domenica 16 giugno 2019

L’omicidio massonico parte 4. La legge del contrappasso e le morti in auto.





E due cosette che non sapete sulle stragi

di Falcone e Borsellino

1. Premessa
1. Premessa. 


2. Gli incidenti d’auto e di moto. 3. Falcone e Borsellino. Le stragi di Capaci e di Via D’Amelio. 4 Ricapitoliamo. Il significato delle stragi e la trattativa tra Stato e mafia. 5. Qualcuno telefona da Roma.
Nei tre precedenti articoli sull’omicidio massonico abbiamo analizzato i caratteri comuni a tutti gli omicidi commessi dalla massoneria.
Sinteticamente:

– La maggior parte degli omicidi massonici sono effettuati dai servizi segreti deviati; dal momento che tale struttura ha al suo vertice persone affiliate (o comunque dipendenti da) alla massoneria rosacrociana, e dal momento che i Rosacroce hanno come loro padre spirituale Dante Alighieri, viene utilizzata la cosiddetta tecnica del contrappasso. Ovverosia la persona da eliminare morirà secondo la logica di far patire alla vittima il peccato che questa ha commesso. Ad esempio molti dei testimoni di Ustica (vicenda che, come è noto, ha a che fare con un incidente aereo) moriranno in un incidente aereo. Fabio Piselli, testimone della tragedia del rogo del Moby Prince, viene caricato su un’auto a cui venne dato fuoco (doveva morire quindi in un rogo). Luciano Petrini, perito che stava facendo una perizia sulla morte del colonnello Mario Ferraro (che muore impiccato all’asciugamani del bagno) morirà a colpi di portasciugamani. Oppure ricordiamo il caso dell’attore Bruce Lee e del figlio Brandon Lee: il primo (che pare morì avvelenato in una data il cui valore numerico complessivo è 11) aveva girato la scena di un film in cui moriva sul set, colpito da una pallottola che invece di essere caricata a salve spara un proiettile vero; il secondo morì proprio in questo modo, probabilmente perché cercava la verità sulla morte del padre.
Ecc…

– Ogni omicidio è commesso in una data ben precisa, in cui il valore numerico è diverso a seconda dei casi (ricordiamo che il valore numerico si ottiene sommando tutti i numeri presenti nella data da calcolare):
7, come firma della Rosa Rossa, ma anche come simbolo di perfezione chiusura di un ciclo, ecc…
8 e 11 come simbolo di giustizia. E poi ci sono i multipli di 11 in particolare il 33, che indica anche il massimo grado (ufficiale) della massoneria.
13 come simbolo di morte.

Chi sale troppo in alto, chi osa troppo, viene gettato dall’alto, come Cecilia Gatto Trocchi. Come Adamo Bove, il responsabile della security della Telecom morto di recente.
Qualcuno può morire fulminato dalla corrente elettrica come Giuseppe Gatì, morto in un giorno rituale la cui somma è 7 (la firma della RR), perché il fulmine simboleggia il fulmine di Zeus che punisce la persona che ha osato troppo.
Insomma, come i dannati dell’inferno dantesco scontano una pena adeguata al peccato di cui si sono macchiati, chi si mette contro la Rosa Rossa e contro la massoneria rosacrociana, muore con una morte adeguata al tipo di peccato commesso contro questa organizzazione.


2. Gli incidenti d’auto e di moto

Per tanto tempo alcuni conti non mi tornavano. Tanti testimoni, o persone comunque da eliminare, avevano incidenti di auto o di moto. In realtà però qualcosa non mi quadrava. Anzitutto non riuscivo a capire dove fosse il contrappasso in alcuni fatti. Che ci fosse un intento di eliminare il soggetto era palese… ma i conti non mi tornavano.
Vediamo alcuni dei casi di cui ci siamo occupati fin qua…
Alcuni si sono salvati.

– La giudice Clementina Forleo.
Mario Placanica, il carabiniere implicato nei fatti del G8, accusato di aver sparato a Carlo Giuliani, la cui auto sbanda improvvisamente.
– Il mio amico Giovanni M, di Viterbo, che oltre ad avere ben 5 processi penali diversi, uno più falso dell’altro, ha anche avuto un incidente d’auto.
– La lettrice che ci ha scritto la lettera che abbiamo pubblicato (Laura Biker), scampata al sabotaggio della sua moto ai tempi del centro sociale Leoncavallo.

