domenica 30 gennaio 2011

Attenti alla bandiera della pace... La sua fondatrice non è affatto una pacifista

Attenti alla bandiera della pace...
La sua fondatrice non è affatto una pacifista


"Il male si annida anche dietro una bandiera, giovani e vecchi di ogni tempo credono che si tratti di un vessillo di pace".
Io credo che la maggior parte delle persone non sappia proprio nulla dell'origine di questa bandiera all'apparenza innocua e ignara di ciò che si cela dietro un semplice stendardo lo spiega al vento pensando di inneggiare alla pace. E invece è un grande inganno di satana.
Per capire meglio il suo significato dobbiamo tornare indietro di qualche anno e ricordare un personaggio: Helena Petrovna Blavatsky, questa donna era una famosa occultista e satanista, e fondò una società chiamata “Teosofica” scopo della quale era divulgare la magia a tutti i livelli e cancellare il cristianesimo dalla faccia della terra. Fondò anche una rivista chiamata lucifer, ottimo strumento per diffondere scienze occulte.
Cosa c’entra tutto questo? Direte voi…
Dovete sapere che la bandiera in questione è nata in ambiente teosofico per ispirazione della sua fondatrice e vengo a spiegarvi il potere occulto che nasconde dietro ad una facciata apparentemente innocua.
Guardate bene le immagini riportate qui sopra, una rappresenta il nostro arcobaleno, e l’altra, come potete vedere,la bandiera.
Ora potrebbe sembrare che la bandiera riporti i colori dell’arcobaleno, ma c’è una differenza, i sette colori dell’arcobaleno hanno una disposizione, nella bandiera gli stessi colori sono al contrario.
Cosa significa questo?
Nella Bibbia nel libro della Genesi 9,12,
Dio disse:
«Questo è il segno dell’alleanza,
che io pongo
tra me e voi
e tra ogni essere vivente
che è con voi
per le generazioni eterne.
[13]Il mio arco pongo sulle nubi
ed esso sarà il segno dell’alleanza
tra me e la terra.
[14]Quando radunerò
le nubi sulla terra
e apparirà l’arco sulle nubi
[15]ricorderò la mia alleanza
che è tra me e voi
e tra ogni essere che vive in ogni carne
e noi ci saranno più le acque
per il diluvio, per distruggere ogni carne.
[16]L’arco sarà sulle nubi
e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna
tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne
che è sulla terra».
[17]Disse Dio a Noè: «Questo è il segno dell’alleanza che io ho stabilito tra me e ogni carne che è sulla terra».
Per i cristiani, quindi, l’arcobaleno ricorda il patto di Dio con gli uomini, ricorda che è Lui il creatore di tutte le cose e che senza di Lui noi non siamo niente, a Lui dobbiamo la nostra vita e ogni cosa che ci circonda, ma proprio tutto, compreso l’arcobaleno che ci dice che dobbiamo avere l’umiltà di guardare a Dio per dirigere la nostra vita.
Invertire i colori, come troviamo nella bandiera, significa voler dimostrare che l’uomo non ha bisogno di Dio, ha se stesso e questo basta. Quindi oltre ad essere un’offesa alle Leggi di Dio vuole anche essere e rappresentare un vero e proprio programma di vita: lottare contro il Creatore delle Leggi naturali.
Non lasciamoci quindi ingannare e al posto della bandiera della pace, noi cristiani, alziamo il nostro stendardo che è la Croce di Cristo, l’unico vero vessillo di pace.

sabato 29 gennaio 2011

PECCATI MORTALI - PECCATI VENIALI


PECCATI MORTALI - PECCATI VENIALI 


1. Quali sono i peccati mortali?

2. Che cosa si intende per atto impuro?



1. Quali sono i peccati mortali?


I peccati mortali sono quei peccati commessi in modo grave contro i comandamenti o i precetti generali della Chiesa o i doveri del proprio stato

(il proprio stato è la nostra condizione di vita, es. io ho dei doveri sacerdotali, tu hai i doveri di studentessa, tua mamma ha i doveri di mamma

e sposa ecc.).


San Tommaso D'Aquino definisce il peccato così: "Un amore alla creatura che ci allontana dal Creatore"; Per determinare quant'è grande

questo allontanamento (quindi peccato veniale o peccato mortale) la prima cosa da fare è vedere fino a che punto la mia azione è vietata da

Dio tanto che il compimento di quell’azione l’offende gravemente, quasi volessimo eliminare dalla nostra vita (si dice materia grave).



Il peccato si dice mortale perché provoca la nostra morte eterna, cioè ci chiude la possibilità di vivere la vita della SS: Trinità in questa vita e soprattutto nell’altra con la condanna definitiva all’Inferno.



Il peccato si dice veniale perché offende Dio in modo leggero e non ci toglie la Sua Grazia, ci procura il Purgatorio, ma ci dona la speranza del Paradiso, dopo aver scontata la pena del peccato stesso.



Il peccato mortale viene tolto (si dice rimesso) mediante la confessione sacramentale innanzi al sacerdote; mentre il peccato veniale viene rimesso

oltre che con la confessione anche con alcuni sacramentali (es. fare la croce con l’acqua benedetta dopo aver chiesto perdono, anche l’assoluzione che da il sacerdote all’inizio della S: Messa, se pentiti, rimette il peccato veniale ecc.)


Esaminiamo adesso le tre condizioni richieste per commettere peccato mortale:


1. Materia grave



Nella sacra scrittura vi sono delle azione che Dio punisce con la morte oppure con grandi castighi quindi tutte le azioni che determinano un tale atteggiamento da parte di Dio, sono azioni con materia grave.



Oggi - a mo di esempio - posso segnalarti che è materia grave la bestemmia contro Dio o i santi, rubare l'equivalente, in denaro o in natura, dello stipendio di un operaio, giurare su Dio o i santi sapendo che quello su cui si giura è una bugia, testimoniare la falsità in

maniera da recare danno fisico (carcere) o morale (gravissimo dispiacere con disturbi anche di ordine psichico quali depressioni ecc), quasi irreparabile; Abortire, consigliare l’aborto, o partecipare (anche solo accompagnando alla clinica la persona che vuole abortire); Non rivelare, in confessione, un peccato mortale per vergogna o per altro motivo che non sia la dimenticanza; Accostarsi alla Santa Comunione sapendo

di essere in peccato mortale.

Nel campo sessuale poi, la materia è sempre grave, cioè la materia dell'atto sessuale sono i propri organi riproduttivi esterni.

Ma attenzione, per commettere peccato mortale, non è sufficiente la materia grave, ma occorrono altre due cose essenziali, infatti se ne manca uno dei due, anche se la materia è grave non si commette peccato mortale.



Le due cose sono:

1. Piena avvertenza, cioè chi commette l'azione deve sapere che quell'azione rientra in ciò che è vietato da Dio, quindi l'ignoranza può fare evitare tantissimi peccati.

2. Deliberato consenso significa che io sono cosciente che l'azione che sto per fare è male agli occhi del Signore e pur essendo pienamente cosciente di offenderlo compio l'azione stessa: es. so che la Santa Messa Domenicale è un obbligo voluto da Dio, so che oggi è domenica e dico: io oggi non vado a Messa tanto poi mi confesso ... questo è il classico esempio del deliberato consenso; lo stesso so che fare l'amore con un ragazzo che non è mio marito è peccato (abbiamo detto infatti che in materia sessuale tutto è grave), però a me piace a lui pure ... lo faccio lo stesso!



