giovedì 26 settembre 2019

HO ASSISTITO A UN ESORCISMO - Don Francesco Cupello


HO ASSISTITO A UN ESORCISMO
Don Francesco Cupello


E vengo finalmente al racconto della mia esperienza personale, che avevo annunciato più sopra. In verità si tratta solo di un caso, ma a me è servito molto per rendermi conto della serietà delle possessioni diaboliche e dell’estrema necessità di esorcismi ed esorcisti. E devo dire che ha anche rafforzato la mia fede, perché davanti a un vero esorcismo si fa una forte esperienza del soprannaturale. Paradossalmente, quindi, il demonio è l’entità che dimostra con più evidenza l’esistenza della SS. Ma Trinità, la potenza della vergine santissima e la difesa con il male per intervento dei Santi.
Un mio confratello un giorno mi chiese se potevo far celebrare un corso di Messe gregoriane richiesto da una persona lontana da Roma e dalla regione Lazio. Io rimasi meravigliato che tale richiesta venisse da lontano e obiettai che quella persona bastava che cercasse in qualche monastero o Istituto religioso nella sua regione e non  avrebbe trovato difficoltà a reperire un sacerdote disponibile. Ma quel mio confratello insistette, senza peraltro rispondere alle mie obiezioni. E la cosa mi lasciò un po’ interdetto. Dopo non molto tempo mi fu annunciato, non ricordo se da quel confratello o dalla stessa persona interessata, che quest’ultima sarebbe venuta a Roma per la sua richiesta. E una mattina venne in compagnia del fratello. Era un giovane sui 27 – 28 anni, ma che dimostrava di meno: molto fine nei modi, di statura medio-alta, magro, piuttosto timido, di ottima famiglia, come appresi dalle risposte che diede alle mie domande. Mi chiese delle Messe gregoriane e rispose alle mie obiezioni con molta sicurezza, portando come unica motivazione che non trovava sacerdoti disponibili. Me ne chiese tre corsi, tutti per suoi familiari defunti, nonni e zii. E senza batter ciglio mi mise sulla scrivania l’offerta di 1.050 euro. Abbiamo parlato ancora per un po’, poi improvvisamente quel giovane mi chiese, anzi mi implorò, se potevo fargli il grande favore di poter incontrare, anche molto brevemente, Padre Amorth. Capii finalmente il vero motivo che lo spingeva a Roma e fino a me, per far celebrare delle Messe. Naturalmente a lui non manifestai questo mio pensiero e mi limitai a dirgli che una richiesta così improvvisa, senza previo appuntamento, di un incontro con Padre Amorth era quasi impossibile da soddisfare, tanto più trattandosi di una persona non della Diocesi di Roma. Rimasi un po’ frastornato e poi, ripetendogli più volte che non gli promettevo nulla e che si disponesse a un molto probabile rifiuto, gli dissi che ci avrei provato.
“Aspettami qui (ero nel mio ufficio)” gli dissi, e andai a bussare alla camera di Padre Amorth. Gli spiegai la cosa e lo pregai vivamente di riceverlo. Dopo un po’ di tergiversazione, convinto che si trattasse solo di una richiesta di preghiere e di una benedizione, mi disse che se fosse venuto tra le 11:45 e mezzogiorno, avrebbe potuto brevemente incontrarlo. Andai subito a comunicare la cosa ai due fratelli, che si mostrarono molto contenti e pieni di gratitudine nei miei confronti. Li accompagnai nella stanza di Padre Amorth e ve li lasciai, dicendo loro di tornare nel mio ufficio dopo l’incontro. Puntualmente qualche minuto dopo mezzogiorno essi tornarono da me. Mi ringraziarono ancora, ci salutammo ed essi risalirono in macchina per riprendere la strada del ritorno. Il giovane mi sembrò molto tranquillo e sereno e ancora molto timido.
La sera, a refettorio, Padre Amorth mi si avvicinò e mi disse: “Compagnino! (lui usa spesso questo appellativo verso i suoi confratelli) Ma sai chi mi hai portato questa mattina?”.
“Si riferisce a quel giovane accompagnato dal fratello? Perché?”.
“Quello è un vero caso di possessione diabolica!”.
Rimasi sbalordito. Come?! Quel giovane così perbene, così timido …
La mia meraviglia era soprattutto al fatto che Padre Amorth, nei migliaia di casi trattati, ha sempre affermato di essersi incontrato raramente con quelli di vera  possessione diabolica.
“Ma come ha fatto ad accorgersene in così poco tempo?”.
“L’ho capito subito dalla reazione avuta non appena ho cominciato a pregare”.
“E cosa ha fatto poi lei?”.
“Ho subito interrotto l’esorcismo e ho fatto rientrare in sé il giovane, che era già andato in trance. E gli ho detto che il suo caso era molto serio e che lui aveva bisogno di molte “sedute”, che potevano andare avanti anche per anni e che quindi io non potevo fare nulla per lui e che si cercasse un esorcista nella sua Diocesi”.
