venerdì 21 gennaio 2011

PURIFICAZIONE ATTIVA DEI SENSI INTERNI - parte seconda






PURIFICAZIONE ATTIVA DEI SENSI INTERNI




Royo Marin
 
Come abbiamo già visto (n. 180, b), i sensi interni sono quattro: il senso comune, la fantasia o immaginazione, l’estimativa e la memoria sensitiva.
 
187. Il senso comune e l’estimativa. – Del senso comune e della estimativa non c’è nulla di speciale da dire in ordine alla loro purificazione. Il primo dipende dai sensi esterni, le cui impressioni accoglie e unifica. La mortificazione di questi è sufficiente quindi per preservarlo da ogni informazione pericolosa o inutile. E quanto all’estimativa scompariranno da essa gli apprezzamenti falsi o ridicoli se l’immaginazione sarà ben regolata e il giudizio intellettivo eserciterà senza intralci il suo legittimo impero.
 
188. L’immaginazione o fantasia. – Tratteremo dell’importanza e della necessità della sua purificazione e dei mezzi necessari per conseguirla in ordine alla perfezione cristiana.
Importanza. – L’immaginazione o fantasia è una facoltà importantissima, date le intime relazioni esistenti tra l’anima e il corpo nelle condizioni attuali della natura umana. Ad ogni idea acquisita mediante il meccanismo naturale delle nostre facoltà fa riscontro una precedente immagine dall’immaginazione somministrata all’intelletto. Senza immagini l’intelletto non può naturalmente conoscere. Da qui l’importanza di usare immagini sensibili per far comprendere, soprattutto alle persone rudi, le idee astratte e i principi speculativi. Gesù si valse continuamente dell’immaginazione per rendere accessibili al popolo e ben disposto i grandi misteri del regno di Dio.
L’immaginazione esercita pure un grande influsso sull’appetito sensitivo che tende con maggior ardore verso i propri oggetti quando sono rivestiti e colorati d’incanti e d’attrattive sensibili.
Necessità di purificarla. – Appunto per la sua ragguardevole influenza su tutto il composto umano, l’immaginazione è una delle facoltà che ha bisogno di una più profonda purificazione. Posta al servizio del bene, può prestarci incalcolabili servizi, ma non v’è nulla che si possa ostacolare tanto sulla via della santificazione quanto una immaginazione esaltata e non controllata dalla ragione illuminata dalla fede. Ferita profondamente dal peccato originale, trova difficoltà a soggiacere all’impulso della ragione e della volontà, che non esercitano nei suoi riguardi un impero dispotico, come sui sensi esterni, ma solamente politico.
Due sono i principali inconvenienti di una immaginazione insufficientemente controllata:
a) È causa di dissipazione. – Senza un profondo raccoglimento è impossibile la vita interiore. Ora, non vi è nulla che impedisca tanto questo raccoglimento quanto l’incostanza dell’immaginazione, che non riesce a concentrarsi un momento. S. Teresa la paragona a «quelle farfallette notturne e irrequiete», e a una «battola da mulino», che non cessa mai di sbattere finché il mulino è in movimento. Il P. Granada dice che è «una potenza molto libera e girovaga, come una bestia selvaggia, che se ne va di collina in collina», e la paragona a uno «schiavo fuggitivo che se ne parte dalla nostra casa senza permesso». È «la pazza di casa» che «scatena una guerra incredibile, cercando di mettere tutto a soqquadro», aggiunge ancora S. Teresa.
b) È causa di tentazioni e di peccati. – Spesso si attribuiscono al demonio tante tentazioni che, in realtà, traggono origine solo dalla nostra immaginazione priva di controllo. Le passioni disordinate si accendono e si alimentano attraverso l’immaginazione, che ritrae al vivo il piacere che il peccato procurerà all’appetito concupiscibile, o aumenta le difficoltà che l’appetito irascibile dovrà sostenere per la virtù, riempiendolo di tristezza e di sfiducia. Dice il Da Kempis che l’unico ostacolo che ritrae tante anime dal cammino della perfezione è l’«orrore delle difficoltà» ingigantite dall’immaginazione.
 
Mezzi per purificare l’immaginazione. – I principali sono:
a) La custodia dei sensi esterni. – È di capitale importanza, giacchè attraverso i sensi esterni, principalmente la vista, entrano immagini vane o sconvenienti che la fantasia ritiene, riproduce e combina in mille forme, eccitando l’appetito sensibile e richiamando l’attenzione dell’intelletto e il consenso della volontà.
b) L’attenta selezione delle letture. – Bisogna evitare ad ogni costo, non solamente le letture cattive o pericolose, ma anche le frivole e le vane, che riempiono l’immaginazione di inutili fantasie. A questa categoria appartiene la maggior parte dei romanzi, la lettura dei quali rappresenta un vero impedimento alla vita di raccoglimento e di orazione. Oltre che a farci vivere in un modo irreale, pieno di sogni morbosi, le scene più impressionanti di quella finzione letteraria ritornano come fantasmi importuni nell’ora del dovere e della riflessione. È quasi impossibile che possa santificarsi un lettore appassionato di romanzi.
c) Combattere l’ozio. – L’immaginazione non resta mai quieta; se non la sfruttiamo offrendole una buona ed utile occupazione, essa stessa andrà alla ricerca di ciò che le è necessario per esplicare la propria attività. E siccome è mal orientata e avverte una naturale propensione verso tutto quanto alletta gli appetiti meno nobili, ben presto ci indurà in pericolose tentazioni.
d) Offrirle oggetti buoni. – Per avere un pieno controllo dell’immaginazione non basta sottrarle la materia nociva e non permetterle di divagare oziosa; è necessario fornirle materia santa e utile onde abbia a dirigersi positivamente al bene. A questo mira la cosiddetta «composizione di luogo» vivamente raccomandata prima di iniziare l’orazione.
Una rappresentazione vivace di ciò che stiamo per meditare offre tale pascolo all’immaginazione da impedirle di perturbare la pace e la tranquillità dello spirito con importune divagazioni. La lettura di libri devoti, nei quali sono descritte con forza e colore scene edificanti, può contribuire ad educare positivamente l’immaginazione e a metterla al servizio dell’intelletto e della volontà, ai quali può prestare un valido aiuto.
c) Abituarsi ad operare sempre con attenzione a quello che si sta facendo. – Lage quod agis degli antichi racchiude una profonda sapienza. L’abitudine a riflettere a quello che stiamo facendo ha il doppio vantaggio di moltiplicare le nostre energie intellettuali e di disciplinare l’immaginazione, impedendole di vagare da un oggetto all’altro. Non conosciamo niente di più sintetico ed esatto sull’attenzione che le mirabili pagine scritte da Balmes nel capitolo 2° della sua famosa opera El criterio. Ad esse rimandiamo il lettore.
f) Non dare troppa importanza alle sue distrazioni e impertinenze. – A volte l’unica forma valida per combattere certe fantasie esaltate è quella di disprezzarle e di non affrontarle direttamente per non eccitarle maggiormente; è il consiglio di S. Teresa. La volontà miri all’amor di Dio anche in mezzo alle distrazioni più stravaganti e non faccia caso all’immaginazione finché Dio non la trasformerà profondamente mediante le purificazioni passive.
4) In ordine alla perfezione cristiana. – S. Giovanni della Croce tratta diffusamente del motivo per cui le apprensioni immaginative non possono essere un mezzo proporzionato all’unione con Dio – non potendo Iddio essere rappresentato in una specie fantastica – e del danno che produce nell’anima il non sapersene liberare ancorché le siano state presentate per via soprannaturale. Si legga e si mediti la dottrina del Dottore Mistico.


