martedì 6 marzo 2012

Compendio di Teologia Ascetica e Mistica (1482-1488)


Compendio di Teologia Ascetica e Mistica (1482-1488)
Data: Domenica, 13 aprile @ 15:06:35 CEST
Argomento: Teologia: fondamentale, ascetica...
Di Adolfo Tanquerey. Parte seconda. Le Tre Vie. LIBRO III. Capitolo II. Appendice: il falso misticismo o quietismo. 1° Il quietismo di Molinos. 2° Il quietismo mitigato di Fenelon. 3° Tendenze semiquietiste.

APPENDICE: IL FALSO MISTICISMO O QUIETISMO.
1482.   Accanto ai veri mistici, di cui abbiamo ora esposta la dottrina, ci furono falsi mistici, che, sotto nomi diversi, pervertirono il concetto di stato passivo e caddero in errori dottrinali moralmente assai perniciosi: tali furono i Montanisti e i Begardi 1482-1. Ma l'errore più famigerato fu il Quietismo, che si presente sotto triplice forma:
·  1° il quietismo grossolano di Molinas;
·  2° il quietismo mitigato e spiritualizzato di Fénelon;
·  3° le tendenze semiquietiste.

1° IL QUIETISMO DI MOLINOS 1483-1.
1483.   Michele Molinos, nato nella Spagna nel 1640, passò la maggior parte della vita a Roma, ove disseminò i suoi errori con due opere che ebbero molto esito: La Guida spirituale e L'Orazione di quiete.
L'errore fondamentale di Molinos sta nell'affermare che la perfezione consiste nell'intiera passività dell'anima, in un atto continuo di contemplazione e di amore che, fatto che sia, dispensa da ogni altro atto e perfino dal resistere alle tentazioni; il suo motto è: lasciamo fare a Dio.
1484.   Perchè si colgano meglio tutte le particolarità di quest'errore, contrapporremo su due distinte colonne la dottrina cattolica e le aberrazioni di Molinos.
Dottrina cattolica.
Errori di Molinos.
1) Vi è uno stato passivo in cui Dio opera in noi colla grazia operante; ma normalmente non ci si arriva se non dopo aver lungamente praticato le virtù e la meditazione.
Non vi è che una via, la via interna o la via della contemplazione passiva, che ognuno può procurarsi da sè colla grazia comune; onde bisogna entrar subito nella via passiva e annientar così le proprie passioni.
2) L'atto della contemplazione non dura che poco tempo, sebbene lo stato che nell'anima ne risulta possa anche durare alcuni giorni.
L'atto della contemplazione può durare intieri anni e anche tutta la vita, perfino nel sonno, senza essere rinnovato.
3) La contemplazione contiene in modo eminente gli atti di tutte le cristiane virtù, ma non ci dispensa dal fare, fuori del tempo della contemplazione, atti espliciti di queste virtù.
La contemplazione, essendo perpetua, dispensa da tutti gli atti espliciti delle virtù, che servono solo per gl'incipienti, per esempio, gli atti di fede, di speranza, di religione, di mortificazione, la confessione, ecc.
4) L'oggetto principale della contemplazione è Dio stesso, ma Gesù ne è l'oggetto secondario, e fuori dell'atto contemplativo non si è dispensati dal pensare a Gesù Cristo, mediatore necessario, nè dall'andare a Dio per mezzo di lui.
È imperfezione pensare a Gesù Cristo e ai suoi misteri; è necessario e sufficiente inabissarsi nell'essenza divina: chi si serve di immagini o di idee non adora Dio in ispirito e verità.
5) Il santo abbandono è perfettissima virtù, ma non deve arrivare sino all'indifferenza riguardo alla salute eterna; che anzi bisogna desiderarla, sperarla e chiederla.
Nello stato di contemplazione bisogna essere indifferenti a tutto, anche alla propria santificazione e salvezza, e perdere la speranza, onde l'amore sia disinteressato.
6) Può avvenire nelle prove interiori che l'immaginazione e la sensibilità siano profondamente turbate mentre l'apice dell'anima gode pace profonda; ma la volontà è sempre obbligata a resistere alle tentazioni.
Non bisogna darsi pensiero di resistere alle tentazioni; le più oscene immaginazioni e gli atti che ne conseguono non sono riprovevoli, perchè opera del demonio. Sono prove passive che i Santi stessi esperimentarono e che bisogna guardarsi bene dal dire in confessione. Si giunge così alla purità perfetta e all'intima unione con Dio 1484-1.
L'esposizione che abbiamo fatto della vera dottrina cattolica ci dispensa dal confutare questi errori. Ma dalla storia del quietismo si può trarre la conclusione che, quando si vuole giungere troppo presto alla contemplazione e ingerirvisi da sè senza aver prima mortificate le passioni e praticate le cristiane virtù, si cade tanto più bassi quanto più alti si pretendeva salire: Chi vuol far da angelo finisce con diventar bestia.

