marito, i miei gigli e la mia amica, tutti terrorizzati per la mia assenza e perché sicuramente avevano capito ciò che stavo per fare.
Le notti continuavano a essere insonni, odiavo mio marito, non lo tolleravo, non avevamo più rapporti coniugali, la sua presenza mi irritava, lo sguardo dei miei figli mi procurava odio.
Mio marito era disperato per questa situazione, a tal punto che decise di rivolgermi a un sedicente guaritore, il quale, dopo aver visto una mia foto, diagnosticò che ero posseduta. Inizialmente non volle soldi, ma, passando i giorni, ci fece sapere che il suo servizio sarebbe costato 10.000 euro. Mio marito era disposto a pagare quella cifra, se lui gli avesse assicurato la mia guarigione. Di tutto questo parlammo, dopo, con Fra Benedetto, il quale non volle assolutamente, anzi ci proibì di vedere ancora quella persona.
Io ricordo ciò che accadeva durante le preghiere di esorcismo. Ricordo solo che a un certo momento mi si giravano le budella, procurandomi dolori atroci, la mia pancia si muoveva da un lato all’altro in modo anomalo ed era come se dentro il mio stomaco ci fosse qualcuno.
Fra Benedetto, dopo avermi seguito per due anni, fu trasferito a Corleone. Al suo posto venne a Palermo un altro esorcista, fra Benigno, che iniziò a seguirmi. Ogni preghiera era una lotta. Ne uscivo come bastonata e tornavo a casa come uno straccio, bisognosa di dormire.
Un giorno, mentre ero al lavoro, cominciai a stare male, la mia pancia si gonfiò in modo disumano, tanto che le mie colleghe, preoccupate, chiamarono l’autoambulanza. Dopo questo episodio fui costretta a parlare della mi sofferenza alla mia dirigente, la quale per grazia di Dio comprese e mi venne sempre incontro.
Dopo il trasferimento di fra Benedetto, ebbi un po’ di paura nel dover riprendere una terapia con un nuovo esorcista, ma devo dire che fra Benigno mi accolse subito come un padre. Con le sue preghiere cominciai a dormire e a tollerare meglio mio marito, ma non riuscivo ad andare a Messa e, quando mi ci accompagnavano, al momento della consacrazione il mio stomaco impazziva, poi perdevo i sensi, non ricordando successivamente cosa avevo fatto e cosa avevo detto.
La sofferenza che vivevo nella mia carne non era normale. La cosa che più mi feriva era il rifiuto di alcune persone, che mi evitavano per la situazione che vivevo, ma per grazia di Dio non provavo odio verso di loro.
Un giorno fui invitata a partecipare alla Santa Messa nella Chiesa dei frati minori rinnovati, in via Alla Falconara, che ospita la comunità religiosa della quale fa parte fra Benigno. Da allora partecipai alla Messa domenicale in questa Chiesa, con precisione in una stanzetta adiacente, per evitare che qualcuno rimanesse scosso dalle mie reazioni. Ero sempre assistita, oltre che da mio marito, anche da altre due persone. In quella piccola Chiesa trovai una comunità di fedeli che mi accolse, anche se durante la celebrazione urlavo (me lo dicevano gli altri, perché io non ricordavo nulla), e mi accompagnò sempre con la preghiera. Questo fu molto importante per me, perché il sentirmi amata e accolta mi aiutò e mi diede la forza di recarmi sempre alla Messa, anche se poi stavo male.
Ricordo che nei primi tre anni di possessione io non riuscivo a entrare in Chiesa e neanche a pregare, ma negli ultimi due anni ci riuscii anche se con tante sofferenze; addirittura cominciai, soprattutto nella settimana Santa, a fare un digiuno totale per la mia liberazione.
Durante la Settimana Santa del 2017, ricevetti un dono particolare, da tempo tanto atteso. Il Giovedì santo partecipai alla Messa in Cena Domini nella Chiesa dei frati. Durante la celebrazione, come sempre, stetti malissimo: il mio calvario purtroppo continuava. Soffrivo, anche perché di lì a breve mio figlio più piccolo avrebbe dovuto fare la prima comunione e io non avrei potuto essere presente a causa dei soliti disturbi: questo mi procurava tanta tristezza e mi faceva stare ancora peggio.
L’indomani, Venerdì santo, facendomi forza andai ancora una volta in Chiesa, come sempre accompagnata. Giunta lì, sempre nella stanzetta, durante la celebrazione stetti malissimo: il mio addome si gonfiava sempre più, si muoveva e i dolori lancinanti su tutto il corpo non mi lasciavano. A un certo punto le persone che mi assistevano – così mi raccontarono – cominciarono a sentire un forte rumore, come di bolle in un rubinetto, che proveniva dal mio addome, ma che gradatamente cessava, e poterono constatare che il mio stomaco improvvisamente si sgonfiò. Fu proprio allora che per la prima volta lodai il signore e lo feci talmente ad alta voce che tutta l’assemblea mi sentì.