Poi ci sono quelli che non si sono salvati. Tanti. Una strage infinita, comprendente testimoni di processi importanti, cittadini che avevano curiosato troppo, giornalisti. Anche alcuni personaggi famosi, come Rino Gaetano, Fred Buscaglione, James Dean.
La domanda è: posto che i servizi hanno mezzi immensi… posto che non c’è problema a far morire una persona con un mattone sulla testa, con una fuoriuscita di gas dalla cucina, con una caduta per terra, ecc…, perché scegliere un mezzo così insicuro?
Perché l’auto o la moto?
Me lo domandai per mesi dopo l’incidente di moto mio e di Solange, avvenuto lo stesso giorno. Due moto diverse sabotate nello stesso giorno. Perché volevano provocarmi una morte così assurda, con un mezzo così insicuro, e che avrebbe destato più di un sospetto? La domanda mi risuonò in mente per mesi.

Con i mezzi che ci sono oggi la persona ha buone probabilità di salvarsi. Le auto sono infatti dotate di airbag e la cintura di sicurezza è obbligatoria su tutte le vetture.
Per quanto riguarda la moto vale un discorso analogo. Oggi il casco è obbligatorio e spesso le giacche e i pantaloni da moto hanno delle protezioni che difendono molto in caso di caduta.
Quindi la domanda che mi risuonava era: perché usare un mezzo così fallimentare dal punto di vista dell’efficacia?
Un poliziotto tempo fa mi disse che ciò è dovuto al fatto che spesso i servizi adottano tecniche antiquate, e continuano ad eliminare le persone senza tenere conto dell’aggiornamento della tecnica.

Lì per lì confesso che la spiegazione mi piacque tantissimo e mi dette soddisfazione. Dal momento che io mi sono salvato in due incidenti di moto, l’idea di essere scampato alla morte perché i servizi segreti sono così stupidi da usare tecniche antiquate era una cosa divertente… Per diverso tempo io e Solange scherzavamo su questo dicendo “hai visto… sono così stupidi che applicano meccanicamente a tutti le stesse tecniche e oggi tra i cittadini in circolazione abbiamo più scampati alla morte che persone normali…”.
Ma la verità è che questa spiegazione non mi convinceva. Dentro di me sapevo che la massoneria rosacrociana è sofisticatissima; ai vertici ci sono persone intelligentissime che non lasciano nulla al caso.
In ogni delitto nulla è lasciato al caso, né il nome della via, né il numero delle vittime. Nulla. Strano sarebbe che venga lasciato al caso proprio il mezzo per uccidere.
Addirittura, una persona esperta di servizi ci disse, poco tempo fa, che i nostri servizi segreti sono considerati in assoluto i migliori al mondo per quanto riguarda proprio… la manomissione di auto e moto. Tanto che tra i servizi segreti di altri paesi gira voce che i nostri siano così bravi, che basta loro passare accanto ad un’auto, farle una carezza, e questa si va schiantare dopo qualche chilometro.
Purtroppo un giorno la risposta alla mia domanda (perché?) mi venne chiara. Stavo riflettendo su alcuni omicidi mettendo in fila questi dati.
Jorg Haider: ucciso in Rosenthalerstrasse, nella sua Volkswagen Phaeton. L’auto venne scelta per il mito di Fetonte che col suo carro cercò di raggiungere il sole e morì nel sole. Haider era salito troppo in alto e questo lo ha bruciato.
Mauro Brutto: indagava sulla morte di Fausto e Iaio del centro sociale Leoncavallo. Morto investito da una Simca 1100. Chiaro il significato di quell’11 nel numero dell’auto.
Aldo Moro: trovato morto in un una Renault Rossa. RR. La firma della Rosa Rossa.
James Dean: morto in una Porsche 550, che portava il numero 130 (morto quindi per gli stessi motivi che hanno portato alla morte Rino Gaetano, De Andrè e Lucio Battisti).
Ogni auto ha una sua logica. Ovverosia anche il tipo di auto con cui uno muore ha una logica precisa, adatta alla situazione o alla persona.
Leggendo un libro di esoterismo, la risposta mi è stata chiara. Macchina… viene dal latino, deus ex machina. Nelle commedie greche, il Dio veniva a risolvere situazioni intrigate scendendo dal cielo, appeso ad un congegno di funi che si chiamava mechanè…
La macchina quindi era il congegno da cui veniva il Dio a risolvere i problemi terreni.
L’auto è quindi una punizione che viene dal cielo, dal Dio stesso.