PURIFICAZIONE ATTIVA DEI SENSI ESTERNI - parte prima



PURIFICAZIONE ATTIVA DEI SENSI ESTERNI



 
 
Royo Marin
 
Conversazioni utili. – Tutto quanto può tornare ad utilità spirituale o materiale del prossimo e nostra è lecito, conveniente e consigliabile. Questo principio può trovare svariate applicazioni e può risolvere molti casi, specialmente durante le ricreazioni. Rallegrare il prossimo con una barzelletta di buon gusto può essere un eccellente atto di carità se si è saputo rettificare in tempo l’intenzione. Al contrario non ci permetteremo mai – neppure con il pretesto di consolare una persona offesa – di criticare il prossimo, proferire parole offensive per qualcuno, insinuare un sospetto, alimentare un’invidia o fomentare un rancore. Tra le persone che si dedicano agli studi un mezzo eccellente per evitare le conversazioni meno convenienti è quello di avviare il discorso su problemi scientifici ancora discussi e capaci di suscitare l’interesse e l’attenzione di tutti; si evitino, però, con cura, le discussioni troppo animate o le frasi poco riguardose nei confronti di coloro che tengono l’opinione contraria.
Conversazioni sante. – Sono quelle che hanno come fine immediato il profitto spirituale proprio o del prossimo. Non c’è nulla che conforti tanto un’anima, che la infervori per la virtù quanto la conversazione con persone animate da un sincero desiderio di santificarsi. L’intelligenza si illumina, il cuore si riscalda e la volontà prende sante ed energiche risoluzioni. È incalcolabile il bene che si può compiere con una parola discreta e con un consiglio opportuno dato ad un’anima agitata dalla tentazione o abbattuta dallo scoraggiamento. Con soavità e discrezione, senza rendersi pesante con una insistenza importuna, più nell’atteggiamento del discepolo che del maestro, l’anima che aspira alla perfezione procurerà di fomentare queste sante conversazioni, che tanto bene recano alle anime e tanto rallegrano il cuore di Dio.
Mortificazione dell’udito e della lingua. – Non basta astenersi dalle conversazioni sconvenienti, o fare di tanto in tanto qualche santo ed utile trattenimento spirituale. È necessario praticare anche la mortificazione positiva dell’udito e della lingua.
Astenersi a volte dall’udire qualche melodia grata all’udito, un concerto radiofonico, una conversazione piacevole, ecc. per amore di Dio. Si proceda sempre per gradi, non esigendo dall’anima più di quanto può fare nella condizione in cui si trova. Certe ricreazioni innocenti, che forse sarebbero sconvenienti ad anime già progredite nella virtù, possono e devono essere permesse a quelle più imperfette. «In tutto occorre discrezione», diceva S. Teresa di Gesù.
Osservare per alcuni istanti un rigoroso silenzio durante il giorno, se si tratta di persone secolari, e ogni volta che la regola lo prescrive, se si tratta di religiosi. Senza lo spirito di raccoglimento è impossibile la vita interiore nella virtù.
Rinunciare a notizie o a curiosità non necessarie quando sia facile evitarle. Se non è possibile, si procuri di dimenticare prontamente ciò che si è udito, per rimanere in pace nella solitudine con Dio.
Tenere presenti questi avvisi di S. Giovanni della Croce:
«Il Padre pronunciò una parola, che fu il suo Figlio, e questa parola parla sempre in eterno silenzio e in silenzio dev’essere ascoltata dall’anima».
«Parla poco, e non intrometterti nelle cose riguardo alla quali non sei interrogato».
«Non lamentarti di nessuno; non chiedere nulla, e se sarà necessario chiedere, fallo con poche parole».
«Non contraddire. Non dire assolutamente parole indecenti».
«Bada di parlare in maniera da non offendere nessuno: e da non doverti vergognare se tutti venissero a sapere quello che hai detto».
«Ricava tranquillità spirituale pensando amorosamente a Dio; e quando sarà necessario parlare, fallo con la medesima tranquillità e pace».
«Conserva il silenzio su quello che Dio ti ha dato e ricordati del detto della Scrittura: il mio segreto è per me».
«Considerate come dovete essere nemici di voi stessi. Camminate secondo il santo rigore della perfezione e ricordatevi che Dio vi domanderà conto di ogni parola che avrete detto senza l’ordine dell’obbedienza».
«A nessuno, per quanto santo fosse, ha fatto del bene il trattare con la gente più dello strettamente necessario o più di quanto la ragione esigeva».
«È impossibile trarre profitto senza fare e soffrire tutto in silenzio».
«Per progredire nelle virtù, è importante tacere e operare, perché il parlare distrae e il piacere e l’operare raccolgono».
«Allorché una persona sa quello che hanno detto per il suo profitto, non è più necessario che continui a chiedere altre spiegazioni, ma deve metterlo in pratica in silenzio e con attenzione, umiltà, carità e disprezzo di sé».
«Sopra ogni cosa è necessario e conveniente servire Dio in silenzio, frenando cioè sia gli appetiti che la lingua, onde percepire soltanto parole di amore».
«Questo ho compreso: che l’anima la quale è molto incline a parlare e a conversare, è poco incline verso Dio. Infatti, quando lo è, subito con forza è trascinata dall’intimo a tacere e a fuggire da qualsiasi conversazione».
«Dio vuole che l’anima goda più di lui che qualsiasi altra creatura, per quanto notevole essa sia e per quanto faccia al caso suo».
Massime difficili, la cui pratica tuttavia porta alla santità. Coloro che non hanno il coraggio di abbracciarle rimangono lungo la via, stretti nei lacci che li legano alla terra.


“Quale coscienza morale?”




“Quale coscienza morale?”
 
 
Monsignor Raffaello Martinelli
 
Si dice: Ognuno deve agire secondo coscienza… fai ciò che pensi sia meglio… segui la tua coscienza… Questo è vero. Ma ci si dimentica spesso di chiederci: Quale coscienza? Quali caratteristiche deve avere la coscienza? Come si forma la coscienza? A queste e ad altre domande si propone di rispondere questa scheda, in cui quando si parla di coscienza si intende sempre la coscienza morale. Partiamo anzitutto con il chiederci:
 
CHE COS’È LA COSCIENZA MORALE?
* Presente nell’intimo della persona, la coscienza è:
● “un giudizio della ragione, mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto” (CCC, 1778). Senza l’uso della ragione non esiste coscienza
● la percezione naturale dei principi morali fondamentali, la loro applicazione in circostanze particolari e il giudizio finale su ciò che si deve fare (o che si è fatto)
● ‘il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo’ (GS 16)
● il santuario della persona, che decide per le azioni dell’uomo.
 
* Essa tuttavia non è:
● un sentire immediato, che invece tante volte è frutto o di uno stato d’animo particolare o di una pressione dall’esterno, ad esempio dei mezzi di comunicazione sociale o dell’opinione della maggioranza
● legata all’istinto e neppure al soggettivismo relativista, che porta ad affermare che al di sopra della coscienza non ci può essere nessuna istanza superiore
● la sorgente stessa di verità e di valori
● un assoluto, posto al di sopra della verità e dell’errore, del bene e del male
● un agire secondo la propria personale interpretazione o umore e senza risponderne a chicchessia.
 