Attenzione il deliberato consenso può venire meno perché si è in dormiveglia, oppure si è storditi dall'alcool (e però in questo caso si è colpevole contro il 5 comandamento, così anche per altre cause che tolgono la lucidità mentale, quali la droga); può venir meno il deliberato consenso anche perché minacciati di morte o di altri danni che, per me, significano grave pericolo di incolumità fisica o morale.



2. Che cosa si intende per atto impuro?



Peccato impuro è tutto ciò che mi procura piacere nella sfera sessuale (si dice piacere venereo) tramite lo stimolo fatto da me (masturbazione) oppure fatto dagli altri su di me, oppure procurato agli altri (es. masturbare una compagna, accarezzare il seno fino a procurare lo spasmo sessuale; masturbare un uomo o farsi masturbare ecc.).

In questo campo, una cosa che pochissimi sanno è che il bacio in bocca con la lingua (si chiama bacio colombino) è l'inizio dell'atto sessuale completo o anche incipiente, per cui chi vuole mantenersi integro è necessario che eviti quest'azione, nell’atto di dolore infatti, noi diciamo “propongo di fuggire le occasioni prossime di peccato”. Il bacio colombino è occasione prossima di peccato, quindi è bene evitarlo.



Mi rendo ben conto che quest'ultima cosa che ti ho detto desterà meraviglia, ma è così e chi vuol servire Dio e mantenere la verginità ... deve essere forte.

Ti ricordo un'ultima cosa: la purezza non si potrà mai mantenere se uno vuol vedere tutto, ascoltare tutto oppure non ricorre alla preghiera giornaliera, alla santa confessione e alla santa comunione.

Il Concilio di Trento dice: a coloro che lo vogliono Dio non nega la sua grazia! Quindi: l'uomo + Dio; vivere la castità solo con le proprie forze è pura illusione.



A conclusione, potrà capitarti che leggendo quanto scritto ti troverai piena di peccati ... stai serena, se quando hai commesso quelle cose non avevi la piena avvertenza o non avevi il deliberato consenso ... pur essendoci la materia grave, non hai commesso peccato però per tua maggiore tranquillità potrai sempre confessarti.

A questa mia risposta mi venne fatta la seguente obiezione:



Lei dice che anche il bacio costituisce peccato, ma due fidanzati che stanno insieme è naturale che si baciano perché il bacio è una dimostrazione di affetto e d’amore.

Con i tempi di oggi se io ho un ragazzo e non posso dirgli non ti bacio, prima di tutto scoppierà a ridere e poi oggi i ragazzi vogliono molto di più.



Io sono sì accordo sul restare puri fino al matrimonio ma come si fa a negare un bacio? Non troverei mai nessuno che sta con me se non gli dai almeno un bacio, come si fa?

E poi e così bello baciare qualcuno, si provano dell’emozioni indescrivibili.



Non penso che sia tanto grave baciare perché non è detto che si debba proseguire oltre se una non vuole.

Comunque sono un po’ paranoica anche se in questo campo non ho tanta esperienza non ho contatti con l’altro sesso al di là dell’amicizia.



Io fino all’età di _____ non avevo baciato mai nessuno però ogni tanto dicevo a Gesù.: vorrei tanto sapere cosa si prova, se sarà così bello come tutti dicono. Ogni volta che si parlava con le amiche e mi si chiedeva a che età ho dato il primo bacio, io non sapevo cosa dire e mi sentivo ancora più diversa da loro.



Però … sono andata al cinema con un vecchio amico e cosa che non mi sarei mai aspettata ci siamo baciati.

È Stato bellissimo non ho mai provato un’emozione così forte, non so se dire che ciò è peccato ma è questo che sentivo.



Comunque per finire io non sapevo che il bacio era da considerare come un atto impuro come fare l’amore ed io tengo a precisare che non voglio farlo se non dopo il matrimonio e poi io ho ringraziato Gesù perché per me è stata una piccola grazia in quanto era un mio desiderio.



La mia risposta:

già ti avevo avvertito che è difficile comprendere che il bacio in bocca con la lingua è l’inizio dell’atto impuro.

Tu stessa mi dici che è stato bellissimo che hai provato una emozione indescrivibile e io credo che hai provato anche un piccolo scombussolamento fisico nella tua parte genitale così come l’ha provato il ragazzo che ti ha baciata.



Vedi, la vita cristiana non è un vita come la vive la maggioranza dei cristiani, ma è – come ci dice Gesù – una strada piena di triboli e spine e pochi si incamminano per essa. Mentre lo stesso Gesù ci dice che la strada che conduce alla perdizione è larga e molti si incamminano per essa.



Tu mi dici che se a un ragazzo si dice che non si vuol dare un bacio “Colombino” così si chiama, questo fugge .. ma sei proprio sicura? Se si frequenta un ragazzo e, prima di andare alle effusioni affettive, si cerca di conoscere l’animo e anche la sua fede e la volontà di viverla nella vita di coppia, allora sarà facile attuare anche questa parte della morale cattolica, se invece la curiosità di provare, di sapere sta alla base del rapporto,

si arriva fino in fondo e non vi è mai fine, perché anche i più bei propositi innanzi alla curiosità della scoperta vanno in fumo.

San Giacomo infatti nella sua lettera dice: “Nessuno, quando è tentato, dica: Sono tentato da Dio perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. “Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; “poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand’è consumato, produce la morte. (Giac. 1,13-15).



Ciascuno è tentato dalla propria concupiscenza cioè dal proprio desiderio di provare, il desiderio poi concepisce nel proprio intimo il peccato e poi cioè che era stato tanto desiderato si attua: non è successo così a te?

Hai tanto desiderato, addirittura hai pregato perché il tuo desiderio si attuasse e quindi, quando è arrivata l’occasione, non hai opposto nessuna resistenza, anzi …

Mi auguro che la tua fede e l’amore che porti a Gesù non ti inducano più in esperienze che, se in un primo momento danno le vertigini, a lungo andare danno anche l’inferno e io non ti voglio vedere la giù ma in Paradiso con la Mamma celeste, la SS. Trinità e gli angeli e i santi.



A questa mia risposta, mi venne ribattuto: allora per un bacio colombino andrò all’inferno? Anche vedendo dei film si prova turbamento.



La mia contro risposta:

Il bacio, da solo, non è un motivo per andare all'inferno, con ciò non voglio dire che il bacio colombino si può donare facilmente perché, come ti dicevo è il primo passo verso il piacere venereo totale, quindi la prudenza cristiana ci esorta ad evitarlo … se non si sta più che attenti il diavolo sa fare la sua parte meglio dei nostri intendimenti.



Per quanto concerne poi i film, ti ho già detto che è una pura illusione voler rimanere puri e contemporaneamente vedere tutto, ascoltare tutto … la mortificazione degli occhi rientra anche nei mezzi di custodia della nostra purità. Gesù ci dice che l’occhio è la finestra della nostra anima e se il nostro occhio è puro tutto sarà puro.


Un’ultima osservazione: nelle manifestazioni affettive vi sono dei gradi che bisogna rispettare:

non si può manifestare un affetto da fidanzati, mentre si è semplici amici; no si può manifestare un affetto da sposati, mentre si è semplici fidanzati: il comportamento delle manifestazioni affettive sono diverse tra la conoscenza, l'amicizia, il fidanzamento, il matrimonio.