Per quanto riguarda la moto, penso (ma potrei sbagliarmi… sto solo formulando ipotesi) che valga lo stesso discorso dell’auto con una particolarità. Che una moto vista dall’alto simboleggia una croce. Il soggetto che muore in moto viene quindi simbolicamente crocifisso. La cosa – che suona quasi ridicola tanto da avermi provocato non poche risate – non me la sono inventata, ma l’ho trovata su un libro dal titolo curioso: “Quel che si dice dei ciclisti rosacroce”. Vista dall’alto, infatti, la moto è una croce, ove le braccia laterali sono costituite dal manubrio. Un libro, nonostante il titolo dalla logica incomprensibile, scritto da una persona che di Rosacroce se ne intende.

3. falcone e Borsellino. Le stragi di Capaci e di Via D’Amelio

Mi sono per parecchio tempo domandato dove fosse il contrappasso per le stragi di Capaci e Via D’Amelio. A parte le date rituali (31 per Falcone e 11 per Borsellino: 19.7.1992 infatti è: 1+9+7+1+9+9+2 =38=3+8=11 ) la modalità della morte doveva senz’altro essere rituale. Falcone infatti poteva essere ucciso a Roma, dove girava tranquillamente senza scorta. Quindi perché ucciderlo proprio in Sicilia e proprio con quella modalità che, dal punto di vista logico, non sta né in cielo né in terra? Riina, per quanto possa dirsi male di lui, era ed è una persona intelligente. Una persona che ha l’intelligenza di diventare il Capo dei Capi di tutta la Sicilia, può commettere una leggerezza del genere? No.
Io credo che Falcone sia stato ucciso in quel modo per vari motivi.
Anzitutto doveva morire in Sicilia perché era in Sicilia che le sue indagini si erano svolte. La regola del contrappasso esigeva quindi che lui morisse nella stessa terra ove aveva “peccato”.
Inoltre doveva saltare in aria in modo eclatante, perché voleva far saltare il sistema. Falcone aveva capito che il fulcro del sistema criminale in Italia non è la mafia. E’ lo Stato. E sono le banche. Quindi doveva saltare in aria perché l’esplosione con cui muore fa da contrappasso all’esplosione che lui voleva assestare al “sistema”.
Inoltre è morto a Capaci, a simboleggiare che chiunque sia capace, deve morire. La cosa suona terribilmente ridicola, ma prego chi legge di riflettere che stiamo parlando di un’associazione che non lascia nulla al caso, neanche i nomi delle persone che vengono messe in determinate posizioni di vertice politico, finanziario, o amministrativo.
La scelta del luogo, nella strage di Capaci, è dovuta probabilmente anche ad un altro motivo, che risale alle origini del paese.
Si narra che il bellissimo isolotto denominato “Isola delle Femmine” fosse stato un tempo una prigione occupata solo ed esclusivamente da donne. Tredici fanciulle turche, essendosi macchiate di gravi colpe, furono dai loro congiunti imbarcate su una nave priva di nocchiero e lasciate alla deriva. Vagarono per giorni e giorni in balia dei venti e delle onde, finché una tempesta scaraventò l’imbarcazione su un isolotto della baia di Carini. Qui vissero sole per sette lunghi anni fin quando i parenti, pentitisi della loro azione, le ritrovarono dopo molte ricerche. Le famiglie così riunite decisero di non fare più ritorno in patria e di stabilirsi sulla terraferma. Fondarono quindi una cittadina che in ricordo della pace fatta, chiamarono Capaci (da “CCa-paci” ovvero: qui la pace) e battezzarono l’isolotto sul quale avevano dimorato le donne “Isola delle Femmine”.
Non a caso, come risulta dalla sentenza sulla strage di via dei Georgofili (che riuniva in un solo processo ben sette stragi, commesse a Firenze, Milano e Roma) e dalla sentenza sul Capitano Ultimo, dopo la strage di Capaci venne avviata la famosa trattativa tra Stato e mafia, di cui si fece portavoce il generale Mori, per raggiungere… la pace.

