Raccomanda ai membri della Commissione Teologica Internazionale la contemplazione.
Il teologo si prostituisce quando, anziché cercare la verità, persegue gli applausi della “dittatura delle opinioni comuni”, ha spiegato Benedetto XVI questo venerdì ai membri della Commissione Teologica Internazionale.
Il Papa ha presieduto l’Eucaristia nella cappella “Redemptoris Mater” del Palazzo Apostolico Vaticano, insieme a teologi e teologhe -meno di trenta-, e ha rivolto loro un’omelia spontanea di commento alle letture liturgiche del giorno.
“Parlare per trovare applausi, parlare orientandosi a quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza alla dittatura delle opinione comuni, è considerato come una specie di prostituzione della parola e dell'anima”, ha detto citando il primo capitolo della prima lettera di San Pietro (versetto 22).
Si tratta di una forma di “castità”, ha affermato, che implica “non sottomettersi a questi standard, non cercare gli applausi, ma cercare l'obbedienza alla verità”.
“E penso che questa sia la virtù fondamentale del teologo – ha riconosciuto il Papa teologo –, questa disciplina anche dura dell'obbedienza alla verità che ci fa collaboratori della verità, bocca della verità, perché non parliamo noi in questo fiume di parole di oggi, ma realmente purificati e resi casti dall'obbedienza alla verità, la verità parli in noi. E possiamo così essere veramente portatori della verità”.
Ricordando un’espressione di uno dei teologi più grandi di tutti i tempi, San Tommaso d'Aquino (1221-1274), ha spiegato che “nella teologia Dio non è l'oggetto del quale parliamo. Questa è la nostra concezione normale. In realtà, Dio non è l'oggetto; Dio è il soggetto della teologia”.
“Chi parla nella teologia, il soggetto parlante, dovrebbe essere Dio stesso. E il nostro parlare e pensare dovrebbe solo servire perché possa essere ascoltato, possa trovare spazio nel mondo, il parlare di Dio, la Parola di Dio”.
Il Cardinale Joseph Ratzinger aveva nel suo stemma arcivescovile e cardinalizio il motto “Cooperatores Veritatis”. Esso rimane come sua aspirazione e programma personale, ma non compare nello stemma papale, secondo la comune tradizione degli stemmi dei Sommi Pontefici negli ultimi secoli.
Affinché i teologi possano raggiungere questa specie di purificazione, il Papa ha raccomandato “silenzio e contemplazione”, che “servono per conservare, nella dispersione della vita quotidiana, una permanente unione con Dio”.
“Questo è lo scopo: che nella nostra anima sia sempre presente l'unione con Dio e trasformi tutto il nostro essere”.
Silenzio e contemplazione, ha aggiunto, “servono per poter trovare nella dispersione di ogni giorno questa profonda, continua, unione con Dio”.
“Silenzio e contemplazione: la bella vocazione del teologo è parlare. Questa è la sua missione: nella loquacità del nostro tempo, e di altri tempi, nell’inflazione delle parole, rendere presenti le parole essenziali”.
“Nelle parole rendere presente la Parola, la Parola che viene da Dio, la Parola che è Dio”.