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Il blocco di non confessare certi peccati per vergogna vien dal maligno. Morire non confessando pur un peccato mortale per vergogna porta all'inferno. Ho un articolo di un'anima morta senza aver confessato un peccato mortale per vergogna andò all'inferno. Anche bambini che hanno commesso peccati mortali , non parlo per le violenze che subiscono i bambini, ma di bambini che si comportano come adulti sul campo sessuale perchè memorizzano guardando film, o giornali, o in famiglie sfasciate senza morale.... Pensate già ragazzine a 11- 12 anni anche di meno. Cos'è l'innocenza? il peccato mortale non è innocenza pur se ragazzini o bambini . L'innocenza è purezza, pudore.... 
Nella Santa Confessione si puo' riavere l'innocenza che si è persa col peccato mortale. Quando inizia la malizia ? Le famiglie devono essere un focolare domestico ad immaggine della Sacra Famiglia per custodire i bambini,i giovani, perchè crescano come Gesù Bambino in età,sapienza e grazia.
Dovrei avere un articolo credo che sia di Giacinta di Fatima, non ricordo bene, ma trattava di bambini morti in peccato mortale...
L'uomo non spirituale dice: come i bambini vanno pure all'inferno?
Dicono: ma sono inncocenti, non capiscono.... Cos'è per il mondo l'innocenza? Quando inizia la malizia?
Giovani 11- 12 anni fidanzati e sesso libero come fosse normale.
Per il mondo è normale che i giovani facciano sesso, è normale anche l'omossesualità e tante altre cose immorali.
E se dici : io vivo casto, fedele a Cristo ti dicono cretino, anormale, antico.... 
La castità è per tutti. La castità per sempre dei consacrati, suore, sacerdoti, fidanzati, singoli, e poi c'è una castità del matrimonio un pò diverso della castità dei consacrati: non usare pillole o atro per non avere figli è grave, molto grave e non confessarlo sapendo che è peccato è doppio peccato. L'uomo carnale non spirituale pensando solo al continuo atto sessuale dimenticandosi di Dio è un io inclinato,un io debbole che vuole sempre mangiare perchè vuoto dentro. Al primo posto ci sia Dio non l'io.
Qual'è la malattia del secolo?
credo che sapete già la risposta.








venerdì 21 gennaio 2011

“Padre Pio e "Barbablù"



“Padre Pio e "Barbablù"

