lunedì 4 febbraio 2013

Esoterismo, occultismo e spiritismo su Italia 1




Esoterismo, occultismo e spiritismo su Italia 1
In un mondo in cui l'esoterismo e la magia sono ritornati di gran moda ed interesse, c'è chi cavalca l'onda e non si lascia sfuggire l'occasione per fare successo senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze spirituali per gli altri. Accanto allo spazio sempre maggiore che nelle librerie è dedicato all'esoterismo (a scapito dei pochi scaffali per i libri religiosi, comunque mescolati a molti testi anti-cattolici), c'è il caso della trasmissione televisiva di Italia Uno chiamata "Mistero".
Il programma ha assunto nel corso degli anni connotati sempre più esoterici ed occultistici, per arrivare in questa ultima edizione ad episodi veramente inquietanti. Se all'inizio si limitava ad analizzare strani casi irrisolti o fenomeni particolari, adesso si è passati a dimostrazioni pratiche su come effettuare le sedute spiritiche, come entrare in contatto con i defunti, come eseguire un rituale di magia sessuale ecc., promuovendo la diffusione di malsane dottrine grazie agli "eminenti personaggi" intervistati che si cimentano nei loro insegnamenti. A tal riguardo è opportuno segnalare che in questa edizione è presente una famosa spiritista brasiliana avente il ruolo di indagare sul mondo dei morti e sulla comunicazione con gli spiriti.
Ad essa si aggiunge lo strano personaggio mascherato che si fa chiamare "Adan Kadmon" che con le sue teorie complottiste e le sua dottrina esoterica marcatamente anti-cattolica, affascina molte persone che ingenuamente finiscono per credere nei suoi insegnamenti.
I conduttori stessi del programma passano con disinvoltura ad intervistare un medium dopo aver sentito l'opinione di un prete, affiancando perciò concetti totalmente inconciliabili e creando un vero e proprio miscuglio in perfetto stile esoterico. Dopotutto oggi è di moda mettere in dubbio tutto, non accettare più alcun dogma rivelato e credere in tutto ciò che ci piace o ci sembra più comodo.
Vista la pericolosità intrinseca di molti servizi e filmati (che in molti casi costituiscono dei veri e propri video-manuali di magia, spiritismo ed occultismo) è bene astenersi dal visionare tali contenuti anche solo per curiosità.
Prendendo atto di ciò, ogni cristiano ha il dovere morale e religioso di tenersi alla larga da questa trasmissione e di invitare tutti a fare lo stesso. L'interresse per ciò che è misterioso ed occulto è infatti crescente e se non mettiamo un freno a questo trend le conseguenze potrebbero essere molto gravi per tutti.

Il comunismo nega la religione, la famiglia, la proprietà




A) Religione
Il marxismo, presentandosi come materialismo e negando quindi l’esistenza di Dio, nega di conseguenza la religione come rapporto necessario che lega, attraverso il rito, l’uomo a Dio. La religione è una sovrastruttura: “L’uomo fa la religione e non la religione l’uomo... (la religione) è la realizzazione fantastica dell’essenza umana”, “essa è l’oppio del popolo”.
“La religione -aggiunge Lenin- è una specie di acquavite spirituale, nella quale gli schiavi del capitale annegano la loro personalità umana e le loro rivendicazioni di una vita in qualche misura degna di uomini”. Secondo la Grande Enciclopedia Sovietica, la religione “è antisocialista per definizione, costituendo il prodotto dell’impotenza e dell’ignoranza: è l’oppio del popolo, secondo quell’affermazione di Marx che Lenin definì la base della dottrina marxista in materia”.
La religione è dunque un male sociale che la rivoluzione comunista deve combattere: “la nostra propaganda comprende necessariamente anche la propaganda dell’ateismo”.
Secondo l’art. 124 della Costituzione Sovietica: “La libertà di culto e la libertà di propaganda antireligiosa sono riconosciute per tutti i cittadini”. Di fatto la propaganda religiosa e l’insegnamento religioso sono proibiti, mentre è favorita e incrementata la propaganda ateistica e antireligiosa.
