A) Religione
Il marxismo, presentandosi come materialismo e negando quindi l’esistenza
di Dio, nega di conseguenza la religione come rapporto necessario che lega,
attraverso il rito, l’uomo a Dio. La religione è una sovrastruttura: “L’uomo fa
la religione e non la religione l’uomo... (la religione) è la realizzazione
fantastica dell’essenza umana”, “essa è l’oppio del popolo”.
“La religione -aggiunge Lenin- è una specie di acquavite spirituale, nella
quale gli schiavi del capitale annegano la loro personalità umana e le loro
rivendicazioni di una vita in qualche misura degna di uomini”. Secondo la
Grande Enciclopedia Sovietica, la religione “è antisocialista per definizione,
costituendo il prodotto dell’impotenza e dell’ignoranza: è l’oppio del popolo,
secondo quell’affermazione di Marx che Lenin definì la base della dottrina marxista
in materia”.
La religione è dunque un male sociale che la rivoluzione comunista deve
combattere: “la nostra propaganda comprende necessariamente anche la propaganda
dell’ateismo”.
Secondo l’art. 124 della Costituzione Sovietica: “La libertà di culto e la
libertà di propaganda antireligiosa sono riconosciute per tutti i cittadini”.
Di fatto la propaganda religiosa e l’insegnamento religioso sono proibiti,
mentre è favorita e incrementata la propaganda ateistica e antireligiosa.
In realtà, come ogni forma di pensiero rivoluzionario, il marxismo vuole
sostituire il culto dell’uomo al culto di Dio: “La critica della religione
disinganna l’uomo affinché egli consideri, plasmi e raffiguri la sua realtà
come un uomo disincantato, divenuto ragionevole, perché egli si muova intorno a
sé stesso e quindi al suo vero sole.
La religione è soltanto il sole illusorio che si muove attorno all’uomo,
finché questi non si muove attorno a sé stesso”. “La critica della religione
porta alla dottrina secondo la quale l’uomo è per l’uomo l’essere supremo”.
L’uomo è Dio dell’uomo, e l’utopia del paradiso che la Rivoluzione creerà
sulla terra sostituisce la fede nella vita eterna: “la lotta effettivamente
rivoluzionaria della classe oppressa per creare il paradiso in terra é per noi
più importante dell’unita delle idee dei proletari sul paradiso in cielo”.
La religione è però insieme “espressione della miseria e protesta contro di
essa”. Marx, come poi Gramsci, distingue dunque:
1- una religione
“progressiva” (la “protesta contro la miseria”) che esprime utopisticamente, in
forma confusa e mitica, l’ugualitarismo rivoluzionario che solo il marxismo
esprimerà scientificamente. Questa “religione” va dunque “demistificata” e
“inverata”: il credente progressista, seguendo la sua stessa linea di pensiero,
va condotto coerentemente all’ateismo marxista;
2- una religione
“tradizionale” (“espressione della miseria”) che va totalmente sradicata e
distrutta.
B) Famiglia
1- La famiglia è una
sovrastruttura
La famiglia, come la religione e la proprietà, è per il comunismo una
realtà di storia e non di natura: quindi” che l’abolizione dell’economia
separata sia inseparabile dall’abolizione della famiglia è cosa che s’intenda
da sé”. Secondo Marx il comunismo finirà per introdurre “una forma superiore
del rapporto tra i due sessi” fondata sulla “composizione del personale operaio
combinato con individui d’ambo i sessi e delle età più differenti”.
2- L’origine della
famiglia
Secondo Engels (nella nota opera “l’origine della famiglia, della proprietà
privata e dello Stato”, fondata peraltro sugli studi dell’etnologo americano
Morgan, oggi caduti nel più completo discredito) la famiglia monogamica è nata
con la proprietà privata e col diritto del padre di trasmettere il capitale.
Nell’epoca primitiva l’orda originaria viveva non solo nel comunismo
primitivo, ma anche nella completa promiscuità sessuale. Soltanto
successivamente nella società di classi nata con la proprietà privata, nasce la
famiglia, dove la donna è vittima e l’uomo sfruttatore: anzi, c’è un rapporto
fra l’alienazione familiare e lo sfruttamento della classe oppressa, il
proletariato.
Il passaggio al comunismo comporterà dunque la “liberazione della donna”
mediante la soppressione della famiglia.
3- La soppressione
della famiglia
Secondo Engels il
comunismo sopprimerà “la duplice base dell’odierno matrimonio - la dipendenza
della donna dall’uomo e dei figli dai genitori”.
Le due soppressioni sono collegate: emancipare la donna per il marxismo
vuol dire emanciparla dal lavoro domestico e toglierle l’educazione dei figli,
che sarà effettuata dallo Stato socialista: “Col passaggio dei mezzi di
produzione in proprietà comune la famiglia singola cessa di essere l’unità
economica della società.
L’amministrazione domestica privata si trasforma in una industria sociale.
La cura e l’educazione dei fanciulli diventa un fatto di pubblico interesse; e
la società ha cura in eguale modo di tutti i fanciulli”.
