martedì 2 agosto 2011

Ma i cattolici di oggi conoscono la vera identità degli Angeli?



Ma i cattolici di oggi conoscono
la vera identità degli Angeli?


Per un cattolico essere devoto al proprio angelo custode e pure agli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele non è un fatto di infantilismo o di ingenuità ma, come ha detto Sant’Alfonso Maria De Liguori è un segno di predestinazione. Con   autorevoli parole il culto cattolico agli angeli è stato incoraggiato pure  dalla Congregazione Vaticana per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, che, nel Direttorio su pietà popolare e liturgia del 2002, riguardo alla devozione cattolica ai Santi Angeli di Dio afferma, al N°217, che la pietà popolare verso i Santi Angeli è legittima e salutare. Precedentemente, al N° 216, il Direttorio scrive le testuali parole: “Lungo i secoli i fedeli hanno tradotto in espressioni di pietà i convincimenti della fede riguardo al ministero degli Angeli: li hanno assunti come patroni di città e protettori di corporazioni; in loro onore hanno innalzato celebri santuari  come Mont-Saint-Michel in Normandia, San Michele della Chiusa in Piemonte e San Michele al Gargano in Puglia, e stabilito ... 
...  giorni festivi; hanno composto inni e pii esercizi. In particolare la pietà popolare ha sviluppato la devozione all’Angelo Custode. Già San Basilio Magno (330-379) insegnava che “ ogni fedele ha al proprio fianco un Angelo come protettore e pastore per condurlo alla vita”. Questa antica dottrina andò via via consolidandosi nei suoi fondamenti biblici e patristici, e diede origine a varie espressioni di pietà, fino a trovare in S. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) un grande maestro e un apostolo insigne della devozione agli Angeli Custodi. Per lui essi sono dimostrazione “ che il cielo non trascura nulla e che ci possa giovare” per cui ci mette” a fianco quelli spiriti celesti perché ci proteggano, ci istruiscano e ci guidino”. La devozione agli Angeli Custodi da  luogo anche a uno stile di vita caratterizzato da :
• devota gratitudine a Dio, che ha posto al servizio degli uomini spiriti di così grande santità e dignità;
• atteggiamento di compostezza e pietà suscitato dalla consapevolezza di essere costantemente alla presenza  dei Santi Angeli;
• serena fiducia nell’affrontare situazioni anche difficili, perché il Signore guida e assiste il fedele nella via della giustizia anche attraverso il ministero degli Angeli;
"Tra le preghiere all’Angelo Custode è particolarmente diffusa l’orazione Angele Dei, che presso molte famiglie fa parte delle preghiere del mattino e della sera e che, in molti luoghi, accompagna pure la recita dell’Angelus Domini”.
Da questo lungo brano della Congregazione abbiamo capito una cosa importante: da San Bernardo in poi devozione cristiana agli Angeli significa per lo più devozione all’Angelo Custode e per il resto vi è devozione verso l’Arcangelo San Michele di cui, come ha ricordato il documento vaticano, sono testimonianza del suo culto alcuni importanti santuari. Comunque nella Chiesa primitiva i primi Cristiani furono molto prudenti nel permettere il culto agli angeli, infatti la diffusa mentalità magico-pagana faceva correre facilmente il rischio di confondere gli Angeli che sono esseri intermedi tra Dio e il genere umano, come piccoli dei di un nuovo panteon cristiano. Inoltre a causa anche dello gnosticismo, che moltiplicava gli esseri spirituali e vedeva dovunque delle emanazioni della divinità, sfociando così in un lavato politeismo, i Padri della Chiesa, per evitare deviazioni e fraintendimenti dottrinali, tollerarono più che incentivare il culto agli Angeli. I primi cristiani temevano la cristoangelologia  che era ben radicata presso la setta degli Ebioniti che concepivano il Cristo come un Angelo superiore creato dal Padre. Già ai tempi di San Paolo (4) infatti vi erano alcuni eretici presenti nella comunità cristiana di Colossi che consideravano gli Angeli come dei veri e propri mediatori tra Dio e gli uomini, mettendo così in penombra l’opera redentrice di Gesù. Appena l’Apostolo delle genti venne a conoscenza di tale eresia, scrisse una Lettera ai Colossesi dove affermava decisamente la superiorità di Cristo sugli Angeli in quanto Gesù è il Figlio Unigenito del Padre, a differenza degli Angeli che sono stati creati “ da Lui e per Lui”.