Dopo diversi mesi quel giovane mi richiamò, supplicandomi di fissargli un incontro con Padre Amorth, al quale andai subito a riferire la cosa. “Digli che mi telefoni direttamente” mi disse. Così feci e poi non lo risentii più. Seppi in seguito, e precisamente nel terzo incontro di quel giovane con l’esorcista, che questi gli aveva fissato un appuntamento per un esorcismo e che quest’ultimo si svolse in modo piuttosto drammatico, con urla, bestemmie e rotolamenti sul pavimento e che, in precisione di ciò, Padre Amorth aveva convocato degli assistenti che lo aiutassero a tener fermo l’esorcizzato. Non ne seppi molto più. Senonché ancora di fissargli un incontro con Padre Amorth, dicendomi al contempo di trovarsi molto angosciato per la morte del babbo avvenuta tre mesi prima per un tumore assolutamente asintomatico e che quando fu diagnosticato era ormai nella fase terminale. Non seppi dirgli di no e lo raccomandai a Don Amorth, che si dimostrò disponibile e fissò l’appuntamento.
Questa volta – mi dissi – voglio partecipare anch’io all’esorcismo. Volevo rendermi conto di persona e osservare attentamente sia il giovane esorcizzando sia l’esorcista, per convincermi del tutto della soprannaturalità di certe manifestazioni e della potenza delle preghiere di liberazione della Chiesa.
Venuto il giorno dell’appuntamento, quel giovane, accompagnato dal fratello e dalla mamma, venne prima nel mio ufficio. Lo trovai molto appesantito rispetto alla prima volta che lo vidi e notai nei suoi occhi una certa inquietudine. Era molto diverso da come lo ricordavo, anche se sempre piuttosto timido. Parlammo un po’ della situazione familiare e della morte del babbo, che li aveva lasciati tutti molto scossi e ancora molto sofferenti. Mi chiesero anche questa volta se potevo far celebrare tre corsi di Messe gregoriane e mi lasciarono la corrispondente offerta di 1.050 Euro. Allora per l’esorcismo, l’accompagnai nella stanza adibita allo scopo e lì attendemmo l’arrivo di Padre Amorth, che salutò tutti affabilmente e anche allegramente. Vennero altre persone chiamate da D. Amorth per l’aiuto necessario in casi come quello. Il giovane fu fatto sedere sulla solita poltrona-sdraiato; Padre Amorth era alla sua sinistra e alla sua destra c’era il fratello. Davanti c’era un robusto signore con il compito di tenere fermo l’esorcizzando e c’erano pronte altre due persone allo stesso scopo. Io mi sedetti presso il tavolo al centro della stanza, onde essere comodo a prendere degli appunti.
Padre Amorth inizia aspergendo con l’acqua benedetta tutti i presenti e invitandoli a recitare insieme delle preghiere. Poi mette in mano al giovane esorcizzando un crocifisso che lui afferra senza mostrare alcuna ripulsa.
L’esorcista indossa la stola viola, ponendone un lembo sulle spalle del giovane e iniziando a recitare le formule di esorcismo tenendogli una mano sul capo. La prima preghiera è a S. Michele Arcangelo. Roberto (chiamerò così d’ora in poi quel giovane) comincia ad agitare la testa e volgendo poi la faccia verso l’esorcista con due occhi diventati improvvisamente terribili e pieni di odio, ansima e ringhia.
“Chi sei?” gli domanda imperiosamente Padre Amorth.
E Roberto, con una voce non sua e impressionante, gli dice:”il mio nome è Mefisto” (così ho capito io).
“Sei solo?”.
“Siamo moltissimi e sono tutti a mia disposizione”.
“Quanti siete? Dimmi il numero!”.
“Tantissimi”.
“Quanti? Voglio sapere il numero!”.
Roberto mugugna con uno stranissimo suono gutturale.
Padre Amorth insiste: “Quanti siete? Asino! Non sai contare?”.
Lui ripete di chiamarsi Mefisto, ma non risponde all’esorcista, limitandosi a fare versi, smorfie e mugugni. Poi con voce più alterata (Non sua) e piena di odio dice all’esorcista, fissandolo con occhi terribili: “ Non mi toccare!”. E Padre Amorth imperiosamente: “Recede! Recede! In nomine Patris … intercedente beata Dei Genitrice Virgine Maria …”.
C’è un momento di calma, ma poi improvvisamente Roberto si rivolge all’esorcista, insultandolo con parole volgari, oscene e coprolaliche: “Pezzo di m … che c … vuoi? Sei un pezzo di m … bastardo! Fatti i c … tuoi!”. E lo ripete più volte, ringhiando mentre l’esorcista gli domanda se ha agito durante messe nere, riti satanici, macumba, woodoo e altro.
Roberto reagisce con parolacce e ringhia: “Come fai a sapere queste cose? Figlio di p …!”.