QUAL È IL COMPITO DELLA COSCIENZA?
* Essa consente di:
● percepire i principi della moralità
● applicarli agli avvenimenti e circostanze di fatto mediante un discernimento pratico delle motivazioni e dei beni
● compiere il bene ed evitare il male
● esprimere il giudizio sulla qualità morale degli atti concreti che si devono compiere o che sono già stati compiuti
● assumere la responsabilità degli atti compiuti: “Se l’uomo commette il male, il retto giudizio della coscienza può rimanere in lui testimone della verità universale del bene e, al tempo stesso, della malizia della sua scelta particolare. La sentenza del giudizio di coscienza resta un pegno di speranza e di misericordia. Attestando la colpa commessa, richiama al perdono da chiedere, al bene da praticare ancora e alla virtù da coltivare incessantemente con la grazia di Dio” (CCC, 1781).

* La coscienza pertanto ha un triplice compito:
● deduttivo: conosce, riconosce e applica le norme morali alle varie situazioni e scelte
● imperativo: decide il comportamento morale della persona, alla luce della legge morale, della voce interiore dello Spirito, degli insegnamenti di Cristo trasmessi in maniera certa e autorevole da parte dei Pastori, prescelti da Cristo stesso
● creativo: adotta strategie, progetta soluzioni, individua tonalità e modalità nel fare il bene.

* “Attesta l’autorità della verità in riferimento al Bene supremo, di cui la persona umana avverte l’attrattiva e accoglie i comandi” (CCC, 1777).
 
QUAL È LA CONDIZIONE INDISPENSABILE PER SENTIRE LA VOCE DELLA COSCIENZA?
“L’importante per ciascuno è di essere sufficientemente presente a se stesso al fine di sentire e seguire la voce della propria coscienza. Tale ricerca di interiorità è quanto mai necessaria per il fatto che la vita spesso ci mette in condizione di sottrarci ad ogni riflessione, esame o introspezione” (CCC, 1779): «Ritorna alla tua coscienza, interrogala. [...] Fratelli, rientrate in voi stessi e in tutto ciò che fate fissate lo sguardo sul Testimone, Dio» (SANT’AGOSTINO, In epistulam Ioannis ad Parthos tractatus, 8, 9: PL 35, 2041).
 
COME DEV’ESSERE LA COSCIENZA?
Dev’essere:
● Vera
● certa
● retta
● libera
● formata

QUANDO LA COSCIENZA E’ VERA?
* Una coscienza è vera, quando è fondata sulla verità. Infatti la coscienza è atto della ragione mirante alla verità delle cose.
“La coscienza morale, per essere in grado di guidare rettamente la condotta umana, deve anzitutto basarsi sul solido fondamento della verità, deve cioè essere illuminata per riconoscere il vero valore delle azioni e la consistenza dei criteri di valutazione, così da sapere distinguere il bene dal male, anche laddove l’ambiente sociale, il pluralismo culturale e gli interessi sovrapposti non aiutino a ciò” (BENEDETTO XVI, Discorso, 24-2-07).
* “L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio nel suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. (…) Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo” (CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, 16).
* Occorre pertanto annunciare, difendere e promuovere la possibilità per la ragione di:
● conoscere la verità: oggi addirittura si diffida anche della capacità della ragione di percepire la verità. Come pure avviene che la riduzione della coscienza alla certezza soggettiva porta nello stesso tempo alla rinuncia alla verità
● non interpretare tale verità come pare e piace a ognuno: la coscienza è un antidoto anziché una scusa per il soggettivismo (secondo cui ciò che uno pensa è criterio e fonte di verità) e il relativismo (secondo cui non esiste la verità, ma ci sono tante verità)
● riconoscere lo splendore della verità, la sua trascendenza nei confronti della nostra intelligenza creata e, di conseguenza, il nostro dovere di aprirsi ad essa, di accoglierla non come propria invenzione, ma come dono che viene da Dio.

PERCHÈ È IMPORTANTE CHE LA COSCIENZA SIA CERTA?
Perché la persona deve sempre agire, in campo morale, in tutta certezza e sicurezza, al fine di essere sempre pienamente responsabile delle sue azioni. La persona quando decide, deve farlo con una coscienza certa, e cioè la coscienza deve essere sicura, deve emettere il proprio giudizio morale con sicurezza, e non essere nel dubbio, e cioè nel non sapere cosa sia giusto fare. In tal caso, ella deve prima informarsi da persone di fiducia e competenti, al fine di sciogliere ogni dubbio e agire nella certezza acquisita.
 
CHE COSA SIGNIFICA CHE LA COSCIENZA DEVE ESSERE RETTA?
Significa che la coscienza deve “essere in accordo con ciò che è giusto e buono secondo la ragione e la Legge divina” (Compendio, 373).
È la stessa dignità della persona umana che implica ed esige tale rettitudine. La coscienza retta è dunque determinata a seguire la verità, senza contraddizioni, senza tradimenti e senza compromessi.
 
LA COSCIENZA PUÒ EMETTERE ANCHE UN GIUDIZIO ERRONEO?
La coscienza non sempre ha ragione, non è infallibile: se così fosse, non ci sarebbe nessuna unica verità, poiché molte volte i giudizi di coscienza si contraddicono, fra persone diverse e anche in una medesima persona. Esisterebbero tante verità quante sono le coscienze; ci sarebbe soltanto la verità della singola persona, e quindi tante verità quante sono le persone.
* La coscienza può emettere un giudizio erroneo, il che avviene quando il suo giudizio si discosta dalla ragione e dalla Legge divina.
“La persona deve sempre obbedire al giudizio certo della propria coscienza, ma può emettere anche giudizi erronei, per cause non sempre esenti da colpevolezza personale. Non è però imputabile alla persona il male compiuto per ignoranza involontaria, anche se esso resta oggettivamente un male. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori” (Compendio, 376).
* La coscienza erronea non perde tuttavia la sua dignità.
 
QUANDO L’IGNORANZA È COLPEVOLE?
«Quando l’uomo non si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato» (GS 16). In tali casi la persona è colpevole del male che commette.
* “All’origine delle deviazioni del giudizio nella condotta morale possono esserci la non conoscenza di Cristo e del suo Vangelo, i cattivi esempi dati dagli altri, la schiavitù delle passioni, la pretesa di una malintesa autonomia della coscienza, il rifiuto dell’autorità della Chiesa e del suo insegnamento, la mancanza di conversione e di carità” (CCC, 1792).
 
QUANDO L’IGNORANZA È INVOLONTARIA, INVINCIBILE (E QUINDI NON-COLPEVOLE)?
* Quando l’ignoranza non è imputabile alla responsabilità della persona. E tuttavia, in questo caso, anche se la persona non è responsabile soggettivamente del male compiuto, tuttavia il male compiuto resta un male, un disordine oggettivo: per il fatto che i ciechi non vedono il sole, non si può concludere che esso non esiste.
* Da qui la responsabilità della persona di:
● essere informata circa tale male
● correggere la sua coscienza morale dai suoi errori
● riparare per quanto possibile ai danni provocati dal male compiuto.
 
LA COSCIENZA ERRONEA È SEMPRE GIUSTIFICATA?
* La coscienza erronea non può essere giustificata se il suo essere in errore è dovuto a ignoranza colpevole oppure a un ottenebramento della sua coscienza.
● L’ignoranza non può considerarsi una soluzione comoda, un vantaggio: sarebbe come dire che il non conoscere sia meglio del conoscere.
● “Il non vedere più le colpe, l’ammutolirsi della voce della coscienza in così numerosi ambiti della vita è una malattia spirituale molto più pericolosa della colpa, che uno è ancora in grado di riconoscere come tale. Chi non è più in grado di riconoscere che uccidere è peccato, è caduto più profondamente di chi può ancora riconoscere la malizia del proprio comportamento, poiché si è allontanato maggiormente dalla verità e dalla conversione” (Card. JOSEPH RATZINGER, Elogio della Coscienza, Conferenza del 16 marzo 1991).
* In un Salmo biblico è contenuta quest’affermazione, sempre meritevole di ponderazione: “Chi si accorge dei propri errori? Liberami dalle colpe che non vedo!” (Sal 19, 13).
* Può dunque avvenire che la colpa si trovi non nell’atto del momento, non nell’attuale giudizio della mia coscienza, ma che si trovi altrove, più in profondità: e cioè in quella trascuratezza, chiusura che ho attuato, seppure gradualmente, verso la verità.
 
