di Don Pasquale Casillo
Chi esclude intenzionalmente il matrimonio, o è malato di malattia venerea
incurabile, o non ha il minimo sufficiente per fondare una famiglia non può
intrattenere una relazione amorosa con persona di altro sesso, per non mancare
di giustizia, di correttezza e di rispetto per le energie psico-fisiche proprie
e altrui.
Chi può fidanzarsi non deve aver fretta, per non andare incontro
prematuramente a pericoli, ma deve avviare il fidanzamento quando ha raggiunto
condizioni biologiche chiaramente favorevoli, maturità di mente e di cuore,
sicurezza di posizione economica e sociale (tra i 18-25 anni nella donna, tra i
25-30 anni nell’uomo), e quando ha la possibilità di sposarsi entro un tempo
ragionevolmente breve (uno o due anni).
Chi vuole fidanzarsi deve esaminarsi attentamente per vedere se ha le doti
di corpo e di anima indispensabili alla vita matrimoniale: Cesare Taparelli,
marchese d’Azeglio, scrisse in un foglio l’elenco di tutti i difetti che si
riconosceva e lo consegnò alla donna prescelta perché lo studiasse e decidesse
se le conveniva sposare un uomo fatto in quel modo.
E deve domandarsi anche quali doti intende trovare nell’altra persona alla
quale si dovrà unire per tutta la vita, cioè doti fisiche, psichiche e morali
che si adattino al suo temperamento e permettano la necessaria compenetrazione
in vista del reciproco perfezionamento nella vita coniugale e della generazione
ed educazione dei figli. Federico Ozonam cercava la futura moglie così
dotata: «che essa possieda solide virtù e buon cuore; che sia migliore
di me in modo da elevarmi piuttosto che trascinarmi in basso; che sia risoluta
perché io sono timoroso; che sia fervoroso perché io sono tiepido; che sia
piena di comprensione così che io non abbia a sentire troppo fortemente in sua
presenza la mia inferiorità».
Il candidato alle nozze deve avere soprattutto la dolce preoccupazione di
prepararvisi religiosamente: Maurizio Lettour, diciottenne, fece voto a Dio di
conservarsi pienamente fedele alla sua fidanzata, prima ancora di sapere chi
essa fosse.
Quando i due partners hanno avviato la relazione con l’intento di sposarsi
nel prossimo futuro, devono manifestare l’uno all’altro le proprie idee e i
propri affetti su fatti e persone del passato, del presente e del futuro,
specialmente sui problemi più importanti della vita. I fidanzati Maria
Schiratti e Giuseppe Toniolo (oggi servo di Dio) si scrivevano lettere, e
se ne conservano tuttora ottanta, non solo per scambiarsi pareri sulle vicende
della società, ma anche per dichiararsi quali veramente erano nel loro intimo, non
tacendosi né deficienze né inadempienze.
I due aspiranti al matrimonio debbono dirsi, obbligatoriamente se portano
in sé malattie (nervose, psichiche, veneree) dannose a loro stesse e ai figli,
o precedenti riferibili a ipotesi di nullità o probabile nullità del vincolo
coniugale (impotenza), o realtà destinate ad essere prima o poi inevitabilmente
scoperte (mancanza di verginità, gravidanza), o pessime abitudine (uso della
droga, omosessualità), o gravissime controindicazioni di indole morali ( opposizione
di convinzioni fondamentali, incompatibilità di usanze, insofferenza della vita
a due).
Hanno il dovere di consultare molto per tempo il Sacerdote e qualche
esperto richiesto da particolare bisogno (ginecologo, sessuologo, psicologo,
psichiatra, avvocato,coppia già sposata) per chiedere illuminazioni e direttive
sul comportamento da seguire specialmente se hanno dubbi sulla stabilità della
salute o sulla normalità delle funzioni organiche o sulla regolarità
dell’equilibrio psichico.
