lunedì 4 febbraio 2013

I fidanzati



  
di Don Pasquale Casillo

Chi esclude intenzionalmente il matrimonio, o è malato di malattia venerea incurabile, o non ha il minimo sufficiente per fondare una famiglia non può intrattenere una relazione amorosa con persona di altro sesso, per non mancare di giustizia, di correttezza e di rispetto per le energie psico-fisiche proprie e altrui.
Chi può fidanzarsi non deve aver fretta, per non andare incontro prematuramente a pericoli, ma deve avviare il fidanzamento quando ha raggiunto condizioni biologiche chiaramente favorevoli, maturità di mente e di cuore, sicurezza di posizione economica e sociale (tra i 18-25 anni nella donna, tra i 25-30 anni nell’uomo), e quando ha la possibilità di sposarsi entro un tempo ragionevolmente breve (uno o due anni).
Chi vuole fidanzarsi deve esaminarsi attentamente per vedere se ha le doti di corpo e di anima indispensabili alla vita matrimoniale: Cesare Taparelli, marchese d’Azeglio, scrisse in un foglio l’elenco di tutti i difetti che si riconosceva e lo consegnò alla donna prescelta perché lo studiasse e decidesse se le conveniva sposare un uomo fatto in quel modo.



E deve domandarsi anche quali doti intende trovare nell’altra persona alla quale si dovrà unire per tutta la vita, cioè doti fisiche, psichiche e morali che si adattino al suo temperamento e permettano la necessaria compenetrazione in vista del reciproco perfezionamento nella vita coniugale e della generazione ed educazione dei figli. Federico Ozonam cercava la futura moglie così dotata: «che essa possieda solide virtù e buon cuore; che sia migliore di me in modo da elevarmi piuttosto che trascinarmi in basso; che sia risoluta perché io sono timoroso; che sia fervoroso perché io sono tiepido; che sia piena di comprensione così che io non abbia a sentire troppo fortemente in sua presenza la mia inferiorità».
Il candidato alle nozze deve avere soprattutto la dolce preoccupazione di prepararvisi religiosamente: Maurizio Lettour, diciottenne, fece voto a Dio di conservarsi pienamente fedele alla sua fidanzata, prima ancora di sapere chi essa fosse.
Quando i due partners hanno avviato la relazione con l’intento di sposarsi nel prossimo futuro, devono manifestare l’uno all’altro le proprie idee e i propri affetti su fatti e persone del passato, del presente e del futuro, specialmente sui problemi più importanti della vita. I fidanzati Maria Schiratti e Giuseppe Toniolo (oggi servo di Dio) si scrivevano lettere, e se ne conservano tuttora ottanta, non solo per scambiarsi pareri sulle vicende della società, ma anche per dichiararsi quali veramente erano nel loro intimo, non tacendosi né deficienze né inadempienze.
I due aspiranti al matrimonio debbono dirsi, obbligatoriamente se portano in sé malattie (nervose, psichiche, veneree) dannose a loro stesse e ai figli, o precedenti riferibili a ipotesi di nullità o probabile nullità del vincolo coniugale (impotenza), o realtà destinate ad essere prima o poi inevitabilmente scoperte (mancanza di verginità, gravidanza), o pessime abitudine (uso della droga, omosessualità), o gravissime controindicazioni di indole morali ( opposizione di convinzioni fondamentali, incompatibilità di usanze, insofferenza della vita a due).
Hanno il dovere di consultare molto per tempo il Sacerdote e qualche esperto richiesto da particolare bisogno (ginecologo, sessuologo, psicologo, psichiatra, avvocato,coppia già sposata) per chiedere illuminazioni e direttive sul comportamento da seguire specialmente se hanno dubbi sulla stabilità della salute o sulla normalità delle funzioni organiche o sulla regolarità dell’equilibrio psichico.
Debbono dirsi anche qual è la loro reciproca attrazione fisica e sessuale, perché possono unirsi solo se realizzano anche in questo campo una buona consonanza.
Se il fidanzato domanda alla comparte di dirgli sei stata sempre pura, questa dovrà rispondergli con sincerità se il non rispondergli può provocare a matrimonio concluso incomprensioni e recriminazioni; non è obbligata a confessare di aver perso la sua integrità se non è certa, e non deve accusarsi se si riferisce ad azioni compiute da bambina.
I due nubendi, perfettamente consapevoli della loro scelta, possono sposarsi anche contro il parere dei genitori, che però i due non possono disprezzare. Specialmente in questo caso hanno il dovere di lavorare seriamente per garantire la tranquillità materiale del loro futuro matrimonio.
Soprattutto devono sentirsi obbligati a nutrire il loro fidanzamento con la pratica della vita religiosa fatta in comunione, perché sia più devota e più abbondante. Soltanto a questo prezzo essi acquisteranno la coscienza della propria dignità di essere chiamati da Dio a perpetuare cristianamente il genere umano.
I fidanzati possono e debbono scambiarsi segni d’amore (sguardi, gesti, carezze, baci, abbracci) progressivamente più intensi in vicinanza del matrimonio, anche se si sollevassero moti carnali, purché i segni d’amore riguardino le parti del corpo non direttamente connesse con l’eccitazione fisica e siano non lunghi, non frequenti e non passionali; e purché i moti carnali siano respinti con la forza di quell’autocontrollo che gli innamorati devono mantenere nel darsi i segni d’amore.
Non peccano (però è pericoloso) quando pensano alle intimità e tenerezze che avranno lecite nel matrimonio, le desiderano e ne provano piacere, ma non possono lecitamente rappresentarsi come presente, il futuro rapporto genitale, non possono compiacersene e tanto meno permetterselo.