QUANDO LA COSCIENZA È LIBERA?
* L’uomo ha il diritto di agire in piena libertà secondo la sua coscienza. Questa libertà significa che egli:
● non può essere costretto ad agire contro la sua coscienza (cfr. Rm 14, 23).: “In tutto quello che dice e fa, l’uomo ha il dovere
i seguire ciò che sa essere giusto e retto” (CCC, 1778)
● ma non può neppure essere impedito di agire secondo la propria coscienza
● soprattutto in campo religioso.
* Esiste tuttavia un limite a tale libertà. Si deve seguire la propria coscienza:
● senza andare contro il bene comune
● nel rispetto di quei valori che non sono negoziabili, proprio perché corrispondono a verità obiettive, universali ed uguali per tutti.
 
QUALI NORME LA COSCIENZA DEVE SEMPRE SEGUIRE?
“Ce ne sono tre più generali:
1)non è mai consentito fare il male perché ne derivi un bene;
2)la cosiddetta Regola d’oro: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12);
3) la carità passa sempre attraverso il rispetto del prossimo e della sua coscienza, anche se questo non significa accettare come un bene ciò che è oggettivamente un male” (Compendio, 375).
 
QUANDO UNA COSCIENZA È BEN FORMATA?
* Una coscienza è ben formata, quando è certa, retta e veritiera, e cioè “formula i suoi giudizi seguendo la ragione, in conformità al vero bene voluto dalla sapienza del Creatore” (CCC, 1783).
* Quanto più la coscienza è informata e formata, e tanto più è libera.
* La coscienza, come una sorgente di acqua, può anche essere inquinata, deviata, adulterata. Ma in tal caso può essere anche aiutata a purificarsi, a ritrovare la giusta strada, mediante un’adeguata informazione e formazione, sempre tuttavia nel rispetto della sua libertà e dignità.
* Una coscienza ben formata si pone come un esercizio autentico di sapiente discernimento, di scelte libere e responsabili. La riduzione della coscienza alla certezza soggettiva non libera, ma schiavizza, rendendoci totalmente dipendenti dal gusto personale o dall’opinione prevalente.
 
È NECESSARIO FORMARE LA COSCIENZA?
Formare, educare la coscienza è “indispensabile per esseri umani esposti a influenze negative e tentati dal peccato a preferire il loro proprio giudizio e a rifiutare gli insegnamenti certi (…) L’uomo talvolta si trova ad affrontare situazioni che rendono incerto il giudizio morale e difficile la decisione. Egli deve sempre ricercare ciò che è giusto e buono e discernere la volontà di Dio espressa nella Legge divina” (CCC, 1783, 1787).
L’educazione aiuta la coscienza ad affinarsi, seppure con gradualità, come uno strumento di alta precisione.
L’educazione deve servire soprattutto a condurre la coscienza a conoscere, ad abbracciare e a seguire la verità: Non cadiamo nell’errore di pensare che il restare lontani dalla verità, sarebbe per l’uomo meglio della verità, quasi che lo stare nelle tenebre sia meglio che stare nella luce!
 
QUANTO DURA L’EDUCAZIONE DI UNA COSCIENZA?
* “L’educazione della coscienza è un compito di tutta la vita. Fin dai primi anni essa dischiude al bambino la conoscenza e la pratica della legge interiore, riconosciuta dalla coscienza morale. Un’edu-cazione prudente insegna la virtù; preserva o guarisce dalla paura, dall’egoismo e dall’orgoglio, dai sensi di colpa e dai moti di compiacenza, che nascono dalla debolezza e dagli sbagli umani. L’educazione della coscienza garantisce la libertà e genera la pace del cuore” (CCC, 1784).
“Occorre rieducare al desiderio della conoscenza della verità autentica, alla difesa della propria libertà di scelta di fronte ai comportamenti di massa e alle lusinghe della propaganda, per nutrire la passione della bellezza morale e della chiarezza della coscienza. Questo è compito delicato dei genitori e degli educatori che li affiancano; ed è compito della comunità cristiana nei confronti dei suoi fedeli. Per quanto concerne la coscienza cristiana, la sua crescita e il suo nutrimento, non ci si può accontentare di un fugace contatto con le principali verità di fede nell’infanzia, ma occorre un cammino che accompagni le varie tappe della vita, dischiudendo la mente ed il cuore ad accogliere i fondamentali doveri su cui poggia l’esistenza sia del singolo che della comunità” (BENEDETTO XVI, Discorso, 24-2-07).
* Non si dimentichi quanto ha scritto SANT’AGOSTINO: “Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”(Confessioni, I, 1).
 
COME SI FORMA LA COSCIENZA MORALE PERCHÉ SIA RETTA E VERITIERA?
* “La coscienza morale retta e veritiera si forma con l’educazione, con l’assimilazione della Parola di Dio e dell’insegnamento della Chiesa. È sorretta dai doni dello Spirito Santo e aiutata dai consigli di persone sagge. Inoltre giovano molto alla formazione morale la preghiera e l’esame di coscienza” (Compendio, 374).
* Importante è anche interpretare i dati dell’esperienza e i segni dei tempi con la virtù della prudenza, la quale “è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo” (CCC, 1806).
 
* In tal modo l’uomo prudente, attraverso la sua coscienza:
● sente la voce di Dio che gli parla
● percepisce e riconosce i precetti della Legge divina
● applica i principi morali ai casi particolari senza sbagliare e supera i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.
 
* Lasciare illuminare la propria coscienza dalla fede cristiana consente di:
● conoscere la verità e di vivere la propria vita nell’autentica e piena felicità: la fede infatti non è un peso, un carico pesante, una realtà che dà tristezza, un’imposizione di esigenze morali… La stessa via che conduce alla verità e al bene, non è una via comoda, ma è una via alta ed ardua.. sulla quale via però non siamo soli: Cristo è con noi, ci dona il Suo Spirito che è Spirito di verità e di felicità;
● superare il soggettivismo e il relativismo: “Non si può identificare la coscienza dell’uomo con l’autocoscienza dell’io, con la certezza soggettiva su di sé e sul proprio comportamento morale. Questa consapevolezza, da una parte può essere un mero riflesso dell’ambiente sociale e delle opinioni ivi diffuse. D’altra parte può derivare da una carenza di autocritica, da una incapacità di ascoltare le profondità del proprio spirito” (Card. JOSEPH RATZINGER, Elogio della Co-scienza, Conferenza del 16 marzo 1991).
 
* Ecco l’importanza del Magistero a questo riguardo.
 
QUAL E’ IL RUOLO DEL MAGISTERO DELLA CHIESA NELLA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA?
* Ho detto che il giudizio della propria coscienza dev’essere illuminato dalla verità e, a tal fine, specialmente nei problemi nuovi o che si presentano in termini del tutto inediti, il ricorso al Magistero è di grande aiuto per la formazione di una coscienza certa, vera, retta.
 