Probabilmente la morte così eclatante di Falcone segna anche, simbolicamente, uno spartiacque tra il vecchio metodo di eliminazione dei magistrati (ucciderli) e quello nuovo (delegittimarli).
Non più guerra quindi, ma le cosiddette “armi silenziose per una guerra tranquilla” di cui abbiamo parlato altrove.
La morte di Falcone simboleggia quindi la Pace. Infatti dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio la mafia non esiste quasi più. Hanno preso Riina e Provenzano e dopo di loro quasi solo il silenzio. Addirittura il Procuratore Antimafia Pietro Grasso qualche mese fa è andato al Maurizio Costanzo Show a declamare gli immensi successi dello Stato sulla mafia, ridotta – secondo lui – oramai quasi al silenzio.
Ricapitolando, il simbolismo della strage di Capaci è: auto, esplosione, Isola delle Femmine, Capaci. Il probabile significato: Falcone voleva far saltare il sistema (esplosione), quindi dal cielo (auto) arriva la punizione che lo fa saltare in aria; dopodiché dovrà scendere la pace, tra lo Stato e la mafia (Capaci). Così muoiono le persone capaci di arrivare al cuore del sistema.
Inoltre, a firmare la strage, ci sono due elementi: il gruppo di mafiosi si era posizionato sulla collina vicino Capaci; e la collina si chiama “Raffo Rosso“, ove raffo in ebraico significa “Dio che guarisce”. RR, firma della Rosa Rossa.
Mentre la moglie di uno degli agenti di scorta, che fece il famoso discorso ai funerali, si chiama Rosaria Costa. RC quindi.


Borsellino fu ucciso nello stesso modo. Anzitutto perché aveva seguito le orme dell’amico. Poi perché anche lui, col Memoriale Calcara, aveva avuto notizie che erano in grado di far saltare il sistema.
Credo che un aspetto della simbologia della sua morte vada trovata anche nella via dove avvenne l’esplosione: Via Mariano D’Amelio, un politico che fece leggi sulla magistratura. Chiaro il messaggio: la magistratura deve essere azzerata.

Ora ricordiamo quel che successe dopo queste stragi.
Inizialmente sembrò che la magistratura acquistasse più poteri, e che lo stato volesse realmente fare la guerra alla mafia. Nacque lo strumento del 41 bis (il carcere duro per i mafiosi). Ci furono alcuni ritocchi al codice di procedura penale.
Ma dopo poco tempo iniziarono le leggi che, di fatto, azzerarono il potere della magistratura riducendolo ad un formalismo vuoto; cosicché oggi l’80% dei reati cade in prescrizione, e per reati gravissimi vengano comminate pene ridicole: a titolo di esempio (vado a memoria) la riforma del falso in bilancio, un reato che oggi praticamente non esiste più; la legge che riforma il reato di attentato agli organi costituzionali, reato punito prima con l’ergastolo, e oggi praticamente impunito; l’abolizione dell’abuso di ufficio, e tante altre.
Un’opera sistematica di demolizione dei poteri dei magistrati che è in atto tuttora (ad esempio con la legge di riforma delle intercettazioni e altre genialità del genere).


4. Ricapitoliamo. Il significato delle stragi 
e la trattativa tra stato e mafia

Leggiamo ora la successione di leggi nel tempo, dopo le due stragi del ’92, alla luce della simbologia sottesa ad esse.
Con Falcone arriva il segnale della pace tra Stato e mafia. Da qui nascono le apparenti leggi contro la mafia, che in realtà servono a comminare il carcere duro ai mafiosi, probabilmente per togliere di mezzo Riina e altri capi mafia, che, grazie a questa legge, non potranno più comunicare con l’esterno. La legge cioè non serve per punire i mafiosi, ma per impedirgli di continuare a comandare e togliere di mezzo la vecchia guardia, sostituendola con una nuova, che sia d’accordo con la cosiddetta linea morbida. Cioè per sostituire i mafiosi che volevano la guerra allo stato, con altri che vogliano “la pace”.

Con la strage di Via D’Amelio invece si dà il via alle leggi che azzerano i poteri della magistratura.