In realtà, come ogni forma di pensiero rivoluzionario, il marxismo vuole sostituire il culto dell’uomo al culto di Dio: “La critica della religione disinganna l’uomo affinché egli consideri, plasmi e raffiguri la sua realtà come un uomo disincantato, divenuto ragionevole, perché egli si muova intorno a sé stesso e quindi al suo vero sole.
La religione è soltanto il sole illusorio che si muove attorno all’uomo, finché questi non si muove attorno a sé stesso”. “La critica della religione porta alla dottrina secondo la quale l’uomo è per l’uomo l’essere supremo”.
L’uomo è Dio dell’uomo, e l’utopia del paradiso che la Rivoluzione creerà sulla terra sostituisce la fede nella vita eterna: “la lotta effettivamente rivoluzionaria della classe oppressa per creare il paradiso in terra é per noi più importante dell’unita delle idee dei proletari sul paradiso in cielo”.
La religione è però insieme “espressione della miseria e protesta contro di essa”. Marx, come poi Gramsci, distingue dunque:
1- una religione “progressiva” (la “protesta contro la miseria”) che esprime utopisticamente, in forma confusa e mitica, l’ugualitarismo rivoluzionario che solo il marxismo esprimerà scientificamente. Questa “religione” va dunque “demistificata” e “inverata”: il credente progressista, seguendo la sua stessa linea di pensiero, va condotto coerentemente all’ateismo marxista;
2- una religione “tradizionale” (“espressione della miseria”) che va totalmente sradicata e distrutta.
B) Famiglia
1- La famiglia è una sovrastruttura
La famiglia, come la religione e la proprietà, è per il comunismo una realtà di storia e non di natura: quindi” che l’abolizione dell’economia separata sia inseparabile dall’abolizione della famiglia è cosa che s’intenda da sé”. Secondo Marx il comunismo finirà per introdurre “una forma superiore del rapporto tra i due sessi” fondata sulla “composizione del personale operaio combinato con individui d’ambo i sessi e delle età più differenti”.
2- L’origine della famiglia
Secondo Engels (nella nota opera “l’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”, fondata peraltro sugli studi dell’etnologo americano Morgan, oggi caduti nel più completo discredito) la famiglia monogamica è nata con la proprietà privata e col diritto del padre di trasmettere il capitale.
Nell’epoca primitiva l’orda originaria viveva non solo nel comunismo primitivo, ma anche nella completa promiscuità sessuale. Soltanto successivamente nella società di classi nata con la proprietà privata, nasce la famiglia, dove la donna è vittima e l’uomo sfruttatore: anzi, c’è un rapporto fra l’alienazione familiare e lo sfruttamento della classe oppressa, il proletariato.
Il passaggio al comunismo comporterà dunque la “liberazione della donna” mediante la soppressione della famiglia.
3- La soppressione della famiglia
Secondo Engels il comunismo sopprimerà “la duplice base dell’odierno matrimonio - la dipendenza della donna dall’uomo e dei figli dai genitori”.
Le due soppressioni sono collegate: emancipare la donna per il marxismo vuol dire emanciparla dal lavoro domestico e toglierle l’educazione dei figli, che sarà effettuata dallo Stato socialista: “Col passaggio dei mezzi di produzione in proprietà comune la famiglia singola cessa di essere l’unità economica della società.
L’amministrazione domestica privata si trasforma in una industria sociale. La cura e l’educazione dei fanciulli diventa un fatto di pubblico interesse; e la società ha cura in eguale modo di tutti i fanciulli”.
Tutto questo dovrebbe portare all’abolizione del matrimonio e al libero amore: ‘‘I rapporti dei due sessi diventeranno rapporti del tutto privati che riguardano soltanto le persone direttamente interessate e nei quali la società non avrà minimamente di che immischiarsi”.