* Il Magistero della Chiesa infatti non è:
● un ostacolo, ma un aiuto, dato da Cristo a tutti gli uomini di buona volontà nel ricercare, trovare, accogliere la verità: esso esiste perché la coscienza morale raggiunga con sicurezza la verità e vi permanga
● una qualsiasi fonte esterna di pensiero morale con cui la coscienza individuale deve venire a contatto: esso informa la coscienza praticamente come l’anima informa il corpo
● una realtà che restringe, minaccia o addirittura nega la libertà della coscienza personale, ma piuttosto un aiuto alla illuminazione della coscienza.
 
* Non si può dimenticare che il Magistero della Chiesa (e cioè del Papa in comunione con i Vescovi) è stato voluto da Cristo stesso, il quale gli ha affidato la missione di servire la Parola di Dio, “insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza dello Spirito Santo, piamente la ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone da credere come rivelato da Dio” (CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, 10).
I fedeli pertanto “memori della parola di Cristo ai suoi Apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me» (Lc 10,16), accolgono con docilità gli insegnamenti e le direttive che vengono loro dati, sotto varie forme, dai Pastori” (CCC, 87).
* Il Magistero cerca dunque di aiutare le coscienze a raggiungere una mediazione e un’applicazione più attendibile della verità morale: è sempre la verità morale oggettiva ad avere il primato e solo questa può essere infallibilmente vera.
 
QUAL È IL RUOLO DELLO SPIRITO SANTO NELLA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA?
La coscienza è come spazio abitato dallo Spirito Santo, il quale ci libera non dall’esterno, ma nel profondo del cuore, ci configura a Cristo per poter scegliere e agire come Lui. Lo Spirito Santo ci è stato regalato nel Battesimo, da Dio Padre, per mezzo di Cristo morto e risorto, “affinché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ef 4,13).
 
CHE COS’E’ L’OBIEZIONE DI COSCIENZA?
“Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. «Rendete [...] a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29)” (CCC, 2242).
 
* Occorre promuovere e sostenere una coraggiosa obiezione di coscienza, in quanto sempre più nella società si vanno diffondendo leggi contrarie a principi e a valori non negoziabili, come:
● “il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale;
● la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna,
● la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme” (BENEDETTO XVI, Sacramentum caritatis, n. 83).
 
* Lo Stato deve riconoscere, nella sua legislazione, il diritto all’obiezione di coscienza, ogniqualvolta un cittadino ritenga opportuno ricorrervi, soprattutto in campo medico-morale. Purtroppo esiste nel contesto attuale un paradosso, secondo cui spesso una società ideologicamente tollerante (nel senso contemporaneo del termine) non è disposta invece a tollerare l’obiezione di coscienza, poiché una tale società non ammette che:
● ci possa essere qualcuno che in qualche maniera sfugga al suo controllo, all’osservanza delle sue leggi, o che si opponga al suo totalitarismo ideologico e sociale
● possano esserci valori fondamentali che superano le stesse leggi civili, le quali in tal caso non avrebbero più valore assoluto e vincolante per tutti.
 
* L‘obiezione di coscienza, se accompagnata da amore di verità ad ogni persona:
● è un agire esemplare che ha il coraggio della coerenza
● non è una fuga dalle responsabilità, ma al contrario un’assunzione di una testimonianza
● investe una casistica molto complessa e vasta. Basti pensare anche solo alla categoria dei medici, impegnati oggi sull’ampio campo della vita umana (aborto, eutanasia, pillole abortive, uso degli embrioni nella ricerca…)
● è un’ultima ratio (un diritto-dovere umano) per non vedersi coinvolti in atti che ripugnano profondamente a una persona
● è espressione e attuazione del legittimo diritto alla libertà, che ogni persona ha, in virtù del quale può e deve rifiutarsi di compiere un’azione che si oppone o che viola i principi – etici e/o religiosi – che la sua coscienza gli detta.


“Nessuno di voi può finire all’inferno senza saperlo”




“Nessuno di voi può finire all’inferno senza saperlo”



 
 