In questo contesto storico si comprende esattamente il vero significato della frase paolina di Colossesi 2, 18-19: “Nessuno vi impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale, senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio”.
Nel 2° secolo d. C., San Ireneo (130-208) scrive, nel suo famoso trattato “Adversus Haereses”: “La Chiesa non fa alcunché né con invocazioni angeliche né con incanti né con alcuna prava curiosità, ma dirige in maniera pura e manifesta le sue orazioni al Signore che ha fatto ogni cosa”. In questo testo, San Ireneo combatte la teurgia cioè la magia bianca che gli gnostici utilizzavano unita alle invocazioni angeliche per ottenere prodigi, mentre il nostro apologeta afferma che i cristiani si rivolgono solamente a Dio da cui provengono gli autentici miracoli.
In un altro passo San Giustino, volendo dimostrare che i cristiani non sono atei, afferma che essi pregano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo insieme alle armate degli Angeli.
Dopo l’Editto di Costantino (313) e con il diminuire dell’influenza del Paganesimo sulle masse, la posizione ufficiale della Chiesa, nei riguardi della venerazione degli Angeli, divenne meno rigida e , a testimonianza di ciò, furono eretti numerosi santuari e chiese dedicate all’Arcangelo Michele e ai Santi Angeli di Dio.
Nel IV secolo San Eusebio di Cesarea, nella sua opera “Demonstratio evangelica”, così scrive: “Fra gli spiriti celesti, parecchi, grazie ad una salutare economia sono inviati agli uomini; noi abbiamo appreso a conoscerli e a venerarli in ragione della loro dignità e secondo il loro rango, pur riservando a Dio solo l’omaggio della nostra adorazione”.
Didimo Alessandrino, nel IV secolo, afferma che sorsero chiese consacrate a Dio sotto il nome degli Arcangeli. Nella sola città di Costantinopoli ben quindici chiese erano dedicate a San Michele.
Ad incrementare molto la devozione agli Angeli contribuirono i Longobardi, per cui ci fu un crescendo di tale culto finché, nel 787, il Concilio ecumenico di Nicea II raccomandò ai fedeli di venerare le immagini degli Angeli.
Con San Bernardo (sec. XII) si ha, della devozione per gli angeli, un particolare impulso. A riguardo degli Spiriti celesti, il Santo parla di:”Riverenza per la persona; devozione per la benevolenza; fiducia per la custodia”. San Bernardo poi, commentando in particolare il versetto 11 del Salmo 90: “Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi”, esorta vivamente alla venerazione agli Angeli affermando: “Queste parole quanta riverenza devono suscitare in te, quanta devozione recarti, quanta fiducia infonderti! Riverenza per la persona, devozione per la benevolenza, fiducia per la custodia, sono presenti, dunque, e sono presenti a te, non solo con te, ma anche per te. Sono presenti per proteggerti, sono presenti per giovarti”.
Per San Bonaventura da Bagnoregio (1221-1274), il cammino di maturazione della vita spirituale è un itinerario di incontro con gli Angeli, che porta all’unione con Dio Trinità.
Dal dodicesimo secolo si è diffusa, non a caso, la famosissima preghiera all’Angelo Custode, spesso indulgenziata dai Pontefici: “Angele Dei, qui custos es mei. Me tibi commissum pietate superna. Hodie illumina, custodi, rege et guberna. Amen”.
Nel Medioevo, i più grandi divulgatori della devozione agli Angeli furono i monaci benedettini (senso liturgico). In seguito anche i francescani contribuirono non poco. A tale riguardo ricordiamo San Bernardino da Siena (1380-1444) che, nelle “Prediche volgari” nel Campo di Siena, ci ha lasciato la testimonianza del suo continuo e vivacissimo riferirsi agli Angeli.