Il rapporto genitale tra fidanzati è ingiustificabile e dannoso.
Ingiustificato, perché, essendo massima concessione che uomo e donna si possono fare, non ha affatto nel fidanzamento, che è di sua natura provvisorio e incerto, quel massimo di sicurezza ( fisica, psichica, morale, religiosa, sociale,legale) che esige e merita: quella sicurezza che è intreccio di verità, fedeltà, continuità, definitività, totalità, garanzia, pubblicazione davanti alla società, riconoscimento dello Stato e della Chiesa; sicurezza che trova il suo massimo soltanto nel matrimonio uno e indissolubile.
Inoltre il rapporto genitale non può per nulla costituire la cosiddetta «prova d’amore» perché quando l’amore è vero non ha bisogno di essere sottoposto ad esperimento; anzi il rapporto genitale tra fidanzati costituisce inesorabilmente falsità, spersonalizzazione, irresponsabilità, banalizzazione: falsità, perché non contiene quello che mostra cioè la piena appartenenza dell’ un all’altro; spersonalizzazione, perché coarta e ricatta il compartecipe che non lo aveva richiesto; irresponsabilità, perché rifugge dai pubblici doveri naturali e legali che pur causa in tutti e due i fidanzati; banalizzazione, perché riceve un marchio di clandestinità, temporaneità, semplicismo, isolamento, gioco, consumazione furtiva del sesso.
Il rapporto genitale è proibito ai nubendi anche quando è creduto indispensabile per conservare l’amore messo in pericolo da mesi di separazione e di lontananza, anche quando si intende sperimentare una certa intesa di tipo coniugale, anche quando la celebrazione del matrimonio viene impedita per colpa d’altri o di circostanze, anche quando si dovrebbe accertare la possibilità di avere figli dal prossimo e certo matrimonio: insomma, è proibito sempre.
La morale cristiana non può essere accusata di eccessiva severità nei riguardi dei fidanzati. Essa è semplicemente lineare che impostazione della sua dottrina e logicamente coerente nelle sue prescrizioni. Ha in favore del suo principio anche il risultato dato dal fare ciò che essa proibisce: risultato negativo e tale riconosciuto anche da chi molto problemi non crede nella morale cristiana.
Dannoso, il rapporto genitale tra fidanzati perché disorienta la volontà, agita il cuore, turba la mente, calpesta la dignità della donna, disturba la professione, blocca l’amore, guasta la psiche, immette in situazioni difficilissime (impedimento alla reciproca separazione, aborto, abbandono del figlio extraconiugale, isolamento della razza madre, affrettato o coatto matrimonio riparatore), imprime un pessimo ricordo lungo tutta la vita nei fidanzati anche se si saranno poi lecitamente sposati, attira i castighi di Dio e della natura maltrattata.
Peggio ancora se il rapporto genitale avviene con i mezzi anticoncezionali che sono condannati dalla Chiesa, dalla scienza e dalla esperienza.
Eppure non è per nulla impossibile astenersi da esso se ci si difende con le forze, naturali e soprannaturali che sono alla portata di tutti, ossia la vigilanza, l’istruzione la compagnia dei migliori, la fuga dalle cattive occasioni e dall’ozio la preghiera, la frequenza ai Sacramenti, la devozione alla Madonna, l’esercizio delle opere buone, la rinuncia alle dolcezze che possono essere pericolose per la virtù della castità.
Se uno dei due innamorati cede al peccato, l’altro ha il dovere di aiutarlo a rimettersi nella buona condotta. Se hanno peccato entrambi si aiuteranno rispettivamente incoraggiandosi ad alimentare il pentimento del male commesso e il proposito di non ripeterlo e se trovano più difficile il resistere alle tentazioni in un fidanzamento previsto di lunga durata, hanno l’obbligo di affrettare le nozze, anche a costo di affrontare disagi materiali, e purché ci siano fondate speranze di buona riuscita del matrimonio.
Il fidanzamento non genera l’obbligo di contrattare matrimonio, ma uno dei nubendi non può sciogliere il fidanzamento già sancito a norma di legge umana e divina se non ha una giusta causa (l’elezione di uno stato più perfetto, una violazione commessa dall’altro contraente, un notevole cambiamento di situazione ecc.). chi rompe il fidanzamento senza una giusta causa è colpevole in linea morale e pertanto è tenuto a restituire i doni di grande valore ricevuti in vista del matrimonio e a risarcire l’altro dei danni che potesse avergli arrecato.
Il fatto della gravidanza non è un motivo valido perché i due contraggano matrimonio a tutti i costi, cioè anche quando non sono fatti l’uno per l’altro.
Al peccato commesso bisogna rimediare con altri mezzi suggeriti dall’attento esame delle circostanze.
Se la partner è stata violentata e deflorata, il fidanzato deve riparare o prendendola in moglie o dandole una dote conveniente.
Quando invece i due innamorati arrivano al matrimonio dopo avere adempiuto il dovere del fidanzamento, suggellano un buon passato e inaugurano un migliore avvenire.
Arrivati finalmente al momento dello sposalizio debbono essere coscienti, esprimendo il mutuo consenso davanti al Sacerdote e ai testimoni, di donarsi un Sacramento, essendo essi i ministri, e se lo devono dare in stato di Grazia, cioè senza peccato mortale sulla coscienza, altrimenti commettono un sacrilegio.
Non possono compiere il matrimonio civile né prima né dopo il matrimonio religioso. Se lo compiono, sia pur con il dichiarato proposito di celebrare in seguito il matrimonio religioso, sono ritenuti dalla Chiesa pubblici peccatori (concubini) se convivono come marito e moglie, e non possono ricevere i Sacramenti.