In pratica nell’Unione Sovietica ci sono stati atteggiamenti diversi:
1ª tappa:
tentativo di distruggere il vecchio tipo di matrimonio: introduzione immediata del divorzio e, per la prima volta nella storia, dell’aborto (1° dicembre 1917), negazione della validità del matrimonio religioso (20 dicembre 1917), nuovo diritto di famiglia (settembre 1918);
2ª tappa:
Codice del 1926 (in vigore dal 1° gennaio 1927): viene riconosciuto il “matrimonio non registrato”, cioè l’unione libera, accanto al matrimonio registrato.È il momento del libero amore: in Russia viene accolto con entusiasmo Wilhelm Reich, fondatore nel 1931 dell’organizzazione SEXPOL e teorica di un incontro tra Marx e Freud nella teoria della funzione rivoluzionaria del libero orgasmo (molte sue teorie sono state riprese da H. Marcuse); la promiscuità sessuale viene incoraggiata;
3ª tappa:
di fronte alle necessità, industriali e belliche poi, i capi dell’Unione Sovietica sentono il bisogno di una certa integrità psico-fisica della popolazione e decidono di arrestare il processo dissolutivo del “libero amore”.
Le “unioni libere” vengono scoraggiate; si viene - in un certo senso - a patti con la natura: ma ‘‘l’abolizione del matrimonio”, anche se non ancora tecnicamente possibile, resta il fine della società conquista.
C) proprietà
“I comunisti possono riassumere la loro dottrina in questa unica espressione: abolizione della proprietà privata”.
Anche la proprietà privata è per il marxismo una realtà storica e non naturale; per Engels sono esistite diverse forme di proprietà che corrispondono ai diversi stadi di sviluppo della divisione del lavoro: la proprietà della tribù, la proprietà della città antica, la proprietà feudale, infine la proprietà privata basata sul capitale e sull’industria moderna.
La proprietà privata è per Marx conseguenza del lavoro alienato e, nello stesso tempo, mezzo in cui il lavoro si aliena.
La proprietà è la tesi di cui la classe operaia è l’antitesi: producendo il proletariato, la proprietà ha segnato la sua fine. La Rivoluzione sarà un atto di appropriazione, l’abolizione di ogni proprietà.
“La proprietà privata dovrà essere abolita e sostituita dall’uso in comune di tutti i mezzi di produzione e dalla distribuzione di tutti i prodotti secondo un’intesa generale, cioè dalla comunanza dei beni. L’abolizione della proprietà privata é anzi la più significativa sintesi della trasformazione dell’intero ordinamento sociale, come necessariamente deriva dallo sviluppo dell’industria, ed è quindi a ragione messa innanzi dai comunisti quale rivendicazione principale”.
È importante notare che secondo Engels l’abolizione della Proprietà privata “non potrà essere effettuata in un colpo solo” ma “solo gradatamente”, mediante varie tappe, tra cui: “limitazione della proprietà privata per mezzo d’imposte progressive, imposte sull’eredità, ecc. graduale espropriazione della proprietà fondiaria, dei proprietari di fabbriche e di ferrovie e degli armatori di navi, accentramento del credito nelle mani dello Stato per mezzo di una banca nazionale con capitale di stato e soppressione di tutte le banche private... concentrazione dei mezzi di trasporto sotto il controllo dello Stato.
Queste misure non possono, naturalmente essere adottate tutte in una volta. Ma l’una trarrà con sé l’altra. Appena dato il primo radicale assalto alla proprietà privata, il proletariato si vedrà costretto ad andare più avanti ed a concentrare sempre di più il capitale, tutta l’industria, tutti i mezzi di comunicazione e di scambio nelle mani dello Stato”.
Nella prassi degli attuali partiti comunisti queste tappe non iniziano necessariamente nel momento in cui il comunismo va al potere ma già prima, costringendo i governi non comunisti a una “politica di riforme” che attacchi la proprietà con pressioni fiscali, nazionalizzazioni, ecc.