intervista a Padre Gabriele Amorth di Raffaele Iaria

Qual è stato il rapporto tra Padre Pio e il demonio?
Padre AMORTH: è stato un rapporto costante. Dobbiamo partire da lontano. Padre Pio ha sempre dato importanza ad una visione che ebbe da fanciullo. In questa visione si vedeva un grande campo. Da una parte una schiera di Angeli bellissimi vestiti di bianco; dall’altra una grande schiera di visi orribili. Ad un certo punto si avvicina un uomo altissimo, un gigante con la testa che toccava, addirittura, le nuvole. Il fanciullo ha paura, cerca di scansarsi: com’è possibile io così piccolo e lui così grande, un gigante! Gli appare quindi un uomo misterioso che gli dice: «non aver paura: io ti aiuterò e tu lo vincerai». Ci fu quindi una zuffa tremenda tra quel gigante e il piccolo Francesco Forgione, in seguito alla quale il gigante fu sconfitto. E allora mentre la schiera dei demoni se ne andava arrabbiata, la schiera degli Angeli applaudiva al personaggio misterioso al quale, in realtà, era dovuta la vittoria. Padre Pio non ha mai voluto rivelare il nome di quel personaggio: probabilmente si trattava di Gesù stesso. Questo episodio si è ripetuto così spesso che questo personaggio disse a Padre Pio, giovanetto: «guarda che tu continuamente dovrai azzuffarti con questo gigante e sempre io ti assisterò e con il mio aiuto sempre lo vincerai, ma dovrai sempre lottare contro di lui».
Padre Pio ha guarito e liberato dal demonio molte persone: si può parlare di lui come di un esorcista, nel termine propriamente detto?
Padre AMORTH: No. Padre Pio non è mai stato un esorcista. Esorcista è un sacerdote che riceve questa facoltà dal suo vescovo. Padre Pio non ha mai fatto esorcismi veri e propri, ossia sacramentali dell’esorcismo. Tutti possono scacciare satana. Coloro che credono «nel mio nome scacceranno i demoni». Lui ha più volte allontanato i demoni, usando del suo sacerdozio, della sua fede, della sua forza di cristiano. Si può parlare di lui come di una persona che ha cacciato molti demoni, ma non di un esorcista.
C’è qualche episodio particolare che possa riassumere questo «conflitto» che ha visto Padre Pio protagonista nelle lotte con il diavolo sia a Pietrelcina che nei conventi dove ha dimorato e a San Giovanni Rotondo?
Padre AMORTH: Ci sono molti episodi che caratterizzano la vita di Padre Pio che ha dovuto tutti i giorni lottare contro il demonio. Più volte il demonio lo ha frustato a sangue. Una volta gli ha battuto la testa contro la terra: hanno dovuto dargli dei punti di sutura nella parte sopraccigliare. Però ha confessato: «l’ho sempre vinto». Ha lottato tutti i giorni contro il demonio, tutti i giorni ha avuto botte dal demonio, ma tutte le volte ne è uscito vincitore. Direi che gli episodi molto significativi, se vogliamo dire, li troviamo nel periodo in cui Padre Pio era a Venafro per studiare Sacra Eloquenza: nella mente dei suoi superiori avrebbe dovuto diventare un frate predicatore. Qui satana si è presentato in tante sembianze diverse. Diciamo innanzitutto che il demonio è puro spirito, non ha corpo, non è rappresentabile. Tante volte mi viene chiesto se io ho visto il demonio. Non l’ho mai visto. Il demonio, per potersi rendere visibile, deve poter prendere un corpo fasullo, falso. E lo prende con forme che variano in base allo scopo che vuole raggiungere. A Venafro il demonio si è presentato il più delle volte sotto forma di un cagnaccio o di un gatto anormale per dimensione, con la volontà evidente di fargli paura. Altre volte si è presentato a lui nelle forme di fanciulle nude e provocanti, quando voleva cercare di sedurlo riguardo alla purezza. Altre volte si è presentato sotto forma di Gesù e di Maria o del Padre Provinciale o spirituale. In questa veste gli dava anche degli ordini che al giovane frate sembravano molto strani. Quando il demonio andava via, egli si recava dai suoi superiori chiedendo spiegazione e gli veniva risposto che tutto quello che gli era stato ordinato di fare era opera del demonio.
Nell’ottica di Dio che senso ha questa battaglia «senza esclusione di colpi», quella tra il frate di Pietrelcina e «il re degli inferi», una lotta per la vita e la morte iniziata quando Padre Pio era solo un fanciullo e chiusa solo dalla sua morte? C’è una spiegazione ascetica in tutto questo?
Padre AMORTH: Noi vediamo la lotta incessante tra Gesù e satana, durata tutta la vita. è una partecipazione a questa lotta tra Cristo e il demonio. La vera lotta è quella di Cristo con il demonio, alla quale noi siamo chiamati a partecipare. La spiegazione, mi pare, dipende proprio da questo: come il demonio cerca di distoglierci dalla retta via e da Cristo, e come noi uniti a Gesù usciamo sempre vittoriosi. Se ci stacchiamo da Dio allora perdiamo, siamo sconfitti. Lo scopo del demonio è proprio questo: distrarci da Dio, renderci infedeli a Dio. Da qui lo sforzo di satana. A lui interessano poco le possessioni diaboliche vere e proprie. A lui interessa portare l’uomo al peccato, all’infedeltà a Dio. Il motivo di questa lotta è quello della lotta contro il male. Da tener presente che Padre Pio lottava contro il demonio per se stesso, ma anche per difendere tutte le persone che si rivolgevano a lui, per difendere da satana coloro che erano schiavi di satana, perché erano peccatori e poi si avvicinavano a Padre Pio per il sacramento della Confessione. Quindi la lotta di Padre Pio non era contro il demonio, ma contro i demoni di tutte le persone che lo avvicinavano.
Mettendo in parallelo il mistico Padre Pio e la mistica santa Faustina Kowalska e i messaggi di Fatima, si può parlare oggi di «inferno vuoto» come dicono tanti?
Padre AMORTH: Purtroppo, oggi sono tanti che parlano di inferno vuoto, anche un teologo famosissimo ed un cardinale, eppure non c’è niente di più chiaro nel Vangelo che la certezza dell’inferno, delle persone che ci vanno e dell’eternità dell’inferno. Per cui parlare di inferno vuoto è tradire la Bibbia, è tradire il popolo di Dio. Togliere la paura dell’inferno è togliere un incentivo a resistere contro le tentazioni e quindi è un vero inganno ed una vera bugia. L’inferno, purtroppo, c’è, in esso cadono tante anime come hanno visto in visioni private, per esempio, i fanciulli di Fatima, e come hanno visto tanti Santi. Chi ci va, ci resta per tutta l’eternità. C’è un episodio, se vuole, che può essere interessante da ricordare. Un episodio avvenuto a una delle ragazze a cui è apparsa la Madonna di Medjugorje. Chiese una volta la fanciulla (lasciamo stare il caso Medjugorje, se si può credere o no, a me interessa l’episodio in sé): «Mamma cara, non potrebbe un dannato pentirsi delle sue colpe e non potrebbe Dio toglierlo dall’inferno e portarlo in Paradiso?». La Madonna, sorridendo, disse: «Dio potrebbe, Dio potrebbe, ma sono loro che non vogliono». Quando uno s’incancrenisce nel peccato, nella via contro Dio, non ne vuol sapere di tornare indietro. Tutte le volte che io ho detto al demonio: «tu sei il più grande stupido che esiste al mondo. Con tutta la tua intelligenza prima eri in Paradiso e adesso sei all’inferno. Dimmi: se potessi tornare indietro, cosa faresti?». «Farei la stessa scelta», è stata la risposta che mi ha sempre dato. L’eternità dell’inferno dipende proprio da come uomini e demoni siano incancreniti, cocciutamente attaccati all’odio contro Dio e ad uno stato di opposizione a Lui. Ecco perché l’inferno è eterno.
Ci sono stati dei Santi «posseduti» dal diavolo?
Padre AMORTH: Ce ne sono stati vari, e questo ci dà l’occasione di ricordare che la possessione diabolica può avvenire per motivi colpevoli (per esempio, se uno si dà a pratiche di occultismo), ma può avvenire anche per motivi non colpevoli. Questa è una forma di penitenza, di sofferenza, estremamente meritoria. Ci dà l’occasione di ricordare che, se uno ha una forma di possessione diabolica, non vuol dire che sia un’anima in peccato o che abbia commesso dei peccati. Mi piace ricordare una persona dei nostri tempi: suor Maria di Gesù Crocifisso, carmelitana, chiamata anche la «piccola araba», nata a pochi chilometri da Nazareth. Ha avuto due volte nella vita la possessione diabolica con la necessità di ricevere esorcismi. Quindi il demonio può anche colpire persone sane, e i sacrifici, le sofferenze, le percosse, le umiliazioni, tutto quello che il demonio provoca in queste persone è altamente meritorio per la loro santificazione e per il loro apostolato verso le anime bisognose di Dio.