Venne il momento del bacio della Croce. Io ero nella piccola stanza con gli aiutanti. Entrò fra Benigno e mi invitò ad andare a baciare la Croce. Io pensavo di non farcela, ma lui mi incoraggiò: Dai, che ce la puoi fare. Così, con il suo aiuto arrivai ai piedi dell’Altare, dove c’era quella Croce che abbracciai e che non volevo più lasciare. Fra Benigno mi dovette letteralmente staccare dalla Croce e riaccompagnare nella stanzetta. Riuscii poi ad andare anche a prendere l’Eucarestia con i miei piedi, sostenuta, tuttavia, da fra Benigno: fu incredibile e impensabile, fino ad allora. Per tutti i presenti si trattò di un segno molto forte, anche perché da qualche mese il guardiano della comunità dei frati, fra Bernardino, aveva invitato tutti coloro che frequentavano quella Chiesa a pregare almeno un Rosario al giorno per la liberazione delle persone, vittime dell’azione straordinaria del diavolo, ma in particolare per la mia liberazione, e a essere generosi nel digiuno del Venerdì Santo, da offrire al Signore per la mia liberazione.
E quando tutta l’assemblea poté udire la mia lode al Signore e vedere che con i miei piedi ero riuscita ad accostarmi prima alla Croce e poi all’Eucarestia, per tutti fu un momento di grazia, perché percepirono la meraviglia compiuta dal Signore, in premio alla Chiesa che aveva pregato. L’indomani, Sabato santo, con tutti i membri della mia famiglia decidemmo di partecipare insieme alla veglia Pasquale nella Chiesa di via Alla Falconara. Tutti ci accolsero con gioia e con rendimento di grazie verso il Signore per ciò che egli aveva operato il giorno precedente. In prima fila c’eravamo io, mio marito, i miei tre figli e anche la fidanzata di mio figlio maggiore, tutti lì presenti a festeggiare la risurrezione di Gesù, ma anche la mia risurrezione da un periodo fatto di indicibile sofferenza.
Durante la liturgia i miei figli e mio marito mi guardavano increduli nel vedermi cantare e nel rispondere alla Santa Messa senza alcuna difficoltà. Nei cinque anni precedenti non mi avevano mai vista così gioiosa. Per tutti fu una Pasqua di risurrezione, non solo nei riguardi di Gesù, ma anche nei miei , perché finalmente venivo liberata da una possessione che durava da cinque anni.
Il marito. Tutto iniziò cinque anni fa. Il primo anno fu un anno duro, difficilissimo. Il diavolo disturbava mia moglie continuamente: il suo scopo era distruggere la nostra famiglia. Le impediva di pregare e di partecipare alla Santa Messa.
Maria era diventata un’altra persona. Era quasi sempre posseduta dal diavolo, tentò più volte il suicidio, scappò di casa, e la ritrovammo in uno stato di incoscienza totale. Durante la notte si lamentava e l’espressione del suo viso cambiava; più di una volta tentò di soffocare i nostri figli. I bambini, non capendo cosa avesse la loro madre, erano terrorizzati a tal punto da avere paura quando lei era accanto a loro. In quel periodo cercai tante volte di spiegare ai bambini cosa stesse accadendo. Anche al lavoro si manifestavano queste situazioni spiacevoli. Mi toccava lasciare tutto e andarla a riprendere per portarla a casa. Insomma, furono anni da incubo.
Le preghiere di liberazione per i primi tre anni venivano fatte da fra Benedetto ogni settimana. La situazione migliorò molto con lui. Maria, durante il giorno e la notte, non aveva più manifestazioni. Le aveva soltanto durante la Santa Messa e durante gli esorcismi.
Io in quei cinque anni fui sempre accanto a lei, anche se in molte occasioni volevo lasciare tutto e andare via, ma poi con la preghiera i momenti tristi si allontanavano.
Finalmente, nel 2017, durante la liturgia del Venerdì Santo arrivò il grandissimo miracolo: la liberazione di mia moglie.
Maria. Ringrazio il Signore Gesù per avermi concesso, il quel Venerdì Santo, la grazia della liberazione.
Sa allora … a casa riuscii a dormire. Non venni più legata da entità invisibili. Cessò l’odio per mio marito. La sua presenza non mi irritò più. Cessò l’odio per i miei figli. Lo sguardo verso di loro non mi procurò più odio. I miei figli non soffrirono più a causa mia. Partecipavo alla Messa e andavo a fare la Comunione con le mie gambe, senza alcuna difficoltà, tranne qualche rarissima volta. Riuscivo a pregare. Durante la notte non mi lamentavo più. Non tentai più di soffocare i miei figli.
Tornando a ricevere la preghiera dell’esorcismo rimanevo serena, non entravo più in trance e non me ne ritornavo a casa come bastonata.