Negando la religione, la famiglia e la proprietà, il comunismo nega le istituzioni naturali. Il comunismo si definisce come negazione dell’ordine naturale, riflesso a sua volta di una legge naturale che ha in Dio il suo autore, e si qualifica dunque come una delle manifestazioni storiche di quel rifiuto che la società moderna opera di Dio.
Rifiuto che definiamo Rivoluzione, caricando questo termine di una valenza e non di affermazione.
La negazione di Dio comporta immediatamente la negazione dell’essere, che il marxismo vorrebbe dissolvere nel movimento e nel divenire. Il comunismo, così, si presenta necessariamente te come Rivoluzione permanente.

I fidanzati



  
di Don Pasquale Casillo

Chi esclude intenzionalmente il matrimonio, o è malato di malattia venerea incurabile, o non ha il minimo sufficiente per fondare una famiglia non può intrattenere una relazione amorosa con persona di altro sesso, per non mancare di giustizia, di correttezza e di rispetto per le energie psico-fisiche proprie e altrui.
Chi può fidanzarsi non deve aver fretta, per non andare incontro prematuramente a pericoli, ma deve avviare il fidanzamento quando ha raggiunto condizioni biologiche chiaramente favorevoli, maturità di mente e di cuore, sicurezza di posizione economica e sociale (tra i 18-25 anni nella donna, tra i 25-30 anni nell’uomo), e quando ha la possibilità di sposarsi entro un tempo ragionevolmente breve (uno o due anni).
Chi vuole fidanzarsi deve esaminarsi attentamente per vedere se ha le doti di corpo e di anima indispensabili alla vita matrimoniale: Cesare Taparelli, marchese d’Azeglio, scrisse in un foglio l’elenco di tutti i difetti che si riconosceva e lo consegnò alla donna prescelta perché lo studiasse e decidesse se le conveniva sposare un uomo fatto in quel modo.



E deve domandarsi anche quali doti intende trovare nell’altra persona alla quale si dovrà unire per tutta la vita, cioè doti fisiche, psichiche e morali che si adattino al suo temperamento e permettano la necessaria compenetrazione in vista del reciproco perfezionamento nella vita coniugale e della generazione ed educazione dei figli. Federico Ozonam cercava la futura moglie così dotata: «che essa possieda solide virtù e buon cuore; che sia migliore di me in modo da elevarmi piuttosto che trascinarmi in basso; che sia risoluta perché io sono timoroso; che sia fervoroso perché io sono tiepido; che sia piena di comprensione così che io non abbia a sentire troppo fortemente in sua presenza la mia inferiorità».
Il candidato alle nozze deve avere soprattutto la dolce preoccupazione di prepararvisi religiosamente: Maurizio Lettour, diciottenne, fece voto a Dio di conservarsi pienamente fedele alla sua fidanzata, prima ancora di sapere chi essa fosse.
Quando i due partners hanno avviato la relazione con l’intento di sposarsi nel prossimo futuro, devono manifestare l’uno all’altro le proprie idee e i propri affetti su fatti e persone del passato, del presente e del futuro, specialmente sui problemi più importanti della vita. I fidanzati Maria Schiratti e Giuseppe Toniolo (oggi servo di Dio) si scrivevano lettere, e se ne conservano tuttora ottanta, non solo per scambiarsi pareri sulle vicende della società, ma anche per dichiararsi quali veramente erano nel loro intimo, non tacendosi né deficienze né inadempienze.
I due aspiranti al matrimonio debbono dirsi, obbligatoriamente se portano in sé malattie (nervose, psichiche, veneree) dannose a loro stesse e ai figli, o precedenti riferibili a ipotesi di nullità o probabile nullità del vincolo coniugale (impotenza), o realtà destinate ad essere prima o poi inevitabilmente scoperte (mancanza di verginità, gravidanza), o pessime abitudine (uso della droga, omosessualità), o gravissime controindicazioni di indole morali ( opposizione di convinzioni fondamentali, incompatibilità di usanze, insofferenza della vita a due).