Cosa vuol dire oggi essere «esorcista»?
Padre AMORTH: Fare l’esorcista, oggi, è un compito duro e, da un punto di vista di popolarità, è un lavoro estremamente ingrato. D’altra parte, se noi leggiamo il Vangelo, Gesù è molto chiaro: dà agli Apostoli e a tutti i loro successori tre compiti precisi, e cioè predicare, scacciare i demoni e guarire i malati. Se non si compiono tutte e tre questi compiti, non si corrisponde pienamente al volere di Dio. Da notare che molte volte sacerdoti santi hanno scacciato demoni, hanno liberato anime senza nemmeno che se ne accorgessero. Io vedo, esercitando questo compito, il completamento del mio sacerdozio. Quindi, essere esorcista oggi significa essere uomini di grande fatica, sforzarsi di essere persone di grande preghiera e di grande fede - perché senza fede non si combina nulla, è la fede che guarisce e libera - e significa essere esposti alle critiche o ai risolini di presa in giro da parte degli altri sacerdoti.
Si è parlato, in alcuni casi, anche di Giovanni Paolo II come esorcista...
Padre AMORTH: Sì. Ci sono almeno due episodi, che io conosco, in cui Giovanni Paolo II ha compiuto esorcismi. Uno, il più famoso, descritto da un cardinale e raccontato in un libro. è l’episodio di quando il Papa ha esorcizzato una ragazza che gli era stata portata dall’allora vescovo di Spoleto, mons. Alberti. Ha compiuto un esorcismo vero e proprio nei confronti di una ragazza che si rotolava per terra nel suo appartamento. Una cosa nuova per i pochi presenti che dicevano che queste cose si erano solo lette nel Vangelo. Erano increduli senza sapere che, per noi esorcisti, è pressoché pane quotidiano. E il Papa verso la fine dell’esorcismo, ha detto una frase: «domani celebrerò per te la Santa Messa». A questa frase la ragazza si è alzata, sorridente, provvisoriamente liberata. Dico «provvisoriamente» perché bisogna tener presente che la liberazione dal demonio è un atto e un intervento straordinario di Dio. è un vero e proprio miracolo. Per cui avviene, in genere, dopo lungo tempo. Ci sono persone che io sto esorcizzando da oltre quindici anni: questo vuol dire che ho compiuto su di loro centinaia di esorcismi. Alla fine di ogni esorcismo danno l’impressione di essere libere, di essere guarite. Invece dura poco questo stato di liberazione. Il demonio le attacca di nuovo. Per aver la liberazione definitiva ci vuole tempo. Io sono al corrente di un altro esorcismo di Giovanni Paolo II, che aveva fatto in precedenza: me ne aveva parlato padre Candido (un altro famoso esorcista di Roma, n.d.r.). E ancora, due anni fa, in piazza San Pietro si era vista una ragazza che camminava tutta storta, gobba. L’avevano messa in prima fila tra i malati. Appena scese il Papa, questa ragazza si mise ad urlare come una forsennata. Allora l’hanno allontanata. Il Papa ha detto: «lasciatela da parte, dopo voglio benedirla». Dopo l’udienza, in una stanzetta vicino all’arco delle campane, alla presenza dei genitori e di mons. Danzi, un vescovo molto noto in Vaticano, il Papa per oltre una mezz’ora ha pregato su di lei. Anche qui non si può parlare di una liberazione totale, ma che abbia fatto un buon passo verso la liberazione, questo sì. Non sono a conoscenza di altri episodi, ma certamente posso dire che Karol Wojtyla ci crede e che molto spesso ha parlato del demonio.
In casi di esorcismo si è parlato anche di episodi molto particolari: gente che ha «sputato» fuori vari oggetti. Intorno a questo c’è molto scetticismo: si parla di un ritorno al Medioevo...
Padre AMORTH: è vero. Questa accusa viene fatta, purtroppo, e dico sempre a queste persone che sono dei grandi ignoranti. Io sono un ammiratore del Medioevo, un’epoca stupenda. Quando questa osservazione mi è stata fatta in Francia, ho risposto: iniziate a buttare giù le più belle chiese e basiliche che avete, perché sono tutte di quel periodo. Io non vi faccio tornare al Medioevo e neppure al periodo di Cristo, ma ad Adamo ed Eva. è cominciato lì l’intervento del demonio sull’uomo e la lotta contro il maligno. Il demonio c’è sempre stato, ha sempre agito. Il suo trucco, la sua vittoria principale è nota: far credere che non esiste. Il demonio ci tiene a lavorare di nascosto per intervenire indisturbato e per portare l’uomo al male. Il demonio ha anche un altro compito straordinario, raro: quello di dare dei mali particolari che possono portare anche alla possessione diabolica e a cui il demonio tiene meno. Il demonio è più concentrato verso la sua attività ordinaria, che è quella di cercare di tentare l’uomo, portarlo al male e farlo cadere nel peccato. Per questo è molto importante per il demonio che non si creda alla sua esistenza, così da poter agire indisturbato.
In una società secolarizzata, in cui gli esorcismi sono spesso considerati degli atti di stregoneria, quale messaggio potremmo lanciare?
Padre AMORTH: Se c’è una società in cui il demonio trionfa è la nostra. Basta guardarci intorno e vedere come i peccati vengono considerati delle esperienze. Un esempio: non c’è mai stata una guerra che abbia ucciso tanti bambini ogni giorno così come avviene con l’aborto. L’aborto è un vero e proprio omicidio approvato ufficialmente dagli Stati. Questo è un trionfo di satana, un trionfo meraviglioso. Altro esempio, il divorzio. Questo è il trionfo di satana perché Dio è Dio dell’amore, della pace, dell’unione, della concordia. Le guerre sono diventate sempre più difficili da combattere, perché sono in mezzo alle popolazioni. Viviamo in una società in cui il satanismo è generalizzato e, notate, qui parlo solo di azioni di satana nella sua esplosione e nei suoi effetti. Pensiamo anche al satanismo vero e proprio, a come si sono divulgate nel mondo le sette sataniche: quante persone che si consacrano a satana! Ho bruciato tante consacrazioni a satana, scritte con il sangue per chiedere denaro, successo e piacere, le tre grandi passioni umane che fanno vendere l’anima al diavolo. Dio non voglia che avvenga una punizione di quelle robuste da rimettere giudizio alla gente. Credo che ci stiamo avviando verso una terza guerra mondiale: lo vedo da tanti segni esteriori che, chi ha occhi per guardare, non può non vedere. Su questo ci sono tante profezie, come quella di Teresa Musco, una veggente di Caserta, morta in concetto di santità e per la quale è avviata la causa di beatificazione. Aveva predetto la guerra dei sei giorni in Israele, aveva predetto la seconda guerra e poi ha predetto anche (tutte predizioni che lei mette in bocca alla Madonna) «cercheranno sempre palestinesi ed israeliti di mettersi d’accordo, ma non ci riusciranno mai, perché da lì nascerà la terza guerra mondiale». Ora che da lì nascerà la terza guerra mondiale non l’abbiamo ancora visto, ma che in tutti questi anni i due popoli hanno tentato di mettersi d’accordo senza successo lo vediamo con chiarezza tutti. Io vedo l’azione di satana estremamente in auge, trionfante, e grazie al cielo sappiamo che non sarà vincente, perché le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa. Un carismatico morto di recente diceva: «troviamo molta gente che ogni giorno trova il tempo per leggere il giornale, ma non trovano il tempo, durante tutta la vita, di leggere la Bibbia». E questo è un fatto molto, ma molto diffuso.
Qual è il modo per difendersi dal maligno?
Padre AMORTH: Ritornare ai dieci Comandamenti, alle leggi di Dio. Vedere che le leggi di Dio non sono proibitive, ma leggi di salvezza. Ritornare ad amarci, ritornare alla concordia, ritornare all’onestà. Oggi la società è basata proprio sull’ingiustizia: bisogna ritornare a Dio.
Padre Pio le ha mai predetto la sua attività di esorcista?
Padre AMORTH: No. Quando frequentavo Padre Pio non ero ancora sacerdote esorcista e non pensavo minimamente di diventarlo. Avevo dei figli spirituali e gli ho parlato di loro chiedendogli di poterli affidare a lui, e Padre Pio ha accettato. Gli dissi: «così i miei figli spirituali la chiameranno nonno Pio». Si è messo a ridere. Quindi un mio figlio spirituale è anche figlio spirituale di Padre Pio.

