venerdì 21 gennaio 2011

L’ascetica cristiana

 
L’ascetica cristiana


+ Antonio Santucci Vescovo emerito di Trivento
 
“Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri” (Gal 5, 24)
Parlare di ascetica per molti, oggi, è fuori moda, è come rievocare concezioni medioevali ormai superate e chi tratta questo argomento rischia di essere annoverato fra i tradizionalisti.
Eppure l’ascetica è connaturata alla natura umana ed è necessaria se si vuole costruire una persona libera, tesa verso gli ideali più nobili e capace di affrontare le lotte della vita.
Tutto ciò che esiste è stato creato da Dio, ed il libro della Genesi afferma “E Dio vide che era cosa buona” (Gen 1,25). Dopo la creazione dell’uomo, così si esprima il libro sacro: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gen 1,31)
L’uomo, creato intelligente e libero, a immagine e somiglianza di Dio, elevato all’ordine soprannaturale con il dono della grazia santificante, ha abusato della sua libertà, e gonfio di orgoglio e tentato dal diavolo “ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, disobbedendoGli, ha voluto diventare “come Dio” senza Dio, e non secondo Dio (Gen 3,5). Così Adamo ed Eva hanno perduto immediatamente per sé e per tutti i loro discendenti, la grazia originale della santità e della giustizia” (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica n° 75).
La verità del peccato originale, costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa in obbedienza di fede alla Sacra Scrittura, è che “in conseguenza del peccato originale la natura umana, senza essere interamente corrotta, è ferita nelle sue forze naturali, è sottoposta all’ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, ed è incline al peccato. Tale inclinazione è chiamata concupiscenza” (Compendio, n° 77).
La bella notizia è che Dio “non ci ha abbandonato in potere della morte, ma nella sua misericordia a tutti è venuto incontro, perché coloro che lo cercano lo possano trovare… e ha tanto amato il mondo da mandare a noi la pienezza dei tempi il suo unico Figlio come salvatore” (Preghiera Eucaristica IV).
Con la grazia di Cristo redentore, l’uomo è chiamato alla santità, alla dignità di figlio di Dio, a godere eternamente nella comunione d’amore con la Trinità beata. Per questo deve vivere secondo il Vangelo: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi e mi segua” (Mt 16,24). Ed ancora: “Entrate per la porta stretta, perché larga e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti no sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7.13 -14).
San Paolo, per indicare come dobbiamo comportarci nel cammino di fede, porta l’esempio della corsa nello stadio e del pugilato: “Non sapete che nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile. Io dunque corro, ma non come chi è senza meta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l’aria, anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù, perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato” (Cor 9,24 - 27).
Per formarsi un carattere forte, che non si pieghi al vento delle mode e delle teorie mondane, che sappia comportarsi con la virtù della pazienza nelle vicissitudini della vita, è necessario un cammino ascetico che tende a disciplinare le varie facoltà, e a dominare le passioni per dirigerle a conseguire il fine loro proprio e a non deragliare nel vizio.
“Per aspera ad astra”, (affrontando e superando cose difficili si conquistano le vette) era il ritornello che rincuorava il cammino formativo. “Age contra” (và contro corrente), è la nostra situazione a meno che non vogliamo ridurci a “viver come bruti”. La vita cristiana, ed anche una vita dignitosa umana, deve risalire verso la sorgente della vita che è Dio e non lasciarsi travolgere dalle onde limacciose del peccato.
L’insegnamento della Chiesa è chiaro ed è convalidato dall’esperienza personale di ogni giorno: la nostra natura, in seguito al peccato originale, non è totalmente corrotta, ma è ferita ed incline al male. Redenti da Cristo, con la sua grazia possiamo vincere il male e percorrere le vie della santità, ma dobbiamo corrispondere alla grazia, perché come ci ammonisce S. Agostino, Dio che ci ha creati senza di noi, non ci salva senza di noi.
La concezione dell’Umanesimo Rinascimentale e le teorie dell’Illuminismo negano la necessità dell’ascetica, in quanto ipotizzano una natura umana tendente naturalmente al bene: ma questa natura non è mai esistita. L’uomo non nasce virtuoso, questo è riconosciuto da tutti pedagogisti ed è convalidato anche dalla convinzione dell’uomo della strada che è convintissimo che l’educazione dei figli risponde ad uno dei più grandi doveri dei genitori.
Ora, il bisogno dell’educazione, suppone la mortificante realtà di tendenze istintive stranamente ribelli alla ragione: si nasce con il virus di un egoismo che, lasciato in balia di se stesso, porta agli eccessi più vergognosi della sensualità e della presunzione.
“Siate voi dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48)
È il comando di Gesù. Il papa Benedetto XVI, parlando all’ultimo Sinodo dei Vescovi, ha ricordato che per raggiungere questo ideale di perfezione evangelica, dobbiamo continuamente riparare noi stessi: “In uno strumento musicale a corde che ha una corda rotta, la musica non può essere suonata come dovrebbe. Così la nostra anima appare come uno strumento musicale nel quale purtroppo qualche corda è rotta, e quindi la musica di Dio che dovrebbe suonare dal profondo della nostra anima non può echeggiare bene. Rifare questo strumento, conoscere le lacerazioni, le distruzioni, le negligenze, quanto è trascurato, e cercare che questo strumento sia perfetto, sia completo perché serva a ciò per cui è creato dal Signore”.
Dir questo è lo stesso che affermare la necessità di un continuo cammino ascetico.