Hanno il dovere di consultare molto per tempo il Sacerdote e qualche esperto richiesto da particolare bisogno (ginecologo, sessuologo, psicologo, psichiatra, avvocato,coppia già sposata) per chiedere illuminazioni e direttive sul comportamento da seguire specialmente se hanno dubbi sulla stabilità della salute o sulla normalità delle funzioni organiche o sulla regolarità dell’equilibrio psichico.
Debbono dirsi anche qual è la loro reciproca attrazione fisica e sessuale, perché possono unirsi solo se realizzano anche in questo campo una buona consonanza.
Se il fidanzato domanda alla comparte di dirgli sei stata sempre pura, questa dovrà rispondergli con sincerità se il non rispondergli può provocare a matrimonio concluso incomprensioni e recriminazioni; non è obbligata a confessare di aver perso la sua integrità se non è certa, e non deve accusarsi se si riferisce ad azioni compiute da bambina.
I due nubendi, perfettamente consapevoli della loro scelta, possono sposarsi anche contro il parere dei genitori, che però i due non possono disprezzare. Specialmente in questo caso hanno il dovere di lavorare seriamente per garantire la tranquillità materiale del loro futuro matrimonio.
Soprattutto devono sentirsi obbligati a nutrire il loro fidanzamento con la pratica della vita religiosa fatta in comunione, perché sia più devota e più abbondante. Soltanto a questo prezzo essi acquisteranno la coscienza della propria dignità di essere chiamati da Dio a perpetuare cristianamente il genere umano.
I fidanzati possono e debbono scambiarsi segni d’amore (sguardi, gesti, carezze, baci, abbracci) progressivamente più intensi in vicinanza del matrimonio, anche se si sollevassero moti carnali, purché i segni d’amore riguardino le parti del corpo non direttamente connesse con l’eccitazione fisica e siano non lunghi, non frequenti e non passionali; e purché i moti carnali siano respinti con la forza di quell’autocontrollo che gli innamorati devono mantenere nel darsi i segni d’amore.
Non peccano (però è pericoloso) quando pensano alle intimità e tenerezze che avranno lecite nel matrimonio, le desiderano e ne provano piacere, ma non possono lecitamente rappresentarsi come presente, il futuro rapporto genitale, non possono compiacersene e tanto meno permetterselo.
Il rapporto genitale tra fidanzati è ingiustificabile e dannoso.
Ingiustificato, perché, essendo massima concessione che uomo e donna si possono fare, non ha affatto nel fidanzamento, che è di sua natura provvisorio e incerto, quel massimo di sicurezza ( fisica, psichica, morale, religiosa, sociale,legale) che esige e merita: quella sicurezza che è intreccio di verità, fedeltà, continuità, definitività, totalità, garanzia, pubblicazione davanti alla società, riconoscimento dello Stato e della Chiesa; sicurezza che trova il suo massimo soltanto nel matrimonio uno e indissolubile.
Inoltre il rapporto genitale non può per nulla costituire la cosiddetta «prova d’amore» perché quando l’amore è vero non ha bisogno di essere sottoposto ad esperimento; anzi il rapporto genitale tra fidanzati costituisce inesorabilmente falsità, spersonalizzazione, irresponsabilità, banalizzazione: falsità, perché non contiene quello che mostra cioè la piena appartenenza dell’ un all’altro; spersonalizzazione, perché coarta e ricatta il compartecipe che non lo aveva richiesto; irresponsabilità, perché rifugge dai pubblici doveri naturali e legali che pur causa in tutti e due i fidanzati; banalizzazione, perché riceve un marchio di clandestinità, temporaneità, semplicismo, isolamento, gioco, consumazione furtiva del sesso.
Il rapporto genitale è proibito ai nubendi anche quando è creduto indispensabile per conservare l’amore messo in pericolo da mesi di separazione e di lontananza, anche quando si intende sperimentare una certa intesa di tipo coniugale, anche quando la celebrazione del matrimonio viene impedita per colpa d’altri o di circostanze, anche quando si dovrebbe accertare la possibilità di avere figli dal prossimo e certo matrimonio: insomma, è proibito sempre.