5. Qualcuno telefona a Roma

Per far capire che le stragi di Capaci e Via D’Amelio sono stragi non di mafia, è sufficiente un documento che Gabriella Pasquali Carlizzi ha citato in un suo libro. E’ la conversazione che si svolge tra due personaggi, uno romano e uno siciliano, un magistrato. Eccone la trascrizione.
Telefonata tra Roma e Sicilia.
– Dottore c’è una telefonata da Roma
– Pronto con chi parlo?
– Oh Presidente mi dica
– Dottore sarà lei a occuparsi della strage di Capaci naturalmente
– Presidente lei sa bene che qui quando succedono certe cose noi diciamo è la mafia. Anche in questo caso noi diremo è la mafia
– Bravo proprio questo volevo farle intendere caro dottore. D’ altra parte non a caso l’incidente è avvenuto lì, in quel preciso punto, altrimenti questa inchiesta poteva finire a Palermo
– Meglio cosi presidente, è meglio così mi creda. La gente di Palermo pensa a fare giustizia ma al futuro della gente della Sicilia chi ci pensa? Piuttosto presidente bisogna togliere i sigilli da tutto quel materiale. Io lo conoscevo bene, era uno che annotava tutto e credo che sia meglio non alzare polveroni, meglio per tutti
– Sì lei ha ragione dottore. Ma qualcosa bisognerà pure trovare, quanto basta per dare all’indagine un’immagine di serietà. Lei mi capisce non è vero? L’Italia in questo momento è scossa. Non potrebbe sopportare le responsabilità di questo delitto. Meglio indagare su fatti avvenuti dal paese. Ormai sappiamo che il giudice era andato troppo oltre le sue competenze; aveva un piano da attuare. La amava troppo la sua terra. Merita di essere ricordato come un eroe.
– Sono d’accordo con lei presidente. In fondo queste stragi di eroi ne hanno fatti molti in questi anni e la gloria dell’Italia aumenta.
– Domani andrò sul posto dottore. Ci incontreremo lì per coordinare i lavori. Occorre molta prudenza e sintonia.

I due personaggi (facilmente riconoscibili) si incontrarono sul posto.
Che le stragi di Capaci e Via D’Amelio non siano stragi di mafia, lo ha detto lo stesso Riina, in un’intervista ad Antimafia 2000. Non so se vi ricordate quello che scrissi nel mio articolo “La massoneria è una Harley Davidson…”: infatti, Riina, alla fine, la verità te la dice. E non ho detto quelle frasi certamente per caso… Volevo dire esattamente le cose che ho detto.
Ecco il testo dell’intervista all’avvocato di Riina. Lo trovate a questo indirizzo.

http://www.antimafiaduemila.com/content/view/6860/-78/










sabato 8 giugno 2019

UNA SUORA CHE SALTAVA DA UNA PARETE ALL’ALTRA


UNA SUORA CHE SALTAVA DA
UNA PARETE ALL’ALTRA

Una suora posseduta della quale lei racconta che saltava da una parete all’altra della stanza come una scimmia e con molta agilità?
Padre Amorth – Sì, ricordo bene, come ricordo bene che strisciava come un serpente sotto i banchi della chiesa. Sembrava proprio un serpente. Come facesse a strisciare sotto dei banchi di chiesa che non sono più alti da terra di 15 centimetri, davvero non saprei spiegarlo.
E di quel giovane che le fu mandato da uno psichiatra e che d’improvviso si è gonfiato enormemente?
Padre Amorth – In verità il fenomeno non è avvenuto davanti a me, ma davanti allo psichiatra che lo stava visitando e che poi me lo mandò, nella convinzione che avesse più bisogno di un esorcista che di un medico. Il dottore mi riferì che mentre era a colloquio con il paziente, questi si gonfiò d’improvviso, diventando davvero enorme e al contempo emise dalla bocca un ruggito come un leone.