Da precisare che, mentre il non poter avere rapporti coniugali con mio marito si era risolto con gli esorcismi ricevuti fino a quel momento, i dolori lancinanti alla schiena, quello strano e improvviso gonfiore all’addome, come pure quel fenomeno della vista che mi si appannava non scomparvero del tutto. Qualche volta si ripresentavano. E’ per questo che Fra Benigno ogni mese, insieme con altre persone che erano state liberate, ci faceva una preghiera di esorcismi come terapia di sostegno.
Dopo la liberazione di quel Venerdì Santo, tutti i giorni andavo a Messa, ripresi a pregare, cercai di mettermi al servizio del Signore, ero felice di mio marito, che amavo e amo tanto, adoravo i miei figli. Ciò che mi diede tanta gioia fu l’aver potuto accompagnare mio figlio il giorno della sua prima comunione: questo è stato meraviglioso per me, ma anche per lui.
Fra Benigno. Almeno di questa interessantissima testimonianza debbo dire che il capitolo della possessione diabolica di Maria non si concluse con il Venerdì Santo 2017.
Il marito. Dopo circa tre mesi dalla sua liberazione, inaspettatamente si manifestarono di nuovo sintomi di possessione diabolica. Maria cominciò a stare male di nuovo, non poteva andare più a Messa da sola dal momento che durante la celebrazione le aggressioni del diavolo tornarono più forti di prima. Tornammo, così, a fare le preghiere di esorcismo con fra benigno. Il calvario non era finito. Maria era molto giù di morale, non riusciva a capacitarsi del perché fosse caduta nuovamente in quel baratro. Ma fra Benigno, in occasione delle sue preghiere di esorcismo, la incoraggiava a essere forte e a sopportare nuovamente quel duro fardello, che il diavolo le aveva messo addosso.
Era anche angosciata, perché avremmo dovuto festeggiare il 25° anniversario del nostro matrimonio e aveva paura di quello che sarebbe successo durante la celebrazione della santa Messa. Ma fra Benigno accanto, Maria riuscì a superare quest’altro ostacolo, e ricevette anche la Comunione. Così cominciò a essere più fiduciosa e ad avere più voglia di lottare contro il diavolo. Il nostro anniversario fu celebrato l’8 ottobre del 2017 e passavamo una bella serata.
Due giorni dopo, il 10 ottobre 2017, il giorno di San Daniele, tornato dal lavoro, ricevetti una triste telefonata: la zia e madrina di Maria, di nome Caterina, era venuta a mancare. Andai da mia moglie – che quella sera era un po’ strana, aveva dolori in tutto il corpo, si sentiva un peso addosso, insomma stava malissimo – per dirle quello che era successo. Appena le comunicai la brutta notizia, ella sentì dentro di sé come un fuoco e avvertì un senso di pace, anche se in quel momento era completamente angosciata dalla morte della zia.
L’indomani volle andare a trovarla e lì scoppiò a piangere. Erano anni che non la vedeva, a causa di molti impedimenti. Il suo rammarico era di averla vista soltanto da morta. La sera stessa della morte di Caterina, Gaetano, nostro figlio maggiore, pregando in casa davanti alla Madonnina, fu come accecato da una luce: vide la casa prima avvolta tutta da fiamme e poi avvolta da una grande luce bianca. Lui stesso, poi, non ricordava più null’altro di quella tarda sera, neppure come era andato a letto. Il giorno dopo erano previsti i funerali della zia e Maria si sentì proprio chiamata a parteciparvi: era, infatti, tranquilla e serena. Partecipò alla Messa senza avere nessun sintomo, andò fino all’altare a ricevere Gesù, con meraviglia da parte nostra.
Da allora Maria riacquistò la sua vita. Cessarono, infatti, questa volta del tutto e per sempre, i suoi disturbi e ci ricordammo che durante le preghiere di esorcismo Maria nominava spesso il nome di Ina (abbreviazione di Caterina), a volte invocandola (se non ricordo male, quando non era in trance) e a volte maledicendola quando il diavolo sospendeva la sua intelligenza, la sua volontà e la sua memoria. Che la zia le abbia ottenuto la grazia della liberazione?
Dal giorno della morte della zia, Maria va a Messa tranquillamente, fa una vita molto impegnata spiritualmente, si dedica alla famiglia, cerca di riconquistare l’amore dei propri figli e di mettere al servizio della Chiesa la maggior parte del suo tempo, senza tuttavia trascurare la famiglia. Insomma, ringraziando Dio, è finalmente libera.
Fra Benigno. Terminiamo dando, ancora una volta, la parola a Maria e riservando ai due capitoli seguenti la presentazione di altri due casi, quello di Sandra e quello di Roby, per mostrare ulteriormente a quali sofferenze va incontro chi, come loro, è vittima di una possessione diabolica.
Maria. Sento il bisogno di ringraziare il Signore Gesù per la mia liberazione e anche mio marito, che nei cinque anni della mia possessione diabolica mi ha sempre sostenuta, sempre amata e sempre sopportata, anche quando inveivo contro di lui. E ringrazio, infine, i miei figli che, nonostante tutto, mi hanno sempre amata.