ESORCISMO DELL’11/08/1983
                                                        
IL SANTO TIMORE DI DIO
Demonio- È un grande successo per noi che la Chiesa oggi parli sempre meno del santo e salutare timore dell’Altissimo. Grazie alla nostra subdola opera, alcuni preti non ne parlano affatto; o perché non ci credono più nemmeno loro, o perché se vergognano, temendo di apparire ingenui e superati. Al contrario si coltiva il timore delle leggi, il timore dell’uomo, il timore delle umiliazioni, ma del timore dell’Altissimo va sparendo perfino l’ombra.
Noi demoni siamo diventati i più grandi predicatori della misericordia del Cielo, ma la predichiamo disgiunta dalla giustizia e così vi portiamo fuori strada, vi facciamo credere che i vostri peccati non solo non vi porteranno all’inferno, ma resteranno del tutto impuniti. Sibilando nelle vostre anime che l’Altissimo è misericordioso e non ricordandovi che è anche giusto (come se la giustizia fosse la negazione della misericordia) vi portiamo a non ricambiare il suo amore, ama a calpestarlo, a offenderlo senza ritegno. Ed è quello che sempre più spesso fate, visto che, credendo a noi, voi vi illudete che si possa calpestarlo senza poi pagarne le conseguenze.
Se volete bene a voi stessi, se volete trovare delle ragioni convincenti per non peccare, imparate a valutare le cose, soprattutto il tempo e l’eternità, alla luce del santo timore dell’Altissimo. Con lui non si scherza. Vi ama, ma vuole che anche voi lo amiate. Vi invita a credere fermamente nella sua misericordia, ma senza sottovalutare anche solo e minimamente, la sua giustizia.
Conservate sempre il santo e salutare timore dell’Altissimo, che si traduce nella paura dell’eterna dannazione, del fuoco eterno, con cui saranno torturati per sempre corpi e anime all’inferno. Ora basta! Io non volevo dire queste cose!
SIETE AVVERTITI CHE L’INFERNO ESISTE
Esorcista- Ti ordino di continuare nel nome di Dio.
Demonio- Nessuno di voi può finire all’inferno senza saperlo. Che esiste la possibilità e il serio rischio della condanna eterna vi è stato detto e vi viene ricordato in molte occasioni dall’Altissimo. Con particolare frequenza ne sono avvertiti i sacerdoti, che hanno un più stretto contatto con la Sacra Scrittura. Ma oltre che con la sua parola scritta, l’Altissimo, vi ricorda la realtà dell’inferno, e la possibilità per tutti di finirci dentro, parlando nell’intimo della vostra coscienza, o nel sonno, o con la morte di persone buone o cattive. Quando assistete un moribondo o uno che ha appena spirato e pregate per lui dicendo: “Signore, donagli il riposo eterno, splenda a lui la luce perpetua. Riposi in pace. Amen”, come è possibile che non vi ricordiate dell’inferno? Forse in quell’attimo ci pensate, ma poi vi rituffate nella vita frenetica di tutti i giorni e il pensiero del giudizio dell’Altissimo e dell’inferno si dilegua, così come all’alba le deboli luci delle stelle spariscono quando il sole vi abbaglia della sua luce.
Quando qualcuno sta morendo dovreste pensare che si sta giocando per quell’anima l’ultima carta: lì attorno ci sono anche, presenti come avvoltoi pronti alla rapina, molti spiriti cattivi che tutto fanno per trascinare quell’anima con loro all’inferno.
(N.d.R.Un tempo, quando veniva suonata la campana dell’agonia, la gente, ovunque si trovasse, si sentiva invitata alla preghiera e pensava: “Qualcuno in questo momento sta morendo, bisogna pregare per quell’anima”; e molte invocazioni salivano al Cielo per la salvezza eterna di quel moribondo. Ora invece, la campana suona quando uno è già morto, quando è già giudicato, quando non c’è più per lui alcuna possibilità di salvezza).
E vedendo un uomo che muore, dovreste pensare che un giorno toccherà a voi… morire… subire il giudizio… e vedervi ancora accolti o rifiutati dal Cielo.
LA MISERICORDIA DI DIO CONTINUA A RICHIAMARE
Demonio- l’Altissimo non smette mai di richiamarvi, come farebbe ogni buona madre per distogliere i suoi figli da un pericolo. Nella sua misericordia è disposto a perdonarvi tutti i vostri peccati, perché vuole che nessuno di voi vada perduto.
Che cosa non ha fatto durante la sua vita terrena e con la sua passione e la sua morte spaventosa? Nulla ha tralasciato allora e nulla tralascia anche oggi per la vostra salvezza. Se l’Altissimo ha fatto e fa così tanto per salvarvi ciò è una conferma i n più che anche per voi c’è il rischio di perdersi. E se l’Altissimo non sottovaluta questo rischio che correte, non dovete sottovalutarlo nemmeno voi, nel vostro interesse. Ma voi non avete ancora imparto a volere bene a voi stessi!
Ricordatele voi per primi queste verità e non trascurate di ricordarle anche agli altri: non lo farete mai abbastanza. (Urla furiosamente).
IL TIMORE DELLA MORTE
Demonio- Fino a che uno è ancora vivo ha la possibilità di salvarsi, purché dica: “Pietà, Signore, pietà di me”. Ma quando l’anima si separa dal corpo non c’è più nessuna possibilità; in quello stesso istante avviene il giudizio: in un lampo vedrà tutta la sua vita e dovrà risponderne all’Altissimo.
E guai a quell’anima se non si sarà purificata in tempo, con un sincero pentimento, di tutti i suoi peccati: sperimenterà da quel momento e per tutta l’eternità l’ira tremenda di un Giudice giusto, ma severo.
L’unica pietà che il supremo Giudice potrà offrire a quell’anima è di farla finire all’inferno, lontana da Lui. Sarebbe infatti un castigo più tremendo per quell’anima se, in quelle condizioni di ostinato peccato, finisse in paradiso: la vista dell’Altissimo dei sui angeli dei suoi santi, ricolmi di grazia, rivestiti di gloria e pieni di gioia, sarebbe una tortura più grave di tutte le pene che dovrà subire all’inferno.
NESSUNO È AL SICURO
Demonio- Per tutti dovrete pregare molto, anche per chi è considerato un santo. Noi non lasciamo in pace nessuno, né in vita, né tanto meno nel momento della morte. Anche chi per tutta la vita ha camminato per la strada stretta può trovarsi nel momento della morte in grandi tentazioni: noi cerchiamo di creargli nell’anima una spaventosa oscurità e di portalo alla disperazione.
Dovete pregare molto e per tutti non solo perché sia evitato l’inferno, ma anche perché sia evitato o almeno ridotto il tempo della purificazione in purgatorio. È cosa tremenda anche il purgatorio. È tremendo quando l’anima si separa dal corpo con la morte non vedersi accolti dall’Altissimo perché non ancora del tutto purificati dalle colpe commesse nella vita.
Certo, ci sono persone che eviteranno il fuoco purificatore del purgatorio perché la misericordia dell’Altissimo terrà conto delle molte sofferenze che hanno patito nella vita, ma anche per queste la morte sarà tremenda.
Solo in pochi casi, per volontà del Cielo la morte non si presenta con un volto orrendo.
Parlate della morte nelle vostre prediche, ora ne parlate troppo poco e la vostra gente continua a vivere nell’incoscienza e nel peccato. Pregate e fate pregare per i moribondi e per le anime del purgatorio. Basta, basta farmi parlare!
IL TIMORE DI DIO DEVE ESSERE ANNUNZIATO A TUTTI
Esorcista- Prosegui e dì quando il Cielo ti ordina di dire.
Demonio- Io, Belzebub, sono stato costretto a dirvi queste cose e sono costretto a raccomandarvi ancora: curate questo santo e salutare timore dell’Altissimo. Dovete parlarne tutti: gli educatori ai giovani loro affidati, i maestri ai loro bambini e i genitori ai loro figli. Deve parlarne il Papa a tutta la Chiesa, i vescovi ai loro sacerdoti e i superiori religiosi alle anime consacrate. Soprattutto ne parlino i sacerdoti nelle loro omelie, molto più di quanto non facciano ora.
Se non viene predicato il timore dell’Altissimo in questa vita, non resterà che il terrore nell’altra, il terrore di un Giudice che di là non perdona, il terrore dell’inferno, un terrore tremendo, eterna assenza di rimedio. Meglio per voi il timore in questa vita che le angosce del purgatorio nell’altra o il timore eterno che trovereste all’inferno. (Grida paurosamente). Io sono costretto a dirvi che questa è la verità. Non credete a chi vi inganna dicendo che l’Altissimo è misericordia infinita e tralascia di dirvi che è anche giustizia infinita