Padre Gabriele Amorth insiste sul diavolo che alberga in Vaticano






 Padre Gabriele Amorth insiste sul diavolo 
che alberga in Vaticano


di MARCO ANSALDO


Beelzebul, Zago, Astarot, Asmodeo, Jordan. Quanti sono i nomi e le trasformazioni del Maligno? La stanza del mistero è spoglia. L’atmosfera fredda. Però padre Gabriele Amorth, l’Esorcista con la “e” maiuscola, settantamila casi affrontati in nemmeno 25 anni, sorride serafico. Lui è abituato a porte che sbattono, sedie che si rovesciano, occhi che roteano, bestemmie che volano. Ma parlare di demonio nella casa del Papa mette i brividi lo stesso.
Anche se l’Esorcista non si tira indietro di fronte all’Avversario.E il Santo Padre?
«Oh, Sua Santità crede in pieno nella pratica della liberazione dal Male. Perché il diavolo alberga in Vaticano. Ho confidenze di persone che lo confermano. Naturalmente è difficile trovare le prove. E, comunque, se ne vedono le conseguenze. Cardinali che non credono in Gesù, Vescovi collegati con il demonio.
Quando si parla di “fumo di Satana” nelle Sacre stanze è tutto vero. Anche queste ultime storie di violenze e di pedofilia. Anche la vicenda di quella povera guardia svizzera, Cedric Tornay, trovata morta con il suo comandante, Alois Estermann, e la moglie. Hanno coperto tutto. Subito. Lì si vede il marcio».
Tutti lo conoscono come l’Esorcista. Molti ne chiedono l’assistenza. Perché Gabriele Amorth, sacerdote paolino nato a Modena, laureato in Giurisprudenza, ex partigiano, medaglia al valor militare, democristiano di scuola dossettiana ed ex direttore del giornale mariano Madre di Dio, è il più famoso liberatore del demonio al mondo. Ma a 85 anni settantamila casi si fanno sentire.
E don Amorth è appena convalescente. «Da un improvviso crollo», dice lui. «Un qualcosa di inspiegabile», rivela confidenzialmente l’amico don Francesco che a 90 anni, don Gabriele considera come «il bastone della mia vecchiaia». Sebbene sia in pigiama, attorniato dalle medicine sul tavolo, da immagini della Madonna, da una copia di Avvenire che accenna al suo nuovo libro da poco in libreria (“Memorie di un esorcista”, intervista di Marco Tosatti, edito da Piemme), lo sfidante di Satana mostra un piglio energico. Osserva la propria foto in copertina ed esclama: «Che faccia da bulldozer. Invece, quando sono tranquillo, i tratti del mio volto si distendono e divento un altro. Forza, parliamo, che di là ho dei casi che mi aspettano».
Padre Amorth, com’è il diavolo?
«È puro spirito, invisibile. Ma si manifesta con bestemmie e dolori nelle persone di cui si impossessa. Può restare nascosto. O parlare lingue diverse. Trasformarsi. Oppure fare il simpatico. A volte mi prende in giro. Io però sono un uomo felice del mio lavoro, una nomina inaspettata giunta 25 anni fa dal cardinale Poletti. E né gli indemoniati, che a volte sei o sette dei miei assistenti devono tener fermi, né i chiodi o i vetri che escono dalla bocca dei posseduti, e conservo in questo sacchetto, mi spaventano. So che è il Signore a servirsi di me». Il Maligno può manifestarsi con violenza.
Nella stanza prescelta –padre Amorth ha girato 23 sedi diverse, cacciato ovunque perché i confratelli erano stufi di sentire urla fino a tarda sera, finché non ha trovato stabile dimora nel quartier generale delle edizioni San Paoloc’è un lettino con le corde per legare l’indemoniato. E una poltrona per le persone che non urlano, e stanno tranquillamente sedute durante le preghiere di esorcismo.
«Dalla bocca può uscire di tutto racconta pezzi di ferro lunghi come un dito, ma anche petali di rosa. Certi posseduti hanno una forza tale che nemmeno sei uomini riescono a trattenerli. Così vengono legati. Mi aiutano i miei assistenti laici, che pregano con me. Quando gli ossessi sbavano, e allora bisogna pulire, lo faccio anch’io.. Vedere la gente vomitare non mi dà nessun fastidio».
Sulla pratica dell’esorcismo, dentro la Chiesa, esistono opinioni diverse. Diffidenze. Resistenze. Dubbi.
«Ma il Papa ci crede ribadisce padre Amorth tanto è vero che in un discorso pubblico ha incoraggiato e lodato il nostro lavoro. Gli ho scritto, e mi ha promesso che chiederà alla Congregazione per il Culto divino un documento per raccomandare che i Vescovi abbiano almeno un esorcista in ogni diocesi, come minimo. [per il momento il documento è rimasto una promessa e le diocesi non hanno tutte almeno un esorcista. In compenso, si dà priorità all'ecologismo e si affidano le anime all'ONU... n.d.r.] Ho avuto modo di parlargli più volte anche quando era prefetto alla Congregazione per la Dottrina della fede, ci ricevette proprio come Associazione degli esorcisti. E non scordiamo che, sia del diavolo sia delle pratiche per allontanarlo, parlò moltissimo lo stesso Wojtyla». [sebbene gli esiti non furono e non sono così incoraggianti...n.d.r.]
Alcuni, addirittura, ricordano ancora la dichiarazione fatta nel 1972 da Papa Montini, quando Paolo VI parlò del “fumo di Satana”, cioè delle sètte sataniche, entrato nelle Sacre stanze. Una frase che creò un caso, seguito da un nuovo discorso papale tutto incentrato sul demonio. [che, come padre Amorth ammise nella scorsa intervista, non portò comunque effetti...n.d.r.]
Ma il Maligno può colpire anche il Pontefice?
«Ci ha già provato. Lo fece nel 1981, con l’attentato a Giovanni Paolo II, lavorando su coloro che armarono la mano di Ali Agca.
E anche adesso, la notte di Natale, con quell’ultima matta che ha buttato per terra Benedetto XVI. In fondo, è quel che accadde a Gesù attraverso Giuda, Ponzio Pilato, il Sinedrio». Don Amorth si fa serio. [a nostro giudizio, pare evadere la domanda sul Maligno che può colpire anche il Pontefice, n.d.r.] Riflette in silenzio per qualche secondo, alza la testa e dice gravemente: «Altroché. Altroché se il demonio alberga nella Santa Sede. C’è un volume, “Via col vento in Vaticano” (Kaos edizioni, ndr), che parla appunto delle lotte di potere in Curia e del “fumo di Satana”. Bene, il 99 per cento di quel che è scritto lì è vero.
I Vescovi non parlano per timore di critiche di altri Vescovi.
E sì che su questo tema le Sacre scritture sono le più salate, perché i comandi di Gesù appaiono molto chiari: “Andate, predicate il Vangelo, cacciate i demoni”. Secondo me, quando un Vescovo non nomina l’esorcista commette un peccato mortale».
Tante le figure di santi che, senza esserne investiti, erano noti come liberatori dal demonio. San Benedetto, che era un monaco. Santa Caterina da Siena, di cui si narrano effetti portentosi. Padre Pio, che secondo i fedeli liberava dall’influenza del maligno. Pure Don Bosco occasionalmente si prestava. «Io lavoro sette giorni su sette, Natale e Pasqua compresi  dice don Gabriele  e non posso materialmente correre ovunque mi chiamano.
Perciò spiego a tutti che anche i laici possono operare esorcismi con successo. È scritto in Marco, XVI, 17: “Coloro che credono in me cacceranno i demoni”. Ci sono formule ufficiali. Si può dire: “Satana, vattene”. Ma c’è anche molta libertà, con preghiere semplici: il Padre Nostro che contiene già in sé un esorcismo: “e liberaci dal Male” con l’Ave Maria, il Salve Regina, il Credo. Poi raccomando le orazioni quotidiane, la messa, il rosario, la confessione, la comunione, il digiuno».
Un tema, quello della figura antitetica al Messia, che per altri aspetti muove fior di scienziati. L’altro ieri a Roma, nei locali della Sapienza prima e in quelli dell’Università Roma Tre più tardi, si è svolto un convegno dal titolo “L’ultimo nemico di Dio”. Cioè l’Anticristo, il personaggio che incarna l’avversario della divinità, presente nell’immaginario giudaico e cristiano relativo agli ultimi tempi del mondo. Approccio scientifico, impronta storica, studiosi di calibro internazionale: Enrico Norelli, Jean-Daniel Kaestli, Marco Rizzi, Gian Luca Potestà, Alberto D’Anna. «Il ruolo della figura dell’Anticristo spiegava al pubblico la docente Emanuela Valeriani, una dei coordinatori dell’evento a prescindere dalle diverse posizioni assunte dagli studiosi, è senza dubbio un tassello tematico fondamentale all’interno del grande mosaico degli studi relativi all’identità cristiana.
L’attenzione alla strana e, diciamo pure, spettacolare fisionomia dell’Anticristo è un tema ben rappresentato nelle apocalissi cristiane di epoca più tarda, contribuendo all’elaborazione anche leggendaria di questa figura escatologica. La prima testimonianza si trova in un’opera del III secolo, “Il Testamento siriaco del nostro Signore Gesù Cristo”.
Ma se, in linea generale, il terribile aspetto dell’Anticristo si può ricondurre alla tradizione precedente al cristianesimo, che identifica l’avversario escatologico con esseri mostruosi, nel caso specifico del nostro testo, esso assume una rilevanza teologica derivante dal confronto con la visione di Dio.
Se prendiamo la sezione degli “Acta Iohannis”, un testo scritto probabilmente nel secondo secolo, vediamo che lì si afferma che Gesù può essere visto sotto diverse forme (bambino, giovane adulto, vecchio) e apparire contemporaneamente anche a più testimoni». Nella sua stanza al terzo piano della sede paolina, padre Amorth si prepara ad affrontare il Nemico nell’ennesimo caso difficile.
Ma il diavolo chi sceglie di colpire? «Non lo sappiamo risponde eppure al 90 per cento le vessazioni diaboliche sono conseguenze di malefici, cioè sono causate da persone che per vendetta o per rabbia si rivolgono a maghi e occultisti legati a Satana i quali, pagati profumatamente, si attivano per far intervenire il maligno.
È dunque la cattiveria degli uomini a chiamare il Male.