2° IL QUIETISMO MITIGATO DI FÉNELON 1485-1.
1485.   Il quietismo di Molinos fu ripreso, sotto forma temperata e spoglio delle conseguenze immorali che l'autore ne aveva tratte, dalla Signora Guyon, che, rimasta vedova in giovane età, si diede con ardore a una pietà sentimentale e fantastica da lei detta la via dell'amor puro. Guadagnò presto alle sue idee il barnabita P. Lacombe e poi, fino a un certo punto, lo stesso Fénelon, che, nella Spiegazione delle massime dei santi sulla vita interiore, 1697, espose un quietismo mitigato, in cui si studiava di illustrare la dottrina del puro amore, "carità pura e senza mescolanza alcuna di motivo del proprio interesse".
Tutti gli errori contenuti in questo libro si possono, a giudizio di Bossuet, ridurre alle quattro seguenti proposizioni: 1) "Si dà in questa vita uno stato abituale di puro amore, in cui più non entra il desiderio della salute eterna. 2) Nell'ultime prove della vita interiore può un'anima essere persuasa, con persuasione invincibile e riflessa, di essere giustamente riprovata da Dio, e in questa persuasione fare a Dio il sacrificio assoluto dell'eterna sua felicità. 3) Nello stato del puro amore l'anima è indifferente alla propria perfezione e alla pratica delle virtù. 4) Le anime contemplative perdono, in certi stati, la visione distinta, sensibile e riflessa di Gesù Cristo" 1485-2...
1486.   È certo un quietismo assai meno pericoloso di quello di Molinos; ma le quattro proposizioni sono false e potrebbero condurre a funeste conseguenze.
1) È falso che ci sia sulla terra uno stato abituale di puro amore che escluda la speranza; perchè, come giustamente dice il 5° articolo d'Issy 1486-1, "ogni cristiano, in ogni stato, benchè non a ogni momento, è obbligato a volere, a desiderare, a esplicitamente chiedere l'eterna salute, come cosa che Dio vuole lui e vuole che vogliamo noi per la sua gloria". -- Di vero c'è che, nei perfetti, il desiderio della beatitudine è spesso regolato dalla carità e che ci sono momenti in cui non pensano esplicitamente all'eterna salute.
2) La seconda proposizione è pure falsa. Vi furono, è vero, Santi che nella parte inferiore dell'anima ebbero impressione vivissima di essere giustamente riprovati; ma non era persuasione riflessa della parte superiore; e se alcuni fecero il sacrifizio condizionato dell'eterna salute, non era però un sacrificio assoluto.
3) Non è neppure esatto il dire che l'anima, nello stato di puro amore, sia indifferente alla propria perfezione e alla pratica delle virtù; abbiamo invece visto che S. Teresa non cessa di raccomandare, anche nei più alti stati di perfezione, lo studio di progredire e di praticare le virtù fondamentali.
4) In fine è falso che negli stati perfetti si perda la vista distinta di Gesù Cristo. Nell'unione trasformativa, come s'è visto al n. 1472, S. Teresa aveva visioni della santa umanità di Gesù Cristo; di vero c'è che, in certi momenti passeggieri, non si pensa esplicitamente a lui.