CONFERENZA : La Verginità nei cristiani e nella Vergine Maria







CONFERENZA
La Verginità nei cristiani
e nella Vergine Maria

1/ LA VERGINITÀ NEI CRISTIANI
Prima di tutto bisogna precisare che qui parliamo non di una “verginità” intesa in senso meramente materiale-fisico, bensì in senso meramente “spirituale”, parliamo cioè della “verginità spirituale” che deve anche essere posta a fondamento di ogni “verginità fisica”, infatti senza la “verginità spirituale” la “verginità fisica” stessa è frustrazione e rende la persona umana acida e insoddisfatta. E se oggi come non mai la “verginità fisica” non è capita, non è apprezzata, non è vissuta è semplicemente perché si è persa di vista la “verginità spirituale”.
Se vorremo quindi che i nostri giovani riscoprano la bellezza della “verginità fisica” dobbiamo innanzi tutto noi essere testimoni entusiasti della “verginità spirituale” che deve risplendere nei nostri occhi, nelle nostre persone, in tutto il nostro essere.
Dunque, cerchiamo di capire in cosa consista questa “verginità spirituale”, essa è l’atteggiamento fondamentale di apertura, di disponibilità all’ubbidienza, di amore, di adorazione che ogni persona umana è chiamata a realizzare in sé nei confronti di Dio. È , in altre parole, l’atteggiamento giusto che la persona umana deve realizzare nel suo intimo quando si relaziona con Dio.
Ora, poiché Dio, il vero Dio, è Uno e Trino, ne consegue che questo atteggiamento fondamentale della persona credente ha una triplice dimensione o sfaccettatura in quanto, cioè la coglie nel suo relazionarsi con Dio Padre, con Dio Figlio, con Dio Amore o Spirito Santo.
LA PRIMA DIMENSIONE DI VERGINITÀ per ogni cristiano umana deriva intimamente dal fatto che ogni persona è desidera, voluta, amata e creata da Dio Padre per mezzo del Verbo nello Spirito Santo per sé. Il Padre ci ha creati per sé, per entrare in un rapporto intimo, stretto, forte, assoluto d’amore con Lui per mezzo del Figlio suo e del loro Amore.
Per questo al di là di ogni comandamento dato all’uomo ce n’è uno primario e fondamentale: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutto il tuo cuore” (Dt 6,5) ogni altra relazione che la persona umana possa realizzare nella sua vita, foss’anche la più bella e significativa, essa dovrà essere sempre secondaria e dipendente da questa primaria e fondamentale: Dio va amato per primo e di più, questa è una necessità per la persona umana che se non ama così Dio non realizza se stessa nella propria umanità. E Dio “è un Dio geloso” (Dt 6,15) che ha sposato la sua creatura creandola e per questo i profeti, quando il popolo santo di Dio si dimenticava di questo amore primario e fondamentale e lo posponeva ad altri amori servendo gli idoli che accarezzavano le loro passioni, rimproveravano il popolo di “aver commesso adulterio” adorando “i loro idoli”(Ez 23,37), per questo motivo il Signore disse al suo profeta Osea: "Va', prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore" (Os 1,2).
Gli ebrei avevano capito bene questo ed è proprio per questo che hanno conservato come libro sacro, riconoscendolo come ispirato il Cantico dei Cantici, dove si canta l’amore di un uomo e di una donna, perché per ogni buon ebreo Dio, il Padre, è lo Sposo d’Israele.
Questa prima dimensione di verginità deriva dal nostro essere creati dal Padre per Lui per entrare in un rapporto intimo, assoluto, reciproco di amore con Lui che ci ha sposato creandoci, per cui la scelta assoluta e primaria di Lui e della sua Legge, anche a costo della propria vita, quella legge iscritta nel più profondo di ogni nostra singola cellula è una condizione necessaria perché la persona umana realizzi le altre relazioni di cui è intessuta la propria esistenza, prima tra esse quella coniugale, sponsale.
LA SECONDA DIMENSIONE DI VERGINITÀ del cristiano deriva dal suo essere non solo creata dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo, ma anche di essere REDENTA DAL FIGLIO, il Figlio di Dio ha salvato l’umanità peccatrice sposandola nel seno di sua Mamma e ha consumato queste nozze verginali sul Talamo Nuziale della Croce. Il Verbo di Dio, mandato dal Padre, nel seno di Maria si unisce all’umanità, si fa uomo per sempre, sono le NOZZE, lo sposalizio di Dio con l’umanità, scelta d’amore che si consumerà sul Talamo Nuziale della Croce dove quest’amore avrà la sua massima espressione nella donazione della propria vita, Lui che era la VITA stessa e nessuno poteva toglierla (cfr Gv 10,18).
PARENTESI: Vedete quanto poco ne sanno coloro che dicono che la Chiesa ha idee ristrette sulla sessualità, che mette tabù e paure su questo argomento, quanto sono proprio ignoranti! Pensate la Chiesa ha un’idea così alta, così bella, così positiva, così santa della sessualità umana e dell’atto proprio di essa dell’intimità sessuale coniugale che fa di esso, sì proprio di esso, di quel gesto d’amore che lo sposo e la sposa compiono nella loro intimità dove si donano l’un altro nella completezza delle loro persone con la donazione della loro dimensione spirituale e corporale, ebbene la Chiesa fa della gestualità dell’intimità coniugale il segno, il sacramento niente di meno che della donazione d’amore di Gesù sulla Croce, per cui la Croce viene chiamata “TALAMO NUZIALE DI GESÙ’ CRISTO”, talamo nuziale, talamo nuziale… cioè la Croce è il “letto degli sposi”, il letto dove lo sposo e la sposa consumano il loro matrimonio nell’esercizio della loro sessualità. E questa sarebbe la Chiesa bigotta?
Gesù ha sposato l’umanità, ha sposato la sua Chiesa e Paolo ben dirà ai suoi fedeli di Corinto “provo per voi una specie di gelosia divina avendovi promessi ad un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo” (2Cor 11,2).
Gesù, dunque, è lo Sposo di tutti i battezzati che sono chiamati ad avere per Lui un amore primario, fondamentale e assoluto che non può essere postposto ad altri amori pur belli e onesti, Lui stesso su questo punto è stato chiarissimo: “Chi ama qualcuno più di me, non è degno di me!” (cfr Mt 10,37). Essere cristiani è un fatto d’amore, di un amore che impone di dare tutto, anche la vita per Lui, perché Lui tutto si è dato a noi.
"Perciò il martirio, col quale il discepolo è reso simile al suo maestro che liberamente accetta la morte per la salute del mondo, e col quale diventa simile a lui nella effusione del sangue, è stimato dalla Chiesa come dono insigne e suprema prova di carità. Ché se a pochi è concesso, tutti però devono essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini e a seguirlo sulla via della croce durante le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa" (CV2 - LG 42).  Si tratta quindi non di un massimo di santità per qualcuno, ma di un minimo per tutti, cioè, o io oggi sono pronto, se necessario a dare anche la mia vita per Gesù Cristo, o non si capisce bene che cristiano io sia.
LA TERZA DIMENSIONE DI VERGINITÀ del cristiano è nel suo rapporto intimo con Colui che lo ha santificato e lo santifica attimo per attimo, lo Spirito Santo: tutto l’Amore del Padre e del Figlio viene riversato nel suo cuore per mezzo dello Spirito che gli viene donato (cfr. Rm 5,5). Il cristiano cammina, vive sotto la spinta dello Spirito Santo (cfr Rm 8,4; Gal 5,25). In intima unione con lo Spirito Santo ogni cristiano è chiamato a vivere la vita intima della Trinità di "Dio" che "è Amore" (1Gv 4,8.16), Gesù ci ha detto che se noi lo amiamo, “Lui e il Padre” prenderanno dimora presso di noi (cfr Gv 14,23). Lo Spirito Santo è nell’eterna comunione trinitaria proprio tutto l’Amore del Padre e del Figlio, il Padre e il Figlio venendo a dimorare in noi si amano in noi e attraverso noi nello Spirito Santo che ci viene donato e noi partecipiamo così della vita stessa di Dio, di DIO AMORE TRINITARIO.
Tutto l’Amore del Padre e del Figlio viene quindi riversato su di noi (cfr Rm 5,5) per cui noi diventiamo capaci di un amore divino, non più solamente umano, ma divino, diventiamo capaci di amare come il Padre ama il Figlio, diventiamo capaci di amare come il Figlio ama il Padre perché il loro stesso sostanziale Amore viene riversato in noi.