LA COSCIENZA



LA COSCIENZA


 
di P. Raimondo Marchioro

 
 1) La nozione


 
La coscienza (dal lat. «cum» = con, e «scire» = sapere) è un giudizio pratico con il quale giudichiamo volta per volta ciò che è da farsi, perché buono, e ciò che è da evitarsi, perché cattivo.
 
2) La divisione
La coscienza riguardo al tempo può essere antecedente e conseguente.
La coscienza antecedente è quella che giudica circa l’onestà o la disonestà dell’azione prima della sua esecuzione.
La coscienza conseguente è quella che giudica dell’onestà o della disonestà dell’azione dopo la sua esecuzione.
La coscienza riguardo all’oggetto può essere vera (retta) o falsa (erronea).
La coscienza vera (retta) è quella che giudica lecito o illecito ciò che realmente è tale.
La coscienza falsa (erronea) è quella che giudica lecito ciò che in realtà è illecito o viceversa.
La coscienza riguardo all’abitudine può essere delicata o scrupolosa o perplessa o lassa.
La coscienza delicata è quella che percepisce anche i più lievi motivi dell’onestà o della disonestà delle azioni.
La coscienza scrupolosa è quella che per un futile motivo, del tutto da disprezzarsi, vede il peccato dove non c’è, o grave dove è solo leggero.
La coscienza perplessa è quella che teme di peccare sia nel fare che nell’omettere un’azione.
La coscienza lassa è quella che per lievi ragioni giudica lecito ciò che è illecito o leggero ciò che è grave.
La coscienza riguardo all’assenso può essere certa o dubbia o probabile.
La coscienza certa è quella che giudica che qualche cosa è lecito o illecito senza timore di sbagliare.
La coscienza dubbia è quella che sospende il giudizio circa l’onestà o la disonestà dell’azione.
La coscienza probabile è quella che, appoggiata da qualche solido motivo, giudica che qualche cosa è lecita o illecita, ma con timore della parte opposta.
 
3) I principi
1. La coscienza antecedente è l’unica regola prossima delle nostre azioni; è quella sola che influisce sulla moralità soggettiva dell’atto umano e da questa sola si deve desumere la bontà o malizia dell’azione.
2. La coscienza conseguente in nessun modo può influire sulla moralità dell’atto umano, perché l’uo- mo per l’azione già posta, contrasse quella moralità che conosceva mentre agiva, e in nessun modo si
può desumere la bontà o la malizia dell’azione dalla coscienza conseguente.
3. L’uomo è tenuto a procurarsi una coscienza vera o retta, che è quella illuminata dagli insegnamenti di Cristo e della Chiesa, perché la coscienza vera o retta è la norma prossima della moralità nell’azione e deve essere sempre seguita.
4. La coscienza invincibilmente falsa o erronea deve essere seguita, perché viene equiparata alla co-scienza vera o retta, ma ciascuno ha l’obbligo con lo studio e con l’indagine a formarsi una coscienza vera o retta.
5. Lo scrupoloso deve prestare somma e cieca obbedienza al confessore e procedere in tutto con grande umiltà e fiducia, come un ammalato. Deve evitare di consultare spesso e diversi confessori, ma rivolgersi sempre allo stesso.
6. Chi si trova con la coscienza perplessa deve, se può, sospendere l’azione per fare delle indagini e formarsi una coscienza vera o retta; se non può, allora deve scegliere quello che gli sembra il male minore e procedendo così non pecca.
7. Chi con coscienza lassa trasgredisce qualche legge in cosa grave, giudicandola leggera a causa del suo lassismo, commetterà facilmente peccato mortale, e chi si è formato una coscienza lassa è tenuto a lasciarla per evitare il pericolo abituale di peccare gravemente.
8. La coscienza certa deve essere seguita sia che comandi sia che proibisca qualche cosa.
9. Non è mai lecito agire con la coscienza dubbia: è necessario prima fare delle indagini per deporre il dubbio e formarsi la coscienza certa; e quando questo non è possibile, si deve tramandare l’azione.
10. Nella coscienza probabile ciascuno può seguire il sistema di probabilismo che più gli piace, purché dalla Chiesa permesso alla libera discussione.
 
La Sacra Scrittura
«I Pagani dimostrano che i dettami della legge sono scritti nei loro cuori, come ne fa fede la loro coscienza con i suoi giudizi, la quale, volta per volta, li accusa o li difende» (Rm. 2,15).
«Sebbene io non mi senta colpevole di nulla, non per questo sono già riconosciuto giusto. Chi mi giu-dica è il Signore» (1 Cor. 4,4).
«La nostra gloria è questa: la testimonianza della nostra buona coscienza, perché noi ci siamo diportati nel mondo, e specialmente verso di voi, con la santità e la sincerità di Dio, non con la saggezza della carne, ma con la grazia di Dio» (2 Cor. 1,12).
«Conservando la fede e una buona coscienza: per averla ripudiata, alcuni hanno fatto naufragio nella fede» (1 Tm. 1,19).
«Carissimi, se la coscienza nostra non ci rimprovera, possiamo star sicuri davanti a Dio» (1 Gv. 3,21).
«Tribolazione e angoscia nell’anima di ogni uomo che fa il male...; gloria, onore e pace per chiunque fa il bene» (Rm. 2,9-10).
«Colui che è dubbioso, se mangia, è condannato, perché non agisce con convinzione: tutto quello che non deriva da ferma convinzione è peccato» (Rm.14,23).