La morale cristiana non può essere accusata di eccessiva severità nei riguardi dei fidanzati. Essa è semplicemente lineare che impostazione della sua dottrina e logicamente coerente nelle sue prescrizioni. Ha in favore del suo principio anche il risultato dato dal fare ciò che essa proibisce: risultato negativo e tale riconosciuto anche da chi molto problemi non crede nella morale cristiana.
Dannoso, il rapporto genitale tra fidanzati perché disorienta la volontà, agita il cuore, turba la mente, calpesta la dignità della donna, disturba la professione, blocca l’amore, guasta la psiche, immette in situazioni difficilissime (impedimento alla reciproca separazione, aborto, abbandono del figlio extraconiugale, isolamento della razza madre, affrettato o coatto matrimonio riparatore), imprime un pessimo ricordo lungo tutta la vita nei fidanzati anche se si saranno poi lecitamente sposati, attira i castighi di Dio e della natura maltrattata.
Peggio ancora se il rapporto genitale avviene con i mezzi anticoncezionali che sono condannati dalla Chiesa, dalla scienza e dalla esperienza.
Eppure non è per nulla impossibile astenersi da esso se ci si difende con le forze, naturali e soprannaturali che sono alla portata di tutti, ossia la vigilanza, l’istruzione la compagnia dei migliori, la fuga dalle cattive occasioni e dall’ozio la preghiera, la frequenza ai Sacramenti, la devozione alla Madonna, l’esercizio delle opere buone, la rinuncia alle dolcezze che possono essere pericolose per la virtù della castità.
Se uno dei due innamorati cede al peccato, l’altro ha il dovere di aiutarlo a rimettersi nella buona condotta. Se hanno peccato entrambi si aiuteranno rispettivamente incoraggiandosi ad alimentare il pentimento del male commesso e il proposito di non ripeterlo e se trovano più difficile il resistere alle tentazioni in un fidanzamento previsto di lunga durata, hanno l’obbligo di affrettare le nozze, anche a costo di affrontare disagi materiali, e purché ci siano fondate speranze di buona riuscita del matrimonio.
Il fidanzamento non genera l’obbligo di contrattare matrimonio, ma uno dei nubendi non può sciogliere il fidanzamento già sancito a norma di legge umana e divina se non ha una giusta causa (l’elezione di uno stato più perfetto, una violazione commessa dall’altro contraente, un notevole cambiamento di situazione ecc.). chi rompe il fidanzamento senza una giusta causa è colpevole in linea morale e pertanto è tenuto a restituire i doni di grande valore ricevuti in vista del matrimonio e a risarcire l’altro dei danni che potesse avergli arrecato.
Il fatto della gravidanza non è un motivo valido perché i due contraggano matrimonio a tutti i costi, cioè anche quando non sono fatti l’uno per l’altro.
Al peccato commesso bisogna rimediare con altri mezzi suggeriti dall’attento esame delle circostanze.
Se la partner è stata violentata e deflorata, il fidanzato deve riparare o prendendola in moglie o dandole una dote conveniente.
Quando invece i due innamorati arrivano al matrimonio dopo avere adempiuto il dovere del fidanzamento, suggellano un buon passato e inaugurano un migliore avvenire.
Arrivati finalmente al momento dello sposalizio debbono essere coscienti, esprimendo il mutuo consenso davanti al Sacerdote e ai testimoni, di donarsi un Sacramento, essendo essi i ministri, e se lo devono dare in stato di Grazia, cioè senza peccato mortale sulla coscienza, altrimenti commettono un sacrilegio.
Non possono compiere il matrimonio civile né prima né dopo il matrimonio religioso. Se lo compiono, sia pur con il dichiarato proposito di celebrare in seguito il matrimonio religioso, sono ritenuti dalla Chiesa pubblici peccatori (concubini) se convivono come marito e moglie, e non possono ricevere i Sacramenti.