Debbono dirsi anche qual è la loro reciproca attrazione fisica e sessuale,
perché possono unirsi solo se realizzano anche in questo campo una buona
consonanza.
Se il fidanzato domanda alla comparte di dirgli sei stata sempre pura,
questa dovrà rispondergli con sincerità se il non rispondergli può provocare a
matrimonio concluso incomprensioni e recriminazioni; non è obbligata a
confessare di aver perso la sua integrità se non è certa, e non deve accusarsi
se si riferisce ad azioni compiute da bambina.
I due nubendi, perfettamente consapevoli della loro scelta, possono
sposarsi anche contro il parere dei genitori, che però i due non possono
disprezzare. Specialmente in questo caso hanno il dovere di lavorare seriamente
per garantire la tranquillità materiale del loro futuro matrimonio.
Soprattutto devono sentirsi obbligati a nutrire il loro fidanzamento con la
pratica della vita religiosa fatta in comunione, perché sia più devota e più
abbondante. Soltanto a questo prezzo essi acquisteranno la coscienza della
propria dignità di essere chiamati da Dio a perpetuare cristianamente il genere
umano.
I fidanzati possono e debbono scambiarsi segni d’amore (sguardi, gesti,
carezze, baci, abbracci) progressivamente più intensi in vicinanza del
matrimonio, anche se si sollevassero moti carnali, purché i segni d’amore
riguardino le parti del corpo non direttamente connesse con l’eccitazione
fisica e siano non lunghi, non frequenti e non passionali; e purché i moti
carnali siano respinti con la forza di quell’autocontrollo che gli innamorati devono
mantenere nel darsi i segni d’amore.
Non peccano (però è pericoloso) quando pensano alle intimità e tenerezze
che avranno lecite nel matrimonio, le desiderano e ne provano piacere, ma non
possono lecitamente rappresentarsi come presente, il futuro rapporto genitale,
non possono compiacersene e tanto meno permetterselo.
Il rapporto genitale tra fidanzati è ingiustificabile e dannoso.
Ingiustificato, perché, essendo
massima concessione che uomo e donna si possono fare, non ha affatto nel
fidanzamento, che è di sua natura provvisorio e incerto, quel massimo di
sicurezza ( fisica, psichica, morale, religiosa, sociale,legale) che esige e
merita: quella sicurezza che è intreccio di verità, fedeltà, continuità,
definitività, totalità, garanzia, pubblicazione davanti alla società,
riconoscimento dello Stato e della Chiesa; sicurezza che trova il suo massimo
soltanto nel matrimonio uno e indissolubile.
Inoltre il rapporto genitale non può per nulla costituire la cosiddetta «prova
d’amore» perché quando l’amore è vero non ha bisogno di essere sottoposto
ad esperimento; anzi il rapporto genitale tra fidanzati costituisce
inesorabilmente falsità, spersonalizzazione, irresponsabilità,
banalizzazione: falsità, perché non contiene quello che mostra cioè
la piena appartenenza dell’ un all’altro; spersonalizzazione, perché
coarta e ricatta il compartecipe che non lo aveva richiesto; irresponsabilità,
perché rifugge dai pubblici doveri naturali e legali che pur causa in tutti e
due i fidanzati; banalizzazione, perché riceve un marchio di
clandestinità, temporaneità, semplicismo, isolamento, gioco, consumazione
furtiva del sesso.
Il rapporto genitale è proibito ai nubendi anche quando è creduto
indispensabile per conservare l’amore messo in pericolo da mesi di separazione
e di lontananza, anche quando si intende sperimentare una certa intesa di tipo
coniugale, anche quando la celebrazione del matrimonio viene impedita per colpa
d’altri o di circostanze, anche quando si dovrebbe accertare la possibilità di
avere figli dal prossimo e certo matrimonio: insomma, è proibito sempre.