La Riforma protestante e la conseguente Controriforma cattolica non sono portatrici di innovazioni sulla dottrina sugli Angeli.
Ovviamente Martin Lutero (1483-1516) respinge il culto degli Angeli, come quello dei santi, nel contesto del rifiuto dì ogni culto che non sia l’adorazione resa a Dio e Calvino, concordando in ciò con Lutero, denuncia le aride speculazioni filosofiche che si allontanano dalla Sacra Scrittura, con le loro curiosità sul numero e sulla natura degli Angeli. Pur tuttavia Calvino, nel suo testo “Institutiones” , afferma che “la fede negli Angeli è sommamente necessaria per rifiutare molti errori“. Per il riformatore svizzero, gli Angeli costituiscono “una parte nobile e distinta” della creazione anche se “non bisogna cercare con le speculazioni di andare più in là di ciò che è conveniente, affinché i lettori non vengano deviati dalla semplicità della fede”.
E’ significativo della sostanziale convergenza di pensiero tra i Protestanti e Cattolici il fatto che, tra le tante tematiche affrontate dal Concilio di Trento (1545-1563), la questione degli Angeli non venga neppure accennata. Ma, a tre anni dalla fine del Concilio, nel 1566, viene redatto il “Catechismo del Concilio di Trento ad uso dei parroci”, dove qualche accenno agli Angeli viene fatto. Questi accenni, sebbene poggino totalmente su di una tradizione ormai avallata dal sentire popolare, quella della devozione all’Angelo Custode, confermandola, la incoraggiano e le permettono un respiro ancor più ampio. Agli Angeli espressamente il Catechismo tridentino riserva un solo paragrafo di poche righe, intitolato “De creatione angelorum”, che così recita: “Dio trasse dal nulla il mondo spirituale e gli angeli innumerevoli, perché gli fossero ministri assidui, arricchendoli poi con i doni ineffabili della sua grazia e del suo alto potere”.
E’ soprattutto nella quarta parte del Catechismo tridentino, quella dedicata all’orazione domenicale, che si parla più diffusamente degli Angeli e nei modi in cui sarà poi sviluppato la devozione agli Angeli: “Sembra opportuno dire qualcosa sulla custodia degli angeli, sotto la cui tutela si trovano gli uomini. Per volere divino è affidato agli Angeli il compito di custodire il genere umano, e di vegliare al fianco di ogni individuo, affinché non lo colpisca troppo grave danno. Come i genitori scelgono delle guide e dei sorveglianti per i figlioli che affrontano un viaggio per un sentiero pericoloso ed insidioso, così il Padre celeste, nella via che mena alla patria dei cieli, assegnò a ciascuno di noi degli Angeli, perché noi fiancheggiati dal loro solerte appoggio, evitassimo i tranelli tesi dal nemico, respingessimo i suoi temibili attacchi sotto la loro guida, non smarrissimo la retta strada e nessun inganno tramato dall’avversario insidioso, ci spingesse lungi dal cammino che mena al paradiso.
Quanto sia preziosa questa singolare cura e provvidenza di Dio per gli uomini, affidata al ministero degli Angeli, la cui natura appare intermedia fra quella di Dio e quella degli uomini, emerge dai copiosi esempi delle divine Scritture. Esse attestano come, spesso, per benigno volere di Dio, gli Angeli compirono gesta mirabili al cospetto degli uomini. Tali esempi ci fanno persuasi che innumerevoli atti del medesimo genere sono compiuti dagli Angeli, tutori della nostra salvezza, utilmente e beneficamente, per quanto fuori dalla percezione dei nostri occhi. L’angelo Raffaele, ad esempio, per volere divino unitosi quale compagno e guida nel viaggio a Tobia, lo condusse e ricondusse incolume (Tb. 5, 5). Lo salvò dalla voracità del pesce smisurato, mostrando poi tutte le virtù contenute nel fegato, nel fiele e nel cuore di esso (Tb. 6, 2). Cacciò il demonio, e, vincolatane la forza, fece sì che non nocesse a Tobia (Tb. 8, 3). Fu l’angelo Raffaele che ammaestrò Tobia sui doveri del matrimonio (Tb. 8, 4-16). Infine ridonò la vista al padre di Tobia (Tb. 11, 8-15). Similmente l’Angelo che liberò il Principe degli Apostoli, offre bene il destro per istruire il pio gregge circa i mirabili frutti della vigilanza e della custodia angelica. Potranno i Parroci evocare la figura dell’Angelo che scende a illuminare le tenebre del carcere, che desta Pietro dal sonno toccandolo al fianco, scioglie le catene, spezza i vincoli, impone di seguirlo, dopo avergli fatto prendere i calzari e gli indumenti; e ricordare come, dopo aver fatto uscire libero Pietro dal carcere in mezzo alle sentinelle, aprendo la porta, lo condusse in luogo sicuro (Atti 12). Numerosi sono gli esempi di questo genere, come abbiamo detto, che la Storia sacra registra”.