Dal libro: E’ lui a far paura al demonio

LA DONNA CHE STRISCIAVA COME UN SERPENTE


LA DONNA CHE STRISCIAVA
COME UN SERPENTE

Un prete mi raccontò un giorno una sua esperienza personale, confermatami successivamente da un altro sacerdote che aveva assistito anche lui alla scena che mi ha descritto. Mi disse che gli capitò una volta di assistere a un esorcismo in una chiesa di Roma: si trattava di una donna. A un certo punto, mentre l’esorcista portava avanti il rito come di norma, quella donna si gettò a terra e cominciò a strisciare sinuosa come un serpente, andandosi addirittura a infilare sotto i banchi e strisciando sotto di essi con la stessa sinuosità e facilità. Ora, se si pensa che il piano dell’inginocchiatoio non è alto da terra più di 12 centimetri e che la donna aveva una corporatura normale, mi si venga a dare una spiegazione “naturale” dell’incredibile e impressionante fenomeno.
Tra le mie esperienze personali posso citare quanto mi raccontò un giorno un mio confratello sacerdote, che era impegnato in un dicastero vaticano. Mi disse che un giorno, mentre si stava avviando, nei pressi di Piazza s. Pietro, verso il suo ufficio, fu fermato da un carabiniere, che lo pregò gentilmente ma con insistenza e con urgenza, di andare con lui, perché c’era una donna che aveva bisogno di un sacerdote. Andò e si trovò davanti a una signora seduta a terra sotto una colonna del porticato di Piazza san Pietro da varie persone. Gli spiegarono che la donna dava chiari segni di essere disturbata da qualcosa che dall’interno la trasformava nella voce e nel volto da farla sembrare un’altra persona. Capì subito che il bisogno di un sacerdote era legato alla convinzione che essa fosse fortemente vessata dal demonio. Lui, non sapendo come e cosa fare, girando lo sguardo attorno vide un sacerdote più giovane di lui che accompagnava un gruppo di pellegrini. Lo accostò e gli presentò il caso. Quel sacerdote si mostrò subito disposto a rendersi utile, per nulla impressionato dalla violenza del linguaggio di quella donna. Quando egli, dopo alcune preghiere alle quali la donna reagiva urlando e agitandosi in tutto il corpo e inveendo contro di lui, tenuta a stento ferma da quelli che le stavano attorno, disse con tono fermo e deciso:”Tutta la tua rabbia deriva dal fatto che sei stato sconfitto da una Donna”, quella cacciò dalla gola un urlo terribile, simile a un ululato, lungo, fortissimo e davvero disumano. Il mio confratello disse di essere rimasto raggelato e si avviò molto turbato verso il suo ufficio. Mi disse poi di avere avuto la chiara sensazione che in quella donna agiva davvero il demonio, tanto erano sovrumane e incredibili le sue reazioni davanti a quel sacerdote. Mi disse poi di aver saputo che era stato chiamato un taxi, per accompagnare quella donna alla Scala Santa da Padre Candido Amantini.

Dal Libro: E’ lui a far paura al demonio

DIO PERMETTE L'INFERNO?


DIO PERMETTE L’INFERNO?

Alcuni, davanti all’affermazione della realtà dell’inferno, si chiedono: E’ possibile che Dio, infinitamente misericordioso, mandi o comunque permetta che qualcuno vada all’inferno?. Ricordiamo, per ulteriore chiarezza, che:
1)  Dio è amore infinito e vuole che tutti gli uomini siano salvi.
2)  Nessun uomo è predestinato all’inferno.
3)  Gesù è morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini.
4) A tutti gli uomini vengono date da dio le grazie necessarie per la salvezza.

Il problema, quindi, non sta nella mancanza di misericordia da parte di Dio, ma nel mistero inscrutabile del libero rifiuto della sua misericordia, da parte dell’uomo. Per intenderci con un esempio, il problema sta non del medico (Dio misericordioso), ma nell’ammalato (l’uomo) il quale, essendogli stata offerta la terapia sicura di guarigione da un male mortale (il peccato che porta alla perdizione eterna), può rifiutarsi di seguire quella terapia.
Tenendo conto di quanto considerato fino ad ora – cioè della libera responsabilità del peccatore – non dimentichiamo, comunque, che Dio esercita, nel medesimo tempo, la sua autorità di Creatore, di Signore e di Giudice universale, ratificando la condanna di chi ha chiuso il cuore al suo amore sino alla fine.
L’inferno, come anche il Paradiso, sono realtà eterne fuori dallo spazio e dal tempo e, quindi, non sono situabili in un luogo. Per questo motivo, quando oggi la teologia e il Magistero ordinario della Chiesa ne parlano, sono orientati ad usare termini quali “dimensione”, “stato”, “condizione” o “situazione” piuttosto che “luogo”. Dio, però, quando in una rivelazione privata (come del resto anche nella Rivelazione pubblica) comunica un messaggio, deve comunicarlo in modo tale che chi lo riceve possa comprenderlo.
L’inferno esiste; l’inferno è eterno; l’inferno non è vuoto; morire in peccato mortale porta inevitabilmente e per sempre la nostra anima (e nella risurrezione finale anche il nostro corpo) in quella condizione esistenziale che chiamiamo inferno.

Dal libro: Gli angeli ribelli – P. Francesco Bamonte