La morale cristiana non può essere accusata di eccessiva severità nei
riguardi dei fidanzati. Essa è semplicemente lineare che impostazione della sua
dottrina e logicamente coerente nelle sue prescrizioni. Ha in favore del suo
principio anche il risultato dato dal fare ciò che essa proibisce: risultato
negativo e tale riconosciuto anche da chi molto problemi non crede nella morale
cristiana.
Dannoso, il rapporto genitale
tra fidanzati perché disorienta la volontà, agita il cuore, turba la mente,
calpesta la dignità della donna, disturba la professione, blocca l’amore,
guasta la psiche, immette in situazioni difficilissime (impedimento alla
reciproca separazione, aborto, abbandono del figlio extraconiugale, isolamento
della razza madre, affrettato o coatto matrimonio riparatore), imprime un
pessimo ricordo lungo tutta la vita nei fidanzati anche se si saranno poi
lecitamente sposati, attira i castighi di Dio e della natura maltrattata.
Peggio ancora se il rapporto genitale avviene con i mezzi anticoncezionali
che sono condannati dalla Chiesa, dalla scienza e dalla esperienza.
Eppure non è per nulla impossibile astenersi da esso se ci si difende con
le forze, naturali e soprannaturali che sono alla portata di tutti, ossia la
vigilanza, l’istruzione la compagnia dei migliori, la fuga dalle cattive
occasioni e dall’ozio la preghiera, la frequenza ai Sacramenti, la devozione
alla Madonna, l’esercizio delle opere buone, la rinuncia alle dolcezze che
possono essere pericolose per la virtù della castità.
Se uno dei due innamorati cede al peccato, l’altro ha il dovere di aiutarlo
a rimettersi nella buona condotta. Se hanno peccato entrambi si aiuteranno
rispettivamente incoraggiandosi ad alimentare il pentimento del male commesso e
il proposito di non ripeterlo e se trovano più difficile il resistere alle
tentazioni in un fidanzamento previsto di lunga durata, hanno l’obbligo di
affrettare le nozze, anche a costo di affrontare disagi materiali, e purché ci
siano fondate speranze di buona riuscita del matrimonio.
Il fidanzamento non genera l’obbligo di contrattare matrimonio, ma uno dei
nubendi non può sciogliere il fidanzamento già sancito a norma di legge umana e
divina se non ha una giusta causa (l’elezione di uno stato più perfetto, una
violazione commessa dall’altro contraente, un notevole cambiamento di
situazione ecc.). chi rompe il fidanzamento senza una giusta causa è colpevole
in linea morale e pertanto è tenuto a restituire i doni di grande valore
ricevuti in vista del matrimonio e a risarcire l’altro dei danni che potesse
avergli arrecato.
Il fatto della gravidanza non è un motivo valido perché i due contraggano
matrimonio a tutti i costi, cioè anche quando non sono fatti l’uno per l’altro.
Al peccato commesso bisogna rimediare con altri mezzi suggeriti
dall’attento esame delle circostanze.
Se la partner è stata violentata e deflorata, il fidanzato deve riparare o
prendendola in moglie o dandole una dote conveniente.
Quando invece i due innamorati arrivano al matrimonio dopo avere adempiuto
il dovere del fidanzamento, suggellano un buon passato e inaugurano un migliore
avvenire.
Arrivati finalmente al momento dello sposalizio debbono essere coscienti,
esprimendo il mutuo consenso davanti al Sacerdote e ai testimoni, di donarsi un
Sacramento, essendo essi i ministri, e se lo devono dare in stato di Grazia,
cioè senza peccato mortale sulla coscienza, altrimenti commettono un
sacrilegio.
Non possono compiere il matrimonio civile né prima né dopo il matrimonio
religioso. Se lo compiono, sia pur con il dichiarato proposito di celebrare in
seguito il matrimonio religioso, sono ritenuti dalla Chiesa pubblici peccatori
(concubini) se convivono come marito e moglie, e non possono ricevere i
Sacramenti.