Tutto questo dovrebbe portare all’abolizione del matrimonio e al libero
amore: ‘‘I rapporti dei due sessi diventeranno rapporti del tutto privati che
riguardano soltanto le persone direttamente interessate e nei quali la società
non avrà minimamente di che immischiarsi”.
In pratica nell’Unione Sovietica ci sono stati atteggiamenti diversi:
1ª tappa:
tentativo di distruggere il vecchio tipo di matrimonio: introduzione
immediata del divorzio e, per la prima volta nella storia, dell’aborto (1°
dicembre 1917), negazione della validità del matrimonio religioso (20 dicembre
1917), nuovo diritto di famiglia (settembre 1918);
2ª tappa:
Codice del 1926 (in vigore dal 1° gennaio 1927): viene riconosciuto il
“matrimonio non registrato”, cioè l’unione libera, accanto al matrimonio
registrato.È il momento del
libero amore: in Russia viene accolto con entusiasmo Wilhelm Reich, fondatore
nel 1931 dell’organizzazione SEXPOL e teorica di un incontro tra Marx e Freud
nella teoria della funzione rivoluzionaria del libero orgasmo (molte sue teorie
sono state riprese da H. Marcuse); la promiscuità sessuale viene incoraggiata;
3ª tappa:
di fronte alle necessità, industriali e belliche poi, i capi dell’Unione
Sovietica sentono il bisogno di una certa integrità psico-fisica della
popolazione e decidono di arrestare il processo dissolutivo del “libero amore”.
Le “unioni libere” vengono scoraggiate; si viene - in un certo senso - a
patti con la natura: ma ‘‘l’abolizione del matrimonio”, anche se non ancora
tecnicamente possibile, resta il fine della società conquista.
C) proprietà
“I comunisti possono riassumere la loro dottrina in questa unica
espressione: abolizione della proprietà privata”.
Anche la proprietà privata è per il marxismo una realtà storica e non
naturale; per Engels sono esistite diverse forme di proprietà che corrispondono
ai diversi stadi di sviluppo della divisione del lavoro: la proprietà della
tribù, la proprietà della città antica, la proprietà feudale, infine la
proprietà privata basata sul capitale e sull’industria moderna.
La proprietà privata è per Marx conseguenza del lavoro alienato e, nello
stesso tempo, mezzo in cui il lavoro si aliena.
La proprietà è la tesi di cui la classe operaia è l’antitesi: producendo il
proletariato, la proprietà ha segnato la sua fine. La Rivoluzione sarà un atto
di appropriazione, l’abolizione di ogni proprietà.
“La proprietà privata dovrà essere abolita e sostituita dall’uso in comune
di tutti i mezzi di produzione e dalla distribuzione di tutti i prodotti
secondo un’intesa generale, cioè dalla comunanza dei beni. L’abolizione della
proprietà privata é anzi la più significativa sintesi della trasformazione
dell’intero ordinamento sociale, come necessariamente deriva dallo sviluppo
dell’industria, ed è quindi a ragione messa innanzi dai comunisti quale
rivendicazione principale”.
È importante notare che secondo Engels l’abolizione della Proprietà
privata “non potrà essere effettuata in un colpo solo” ma “solo gradatamente”,
mediante varie tappe, tra cui: “limitazione della proprietà privata per mezzo
d’imposte progressive, imposte sull’eredità, ecc. graduale espropriazione della
proprietà fondiaria, dei proprietari di fabbriche e di ferrovie e degli
armatori di navi, accentramento del credito nelle mani dello Stato per mezzo di
una banca nazionale con capitale di stato e soppressione di tutte le banche
private... concentrazione dei mezzi di trasporto sotto il controllo dello
Stato.
Queste misure non possono, naturalmente essere adottate tutte in una volta.
Ma l’una trarrà con sé l’altra. Appena dato il primo radicale assalto alla proprietà
privata, il proletariato si vedrà costretto ad andare più avanti ed a
concentrare sempre di più il capitale, tutta l’industria, tutti i mezzi di
comunicazione e di scambio nelle mani dello Stato”.
Nella prassi degli attuali partiti comunisti queste tappe non iniziano
necessariamente nel momento in cui il comunismo va al potere ma già prima,
costringendo i governi non comunisti a una “politica di riforme” che attacchi
la proprietà con pressioni fiscali, nazionalizzazioni, ecc.
Negando la religione, la famiglia e la proprietà, il comunismo nega le
istituzioni naturali. Il comunismo si definisce come negazione dell’ordine
naturale, riflesso a sua volta di una legge naturale che ha in Dio il suo
autore, e si qualifica dunque come una delle manifestazioni storiche di quel
rifiuto che la società moderna opera di Dio.
Rifiuto che definiamo Rivoluzione, caricando questo termine di una valenza
e non di affermazione.
La negazione di Dio comporta immediatamente la negazione dell’essere, che
il marxismo vorrebbe dissolvere nel movimento e nel divenire. Il comunismo,
così, si presenta necessariamente te come Rivoluzione permanente.