Lo Spirito realizza perciò il perfezionamento del nostro essere creato ad immagine di Dio (cfr Gen 1,26-27), poiché“Dio è Amore” (1Gv 4,8.16) noi diventiamo come Lui, Lui è Amore sussistente, noi diventiamo Amore per partecipazione. Ci viene donata la capacità di amare come ama Dio, il suo stesso Amore diventa il nostro, con Lui, in Lui e per mezzo di Lui amiamo il Padre, il Figlio, lo Spirito e tutte le altre persone che incrociano il nostro cammino di ogni giorno con quell’Amore che sa comprendere, sa sopportare, sa perdonare; quell’Amore che sa essere forte, fermo, costante, fedele; quell’Amore che sa dare la vita, un amore che sa morire, perché “non c’è amore più grande di questo: dare la vita per chi si ama” (cfr Gv 15,13). Un amore che non sa far questo è un amore fasullo, da quattro soldi, effimero, forse condito di tanto sentimento ma di poca verità.
2/ LA VERGINITÀ IN MARIA SSma E LA SUA RELAZIONE CON LA VERGINITÀ NEI CRISTIANI
La Verginità di Maria è il tesoro più bello della Chiesa che lo dispensa a tutti i battezzati, la sua Verginità deve infatti risplendere in ogni battezzato e in ogni battezzata che guardando lei Vergine vengono verginizzati dallo Spirito Santo. Ogni cristiano è chiamato nello Spirito a realizzare in sé quelli atteggiamenti che risplendono in Maria nel suo relazionarsi con la Trinità d’Amore. Maria è infatti modello assoluto di come la creatura deve realizzare il suo incontro con Dio Amore Trinitario. Guardiamo quindi Maria e chiediamo allo Spirito che ci comunichi questi suoi atteggiamenti.
Nell’Annunciazione abbiamo una magnifica icona, immagine, della Verginità di Maria, della sua relazione libera, consapevole, gioiosa, amorosa con Dio Trinità d’Amore.
Cerchiamo di leggere insieme questa icona dell’Annunciazione in luce trinitaria.
1/ MARIA E IL PADRE
Il Padre le manda l’angelo con la proposta, l’invito a gettarsi nel mistero della sua volontà: “Vuoi tu?”. È  chiamata a chiudere gli occhi e fidarsi di Lui, rinunciare ai suoi programmi pur belli per il programma del Padre, chiudere gli occhi e lasciarsi prendere per mano da Dio fidandosi del suo amore: “Eccomi”, un “Eccomi” non sentimentale, non frutto di una semplice spontaneità del cuore, un “Eccomi” pensato, soppesato, donato. Maria prima di dirlo s’interroga profondamente, interroga l’angelo e accetta nella luce di quel “Nulla è impossibile a Dio” e acconsente rendendosi disponibile all’azione di Dio in Lei, ecco l’atteggiamento verginale di Maria nei confronti del Padre.
MARIA E LO SPIRITO SANTO
Maria con il suo “Eccomi” viene adombrata dallo Spirito Santo che scende con la sua potenza su di Lei. L’Amore del Padre e del Figlio viene riversato nel suo grembo, Maria viene sommersa dallo Spirito, viene invasa dal Fuoco dell’Amore Divino. Fermiamoci ora a guardare estasiati Maria che si lascia fare dallo Spirito, lo Spirito l’adombra, la riempie, la sommerge, l’invade… lo Spirito non trova in Lei nessun ostacolo alla sua opera.
Ecco l’atteggiamento verginale di Maria nei confronti dello Spirito Santo: si lascia fare, si lascia modellare, si lascia plasmare. Se capiamo questo atteggiamento verginale di Maria nei confronti dello Spirito la nostra vita spirituale sarà letteralmente sconvolta, trasformata, rinnovata. Maria non dice al Padre: “Eccomi, io farò tutto quello che Tu vuoi”, no, Maria non dice così, ma dice: “Si compia in me la Tua parola… si faccia di me secondo la Tua parola”,
Se, dunque, abbiamo una vita spirituale stanca, annoiata, tiepida… se la nostra vita non cambia… se non vediamo miglioramenti… se cadiamo sempre negli stessi miseri errori e non usciamo a uscirne fuori… se vediamo la bellezza della vita virtuosa, ma virtuosi non siamo… il motivo è da ricercarsi nella nostra incapacità a lasciar fare a Dio, di consegnare a Dio il timone della nostra vita, di aprirci allo Spirito Santo come Maria e renderci disponibili non “a fare la sua volontà”, ma “a lasciarsi fare da Dio” a permettere alla potenza dello Spirito Santo di farci nuovi nel suo Amore: è Lui che fa nuove tutte le cose farà nuovi anche ciascuno di noi, ma bisogna fidarsi e credere come Maria che “nulla è impossibile a Dio”. Vedete il proprio di Dio è fare, il proprio della persona umana è farsi fare.
Così, d’altra parte tante nostre incapacità di amare di quell’amore che sa coprire, scusare, perdonare, dimenticare da cosa derivano se dal fatto che noi non permettiamo a Dio di amarci in profondità? Aprirsi allo Spirito significa lasciarsi amare da Lui. Il proprio di Dio è amare, il proprio dell’uomo è lasciarsi amare. “L’Amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori!” (Rm 5,5).
La nostra grandezza non sta nel farci grandi, capaci e potenti, ma nel farci piccoli, deboli, incapaci, poveri, sterili, perché tali siamo in verità senza Dio. Quando siamo tali e ci riconosciamo tali e ci apriamo a Dio Egli riversa su di noi tutto il suo Amore e ci fa nuovi dentro, ci fa grandi, forti, potenti, ricchi perché grandi di Lui, forti di Lui, potenti di Lui, ricchi di Lui, fecondi di Lui.
MARIA E IL FIGLIO
“Fecondi di Lui!” Ecco l’atteggiamento verginale di Maria nei confronti del Figlio: lo Spirito l’ha resa feconda del Verbo appunto perché Vergine, si è lasciata fare da Lui e la sua vita è diventata feconda di Gesù. Ciascuno di noi nel Battesimo è chiamato a generare Cristo in sé e a diventare come Maria sua madre: “Chiunque fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,47). Bisogna però stare attenti perché la Maternità Verginale fisica di Maria non ci distolga dalla sua maternità spirituale che è più profonda di quella fisica. Come diceva s. Agostino: “Maria prima ancora di aver concepito il Verbo nel suo grembo l’aveva concepito nella sua mente (=anima)!” 
Maria vive una duplice maternità, la sua è un'esperienza unica perché il suo posto nella storia della salvezza è unico, nessuno avrà mai più la sua esperienza fisica di sentire il Figlio di Dio crescere in Lei, nel suo grembo che piano piano lungo nove mesi prende i lineamenti di uomo, nessuno dopo di Lei avrà più l’esperienza di partorire il Figlio di Dio, "il più Bello tra i figli degli uomini", lì in quella grotta e darlo in braccio a Giuseppe, ai Pastori, ai Magi e deporlo nella mangiatoia, nessuno. Ma Maria ebbe anche l’esperienza di una maternità spirituale che è data di avere a tutta la Chiesa e quindi a tutti i cristiani. Tutti i cristiani sono nel Battesimo resi fecondi dallo Spirito, quello stesso Spirito che rese feconda di Gesù la Vergine nella Carne e nella sua anima, ha reso fecondo me, ha reso fecondi ciascuno di voi nel vostro Battesimo.
Vedete in Maria quello che si realizzava su un piano di fisicità aveva un suo particolare riscontro nella sua anima dove Gesù cresceva, Gesù non cresceva solo nella sua corporeità fisica dapprima nel suo grembo, poi nella sua casa di Nazareth, Gesù cresceva anche nella sua persona che veniva ogni giorno di più conformata, assimilata, trasformata nel Figlio: il Figlio viveva nella Madre dandole di essere sempre più Figlia amata dal Padre!
Lo stesso mistero di grazia e d’amore si realizza nella nostra intimità: quel Gesù che abbiamo ricevuto come seme nel Battesimo cresce e si sviluppa in noi con la vita di grazia, con i sacramenti, con la preghiera, con l’unione d’amore con Lui nella stessa dinamica che lo ha portato a incarnarsi in Lei. La dinamica della “Kénosi”, dell’abbassamento, dello spogliamento, del farsi piccolo.
Attenzione, attenzione! qui siamo nel cuore della spiritualità cristiana: come Lui, il nostro Dio e Signore Gesù Cristo, pur essendo il Verbo Eterno, Dio con il Padre e lo Spirito Santo, spogliò se stesso, depose - in un certo senso la sua divinità - e da Infinito e Incontenibile volle diventare Piccolo, Piccolo nel seno di una Piccola Donna e nascere povero, vivere da povero, morire da povero lì nudo e martoriato sulla Croce per amor mio, così quel Gesù che è in me crescerà e maturità nella sua pienezza di Figlio di Dio nella misura in cui io mi abbasserò, svuoterò di me stesso, di quell’uomo vecchio che deve morire per far  spazio all’uomo nuovo. Quanto più io diventerò piccolo piccolo, tanto più Lui diventerà Grande Grande in me fino a che io non dirò con stupore e con gioia: “Non sono più io che vive, ma è Gesù che vive in me!” (Gal 2,20) Che bello! Che bello! Che bello poter dire questo, a questa bellezza di vita siamo tutti chiamati, invitati, sollecitati, spinti dalla Chiesa soprattutto in questo tempo.