3° TENDENZE SEMIQUIETISTE 1487-1.
1487.   In certi libri di pietà, per altro ottimi, s'incontrano talora tendenze più o meno quietiste, che, se fossero prese a norma di direzione per le anime ordinarie, condurrebbero ad abusi.
L'errore principale insinuato in cotesti libri sta nell'inculcare, si direbbe, a tutte le anime, anche alle poco progredite, disposizioni di passività che non convengono veramente che alla via unitiva. Si vuol giungere troppo presto a semplificar la vita spirituale, dimenticando che per la maggior parte delle anime questa semplificazione non può vantaggiosamente farsi se non dopo esser passate per la meditazione discorsiva, per gli esami particolari di coscienza e per la pratica delle virtù morali. Siamo agli eccessi di una cosa in sè buona: si vuole portare le anime alla perfezione molto alla svelta, sopprimendo le tappe intermedie, e suggerendo fin da principio i mezzi che riescono bene alle anime più progredite.
1488.   a) Quindi, sotto pretesto di fomentare l'amor disinteressato, non si da alla speranza cristiana il posto che le spetta; si suppone che il desiderio dell'eterna felicità non sia che cosa accessoria e la gloria di Dio sia tutto. Ora, chi ben guardi, la gloria di Dio e l'eterna felicità sono due cose intimamente connesse; perchè la conoscenza e l'amore di Dio sono la via a procurarne la gloria e questa conoscenza e quest'amore costituiscono nello stesso tempo la nostra felicità. Onde, anzichè separarli bisogna unirli questi due elementi, e mostrare come si conciliano e si compiono a vicenda, pur notando che, chi li consideri separatamente, è la gloria di Dio quella che prevale.
b) Così pure si insiste troppo sul lato passivo della pietà: lasciare che Dio operi in noi, che ci porti in braccio, senza aggiungere che Dio questo ordinariamente non fa se non dopo che ci siamo lungamente esercitati nella pietà attiva.
c) Venendo poi ai mezzi di santificazione, si propongono quasi esclusivamente quelli che convengono alla via unitiva: si critica, per esempio, la meditazione metodica e scompartita, come la chiamano; le risoluzioni particolari che, dicono, spezzano l'unità della vita spirituale; i minuti esami di coscienza, sostituendovi una semplice occhiata. Ma si dimentica che gl'incipienti non arrivano ordinariamente all'orazione di semplicità se non per la via della meditazione metodica; che per loro le risoluzioni generali di amar Dio con tutto il cuore debbono essere specificate; e che per conoscere i propri difetti e correggerli è necessario scendere al particolare: sono già abbastanza portati a contentarsi d'uno sguardo superficiale sopra sè stessi, il quale passioni e difetti lascerà come prima.
Insomma si dimentica troppo che, prima di arrivare all'unione con Dio e allo stato passivo, ci sono tappe parecchie da percorrere.
 
NOTE
1482-1 P. Pourrat, La spiritualité chrétienne, t. I, pp. 97-99, 104-107; t. II, pp. 320-321, 327-328.
1483-1 P. Dudon, Le Quiétiste espagnol Michel Molinos, Paris, 1921.
1484-1 Chi voglia conoscere fin dove arrivava Molinos, legga le proposizioni estratte dai suoi libri o dalle sue dichiarazioni e condannate da Innocenzo XI (Decreto del 28 Agosto e Constit. Cælestis Pastor del 19 nov. 1687), in Denzinger, Enchiridion, n. 1221-1288.
1485-1 Fénelon, Maximes des Saints; nuova ed. di A. Chérel, 1911; Gosselin, Œvres de Fénelon, t. IV; L.Crouslé, Bossuet et Fénelon, 1894; Huvelin, Bossuet, Fénelon, le quiétisme; A. Largent, Fénelon, (Diz. di Teol., t. V, col. 2138-2169).
1485-2 Vedi nell'Enchiridion del Denzinger, 1327-1349, le proposizioni di Fénelon condannate da Innocenzo XII.
1486-1 Questi articoli furono redatti nel Seminario d'Issy come risultato delle Conferenze tenute tra Bossuet, Noailles, vescovo di Châlons, Fénelon e Tronson, 1694-1695.
1487-1 P. José, Etudes relig., 20 dic. 1897, p. 804; Mgr A. Farges, Phén. mystiques, p. 174-184.



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