lunedì 4 febbraio 2013

Il comunismo nega la religione, la famiglia, la proprietà




A) Religione
Il marxismo, presentandosi come materialismo e negando quindi l’esistenza di Dio, nega di conseguenza la religione come rapporto necessario che lega, attraverso il rito, l’uomo a Dio. La religione è una sovrastruttura: “L’uomo fa la religione e non la religione l’uomo... (la religione) è la realizzazione fantastica dell’essenza umana”, “essa è l’oppio del popolo”.
“La religione -aggiunge Lenin- è una specie di acquavite spirituale, nella quale gli schiavi del capitale annegano la loro personalità umana e le loro rivendicazioni di una vita in qualche misura degna di uomini”. Secondo la Grande Enciclopedia Sovietica, la religione “è antisocialista per definizione, costituendo il prodotto dell’impotenza e dell’ignoranza: è l’oppio del popolo, secondo quell’affermazione di Marx che Lenin definì la base della dottrina marxista in materia”.
La religione è dunque un male sociale che la rivoluzione comunista deve combattere: “la nostra propaganda comprende necessariamente anche la propaganda dell’ateismo”.
Secondo l’art. 124 della Costituzione Sovietica: “La libertà di culto e la libertà di propaganda antireligiosa sono riconosciute per tutti i cittadini”. Di fatto la propaganda religiosa e l’insegnamento religioso sono proibiti, mentre è favorita e incrementata la propaganda ateistica e antireligiosa.
In realtà, come ogni forma di pensiero rivoluzionario, il marxismo vuole sostituire il culto dell’uomo al culto di Dio: “La critica della religione disinganna l’uomo affinché egli consideri, plasmi e raffiguri la sua realtà come un uomo disincantato, divenuto ragionevole, perché egli si muova intorno a sé stesso e quindi al suo vero sole.
La religione è soltanto il sole illusorio che si muove attorno all’uomo, finché questi non si muove attorno a sé stesso”. “La critica della religione porta alla dottrina secondo la quale l’uomo è per l’uomo l’essere supremo”.
L’uomo è Dio dell’uomo, e l’utopia del paradiso che la Rivoluzione creerà sulla terra sostituisce la fede nella vita eterna: “la lotta effettivamente rivoluzionaria della classe oppressa per creare il paradiso in terra é per noi più importante dell’unita delle idee dei proletari sul paradiso in cielo”.
La religione è però insieme “espressione della miseria e protesta contro di essa”. Marx, come poi Gramsci, distingue dunque:
1- una religione “progressiva” (la “protesta contro la miseria”) che esprime utopisticamente, in forma confusa e mitica, l’ugualitarismo rivoluzionario che solo il marxismo esprimerà scientificamente. Questa “religione” va dunque “demistificata” e “inverata”: il credente progressista, seguendo la sua stessa linea di pensiero, va condotto coerentemente all’ateismo marxista;
2- una religione “tradizionale” (“espressione della miseria”) che va totalmente sradicata e distrutta.
B) Famiglia
1- La famiglia è una sovrastruttura
La famiglia, come la religione e la proprietà, è per il comunismo una realtà di storia e non di natura: quindi” che l’abolizione dell’economia separata sia inseparabile dall’abolizione della famiglia è cosa che s’intenda da sé”. Secondo Marx il comunismo finirà per introdurre “una forma superiore del rapporto tra i due sessi” fondata sulla “composizione del personale operaio combinato con individui d’ambo i sessi e delle età più differenti”.
2- L’origine della famiglia
Secondo Engels (nella nota opera “l’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”, fondata peraltro sugli studi dell’etnologo americano Morgan, oggi caduti nel più completo discredito) la famiglia monogamica è nata con la proprietà privata e col diritto del padre di trasmettere il capitale.
Nell’epoca primitiva l’orda originaria viveva non solo nel comunismo primitivo, ma anche nella completa promiscuità sessuale. Soltanto successivamente nella società di classi nata con la proprietà privata, nasce la famiglia, dove la donna è vittima e l’uomo sfruttatore: anzi, c’è un rapporto fra l’alienazione familiare e lo sfruttamento della classe oppressa, il proletariato.
Il passaggio al comunismo comporterà dunque la “liberazione della donna” mediante la soppressione della famiglia.
3- La soppressione della famiglia
Secondo Engels il comunismo sopprimerà “la duplice base dell’odierno matrimonio - la dipendenza della donna dall’uomo e dei figli dai genitori”.
Le due soppressioni sono collegate: emancipare la donna per il marxismo vuol dire emanciparla dal lavoro domestico e toglierle l’educazione dei figli, che sarà effettuata dallo Stato socialista: “Col passaggio dei mezzi di produzione in proprietà comune la famiglia singola cessa di essere l’unità economica della società.
L’amministrazione domestica privata si trasforma in una industria sociale. La cura e l’educazione dei fanciulli diventa un fatto di pubblico interesse; e la società ha cura in eguale modo di tutti i fanciulli”.