L’esorcista insiste nell’elencare tutte le possibili cause della possessione, chiedendo quale di quelle ne fosse all’origine. Roberto alterna momenti di calma ad altri di agitazione, ma sempre con la testa rivolta all’esorcista e con gli occhi torvi e pieni di odio, con scariche di insulti volgari: “Come c … conosci la lingua latina? Maledetto str …, fai schifo! Str … maledetto!”.
Roberto comincia a fare versacci con la bocca e a ripetere a raffica: “Vaffanc … !”.
Padre Amorth invoca Maria Santissima che gli schiacci il capo. Roberto continua a insultare. “Esci!” gli intima l’esorcista con tono perentorio. Roberto a questo punto si scuote ed è preso da un forte tremore a questo punto si scuote tutto ed è preso da un forte tremore. Il fratello e un altro assistente cercano di tenerlo fermo.
“Chiudi la bocca!” dice l’esorcista. Tu emetti una energia molto fastidiosa per me.
Padre Amorth continua la formula di esorcismo in latino.
Credo che usi il vecchio rituale, perché lo ritiene più adatto, più efficace e più temuto dal demonio.
“Taci, pezzo di m …! Obbedisci!”.
“Sanctus, Sanctus, Sancutus …”.
“Maledictus””.
Roberto si scuote in tutto il corpo. E Padre Amorth: “Recede! In nomine Jesu … Durum est tibi recalcitare …”.
Roberto fa le corna e dice delle oscenità verso l’esorcista, che gli intima: “Stai zitto!”. E ripete per te volte una pittoresca espressione di San Francesco rivolta al diavolo, come scritto nei Fioretti.
“Come osi schifoso?”.
“Recede!”.
“Gran figlio di p … ! Tu emani una energia molto fastidiosa per me! Voglio rimanere qui e ti devo uccidere.
Non devi più vivere, perché tu dai fastidio a tutto l’inferno! Devi morire! Ci dai troppo fastidio! Questo giovane deve morire!”.
E qui Roberto comincia a bestemmiare in continuazione. L’esorcista insiste con la preghiera, mentre Roberto non fa che bestemmiare con voce alterata e cattiva e scuotendosi tutto.
“Toglimi le mani dalla testa e dagli occhi! Lo Spirito Santo non lo devi nominare!”.
Padre Amorth torna a domandare: “Qual è il tuo nome?”.
“Mefistofele” (mi sembra di aver capito).
“Ti ha fissato Dio il giorno in cui devi uscire?”.
“Ci siamo già conosciuti io e te!”.
“Vi ho sempre vinto tutti. Vattene, che non vali una cicca!”.
Roberto tira fuori la lingua, puntandola contro l’esorcista con un fare tra quello di un bambino che fa le linguacce e quello di chi sfida e di chi provoca una bestia feroce chiusa in gabbia. Un ultimo scuotimento e tremolio di tutto il corpo e poi Roberto rimane immobile in silenzio a testa in giù. Padre Amorth lo asperge con l’acqua benedetta. “Via!” gli dice, ma lui rimane immobile. Allora recita l’Ave Maria con tutti i presenti e poi gli dà dei colpetti in fronte con il palmo della mano e gli dice:”Sveglia!”.
Roberto rimane ancora qualche momento a testa in giù e poi si guarda attorno e il suo volto tutto arrossato assume un’espressione tranquilla, anche se di persona stanca come dopo una corsa o un forte stress emotivo. Ci alziamo tutti e ognuno esce dalla stanza, mentre Padre Amorth, in assenza del suo solito aiutante, si preoccupa di chiudere a chiave le due porte di ingresso, tranquillo e sereno come di chi abbia fatto la cosa più normale di questo mondo e saluta affabilmente Roberto, la di lui mamma e il fratello.
Io mi avvicino a questi ultimi e li invito a pranzo nel refettorio della comunità, essendosi ormai fatto quasi mezzogiorno e mezzo. Essi accettano e con molta tranquillità pranzano insieme alla comunità paolina. Roberto non mostra molto appetito, e infatti mangia poco. Dopo pranzo li saluto, promettendo che mi sarei interessato a cercare un esorcista per Roberto, che mi dice che mi avrebbe telefonato entro una settimana per sapere se lo avevo trovato. E a riguardo devo dire che molto casualmente ne troverai uno proprio in quella settimana e proprio nella stessa regione e località di Roberto, che puntualmente esorcista, che si mostrò subito disponibile messo sull’avviso che si trattava di un caso di vera possessione diabolica e che quindi si tenesse pronto a tutto e predisponesse quanto necessario per un esorcismo nella massima sicurezza.
Mentre scrivo non so come siano andate le cose, perché non ho ancora ricevuto telefonate né da Roberto, né dall’esorcista. Comunque quel che mi preme dire, soprattutto in risposta a quanti minimizzano certi fatti o li riducono a semplici fenomeni psichici o psichiatrici, che bisogna essere proprio ciechi e sordi per negare l’evidenza della preternaturalità di tali manifestazioni.

Dal libro: E’ lui a far paura al demonio – P. Amorth