La devozione cattolica agli Angeli ha comunque il suo apogeo nei secoli XVI e XVII.

Lo storico dell’arte Emile Male, nel suo testo su “L’Arte religiosa del 600”, scrive: “E’ l’ultima gerarchia celeste, quella degli angeli, che detiene il primo posto nel pensiero e nell’arte cristiana. A Roma gli angeli sono ovunque: agli angoli delle strade le loro figure piene di grazia circondano l’immagine della Madonna davanti alla quale brucia una lampada; sul ponte Adriano reggono gli strumenti della Passione e le loro tuniche sembrano schioccare nel vento come bandiere, nella brezza del Tevere; nelle chiese scendono dalle volte per posarsi sui cornicioni; nei quadri invadono il cielo e non esiste scena evangelica nella quale non siano presenti. Nel XVII secolo le opere nelle quali non figurano sembrano quasi arcaiche”.
In quei secoli, uno dei gruppi promotori maggiori, per la diffusione della devozione agli Angeli, furono i Gesuiti.
E’ nota la venerazione che aveva per gli Angeli San Luigi Gonzaga (1568-1591), San Francesco Saverio, san Pietro Canisio, san Stanislao Kostka, così come il Beato Pierre Favre; il gesuita Pierre Coton pure fu un grande devoto come lo testimoniano le preghiere della sua “Occupazione interiore”, e tra i tanti gesuiti dell’epoca, apostoli della devozione angelica, voglio ricordare: Francesco Albertini, con il suo “Trattato dell’Angelo Custode” (Napoli 1612) e Jacques Hantin.
Dalla pubblicazione del “Trattato e pratica di devozione agli Angeli” di San Francesco Borgia (1510-1572), nel 1575, fino al 1650, ben 25 opere di devozione agli Angeli sono opere di autori gesuiti, senza contare l’importantissima opera del teologo gesuita Francisco Suarez (1548-1617), il “De Angelis”, che rappresenta la sintesi più completa di angelologia dell’età moderna e che, anche oggi, per il suo alto valore dottrinale andrebbe tradotta dal latino in un linguaggio corrente.
Comunque sia, il numero dei trattati scese enormemente tra la fine del XVII e lungo il XVIII secolo.
Sarà solo con l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, eredi del protestantesimo, che la devozione agli Angeli sarà come stoppata da un diffuso clima di incredulità religiosa, sempre più le statue degli Angeli nelle chiese e le Confraternite dedicate agli Spiriti celesti diminuiranno vertiginosamente, segno di una laicizzazione e di una secolarizzazione che ha come mira l’abolizione degli abitanti del cielo nella vita dei cittadini della terra. Anche nel XX secolo, subito dopo il Concilio Vaticano II con il diffondersi di una teologia ed un’esegesi liberale, pure all’interno della Chiesa cattolica si metterà sempre più in margine la devozione agli Angeli fino a che si arriva alla situazione odierna dove la gran parte dei testi sugli Angeli, presenti nelle librerie, sono purtroppo di matrice esoterica, occultistica, new age o cabalistica. Se si crea un vuoto nella teologia e nella pastorale cattolica immediatamente i nemici di Dio lo occupano con pseudo spiritualità da baraccone… Ma se questo avviene di chi è la colpa?
Don Marcello Stanzione