Tutto questo dovrebbe portare all’abolizione del matrimonio e al libero amore: ‘‘I rapporti dei due sessi diventeranno rapporti del tutto privati che riguardano soltanto le persone direttamente interessate e nei quali la società non avrà minimamente di che immischiarsi”.
In pratica nell’Unione Sovietica ci sono stati atteggiamenti diversi:
1ª tappa:
tentativo di distruggere il vecchio tipo di matrimonio: introduzione immediata del divorzio e, per la prima volta nella storia, dell’aborto (1° dicembre 1917), negazione della validità del matrimonio religioso (20 dicembre 1917), nuovo diritto di famiglia (settembre 1918);
2ª tappa:
Codice del 1926 (in vigore dal 1° gennaio 1927): viene riconosciuto il “matrimonio non registrato”, cioè l’unione libera, accanto al matrimonio registrato.È il momento del libero amore: in Russia viene accolto con entusiasmo Wilhelm Reich, fondatore nel 1931 dell’organizzazione SEXPOL e teorica di un incontro tra Marx e Freud nella teoria della funzione rivoluzionaria del libero orgasmo (molte sue teorie sono state riprese da H. Marcuse); la promiscuità sessuale viene incoraggiata;
3ª tappa:
di fronte alle necessità, industriali e belliche poi, i capi dell’Unione Sovietica sentono il bisogno di una certa integrità psico-fisica della popolazione e decidono di arrestare il processo dissolutivo del “libero amore”.
Le “unioni libere” vengono scoraggiate; si viene - in un certo senso - a patti con la natura: ma ‘‘l’abolizione del matrimonio”, anche se non ancora tecnicamente possibile, resta il fine della società conquista.
C) proprietà
“I comunisti possono riassumere la loro dottrina in questa unica espressione: abolizione della proprietà privata”.
Anche la proprietà privata è per il marxismo una realtà storica e non naturale; per Engels sono esistite diverse forme di proprietà che corrispondono ai diversi stadi di sviluppo della divisione del lavoro: la proprietà della tribù, la proprietà della città antica, la proprietà feudale, infine la proprietà privata basata sul capitale e sull’industria moderna.
La proprietà privata è per Marx conseguenza del lavoro alienato e, nello stesso tempo, mezzo in cui il lavoro si aliena.
La proprietà è la tesi di cui la classe operaia è l’antitesi: producendo il proletariato, la proprietà ha segnato la sua fine. La Rivoluzione sarà un atto di appropriazione, l’abolizione di ogni proprietà.
“La proprietà privata dovrà essere abolita e sostituita dall’uso in comune di tutti i mezzi di produzione e dalla distribuzione di tutti i prodotti secondo un’intesa generale, cioè dalla comunanza dei beni. L’abolizione della proprietà privata é anzi la più significativa sintesi della trasformazione dell’intero ordinamento sociale, come necessariamente deriva dallo sviluppo dell’industria, ed è quindi a ragione messa innanzi dai comunisti quale rivendicazione principale”.
È importante notare che secondo Engels l’abolizione della Proprietà privata “non potrà essere effettuata in un colpo solo” ma “solo gradatamente”, mediante varie tappe, tra cui: “limitazione della proprietà privata per mezzo d’imposte progressive, imposte sull’eredità, ecc. graduale espropriazione della proprietà fondiaria, dei proprietari di fabbriche e di ferrovie e degli armatori di navi, accentramento del credito nelle mani dello Stato per mezzo di una banca nazionale con capitale di stato e soppressione di tutte le banche private... concentrazione dei mezzi di trasporto sotto il controllo dello Stato.
Queste misure non possono, naturalmente essere adottate tutte in una volta. Ma l’una trarrà con sé l’altra. Appena dato il primo radicale assalto alla proprietà privata, il proletariato si vedrà costretto ad andare più avanti ed a concentrare sempre di più il capitale, tutta l’industria, tutti i mezzi di comunicazione e di scambio nelle mani dello Stato”.
Nella prassi degli attuali partiti comunisti queste tappe non iniziano necessariamente nel momento in cui il comunismo va al potere ma già prima, costringendo i governi non comunisti a una “politica di riforme” che attacchi la proprietà con pressioni fiscali, nazionalizzazioni, ecc.
Negando la religione, la famiglia e la proprietà, il comunismo nega le istituzioni naturali. Il comunismo si definisce come negazione dell’ordine naturale, riflesso a sua volta di una legge naturale che ha in Dio il suo autore, e si qualifica dunque come una delle manifestazioni storiche di quel rifiuto che la società moderna opera di Dio.
Rifiuto che definiamo Rivoluzione, caricando questo termine di una valenza e non di affermazione.
La negazione di Dio comporta immediatamente la negazione dell’essere, che il marxismo vorrebbe dissolvere nel movimento e nel divenire. Il comunismo, così, si presenta necessariamente te come Rivoluzione permanente.