L’ascetica cristiana

 
L’ascetica cristiana


+ Antonio Santucci Vescovo emerito di Trivento
 
“Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri” (Gal 5, 24)
Parlare di ascetica per molti, oggi, è fuori moda, è come rievocare concezioni medioevali ormai superate e chi tratta questo argomento rischia di essere annoverato fra i tradizionalisti.
Eppure l’ascetica è connaturata alla natura umana ed è necessaria se si vuole costruire una persona libera, tesa verso gli ideali più nobili e capace di affrontare le lotte della vita.
Tutto ciò che esiste è stato creato da Dio, ed il libro della Genesi afferma “E Dio vide che era cosa buona” (Gen 1,25). Dopo la creazione dell’uomo, così si esprima il libro sacro: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona (Gen 1,31)
L’uomo, creato intelligente e libero, a immagine e somiglianza di Dio, elevato all’ordine soprannaturale con il dono della grazia santificante, ha abusato della sua libertà, e gonfio di orgoglio e tentato dal diavolo “ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, disobbedendoGli, ha voluto diventare “come Dio” senza Dio, e non secondo Dio (Gen 3,5). Così Adamo ed Eva hanno perduto immediatamente per sé e per tutti i loro discendenti, la grazia originale della santità e della giustizia” (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica n° 75).
La verità del peccato originale, costantemente insegnata dal Magistero della Chiesa in obbedienza di fede alla Sacra Scrittura, è che “in conseguenza del peccato originale la natura umana, senza essere interamente corrotta, è ferita nelle sue forze naturali, è sottoposta all’ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte, ed è incline al peccato. Tale inclinazione è chiamata concupiscenza” (Compendio, n° 77).
La bella notizia è che Dio “non ci ha abbandonato in potere della morte, ma nella sua misericordia a tutti è venuto incontro, perché coloro che lo cercano lo possano trovare… e ha tanto amato il mondo da mandare a noi la pienezza dei tempi il suo unico Figlio come salvatore” (Preghiera Eucaristica IV).
Con la grazia di Cristo redentore, l’uomo è chiamato alla santità, alla dignità di figlio di Dio, a godere eternamente nella comunione d’amore con la Trinità beata. Per questo deve vivere secondo il Vangelo: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi e mi segua” (Mt 16,24). Ed ancora: “Entrate per la porta stretta, perché larga e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti no sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7.13 -14).
San Paolo, per indicare come dobbiamo comportarci nel cammino di fede, porta l’esempio della corsa nello stadio e del pugilato: “Non sapete che nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile. Io dunque corro, ma non come chi è senza meta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l’aria, anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù, perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato” (Cor 9,24 - 27).
Per formarsi un carattere forte, che non si pieghi al vento delle mode e delle teorie mondane, che sappia comportarsi con la virtù della pazienza nelle vicissitudini della vita, è necessario un cammino ascetico che tende a disciplinare le varie facoltà, e a dominare le passioni per dirigerle a conseguire il fine loro proprio e a non deragliare nel vizio.
“Per aspera ad astra”, (affrontando e superando cose difficili si conquistano le vette) era il ritornello che rincuorava il cammino formativo. “Age contra” (và contro corrente), è la nostra situazione a meno che non vogliamo ridurci a “viver come bruti”. La vita cristiana, ed anche una vita dignitosa umana, deve risalire verso la sorgente della vita che è Dio e non lasciarsi travolgere dalle onde limacciose del peccato.
L’insegnamento della Chiesa è chiaro ed è convalidato dall’esperienza personale di ogni giorno: la nostra natura, in seguito al peccato originale, non è totalmente corrotta, ma è ferita ed incline al male. Redenti da Cristo, con la sua grazia possiamo vincere il male e percorrere le vie della santità, ma dobbiamo corrispondere alla grazia, perché come ci ammonisce S. Agostino, Dio che ci ha creati senza di noi, non ci salva senza di noi.
La concezione dell’Umanesimo Rinascimentale e le teorie dell’Illuminismo negano la necessità dell’ascetica, in quanto ipotizzano una natura umana tendente naturalmente al bene: ma questa natura non è mai esistita. L’uomo non nasce virtuoso, questo è riconosciuto da tutti pedagogisti ed è convalidato anche dalla convinzione dell’uomo della strada che è convintissimo che l’educazione dei figli risponde ad uno dei più grandi doveri dei genitori.
Ora, il bisogno dell’educazione, suppone la mortificante realtà di tendenze istintive stranamente ribelli alla ragione: si nasce con il virus di un egoismo che, lasciato in balia di se stesso, porta agli eccessi più vergognosi della sensualità e della presunzione.
“Siate voi dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48)
È il comando di Gesù. Il papa Benedetto XVI, parlando all’ultimo Sinodo dei Vescovi, ha ricordato che per raggiungere questo ideale di perfezione evangelica, dobbiamo continuamente riparare noi stessi: “In uno strumento musicale a corde che ha una corda rotta, la musica non può essere suonata come dovrebbe. Così la nostra anima appare come uno strumento musicale nel quale purtroppo qualche corda è rotta, e quindi la musica di Dio che dovrebbe suonare dal profondo della nostra anima non può echeggiare bene. Rifare questo strumento, conoscere le lacerazioni, le distruzioni, le negligenze, quanto è trascurato, e cercare che questo strumento sia perfetto, sia completo perché serva a ciò per cui è creato dal Signore”.
Dir questo è lo stesso che affermare la necessità di un continuo cammino ascetico.

LA LOTTA CONTRO LA PROPRIA CARNE






LA LOTTA CONTRO LA PROPRIA CARNE



 
 
Royo Marìn
 
Rimedi contro la concupiscenza
La lotta contro la propria sensualità termina solo con la morte. Essa tuttavia assume un carattere di partico­lare violenza agli inizi della vita spirituale (via purga­tiva), soprattutto per un’anima tornata a Dio dopo una vita di disordini e di peccati. La ragione naturale ci suggerisce alcuni rimedi utili nella pratica; i piú ef­ficaci, però, ci provengono dalla Fede e sono d’indole soprannaturale .
1) Mortificarsi nelle cose lecite. ‑ La prima precauzione da prendere nella lotta contro la propria sensualità è quella di non giungere mai al limite delle soddisfazioni permesse. Pretendere di fermarsi in tempo e, con l’ausilio della ra­gione, di avvertire il limite preciso oltre il quale comincia il peccato, è una stoltezza. A ragione afferma Clemente A­lessandrino che «ben presto faranno quello che non è per­messo coloro i quali fanno tutto quello che è permesso» .
D’altra parte, come si può conciliare con la perfezione una condotta che non fa caso dei consigli e non tiene in con­siderazione se non i precetti gravi ?
 Incredibile fin dove si può giungere nella mortifica­zione dei propri gusti e capricci senza compromettere af­fatto, favorendo anzi, la salute del corpo e il benessere del­l’anima. Se vogliamo mantenerci lontani dal peccato e camminare a grandi passi verso la perfezione, è necessario sba­razzarsi senza esitazione di un gran numero di sensazioni in­tese a soddisfare la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto e il tatto. Ritorneremo su questo argomento quando tratteremo della purificazione dei sensi esterni.
2) Amare la sofferenza e la croce. ‑ Nulla si oppone tan­to agli assalti della sensualità quanto il soffrire con calma e costanza d’animo gli assalti del dolore e l’imporselo volon­tariamente. Tale è stata sempre la condotta di tutti i santi, che giunsero, a volte, fino all’incredibile nella pratica positiva della mortificazione cristiana. La ricompensa per tali privazioni è splendida anche su questa terra. Viene un mo­mento in cui non possono più soffrire perché hanno trovato la loro gioia nel dolore. Frasi come queste: «0 patire o morire» (S. Teresa), «Non morire, ma patire» (S. Maria Maddalena de’ Pazzi), «Patire, Signore, ed essere disprez­zato per voi» (S. Giovanni della Croce), «Sono giunta al punto di non poter più soffrire, perché mi è dolce ogni pa­timento» (S. Teresina del Bambino Gesù) suppongono un meraviglioso dominio di sé e rappresentano la migliore sal­vaguardia contro gli assalti della sensualità.
3) Combattere l’ozio. ‑ Il seme della sensualità trova un terreno propizio nell’anima oziosa. L’ozio è il padre di tutti i vizi: «Multam enim malitiam docuit otiositas» (Ecc­li. 33,29), ma specialmente della voluttà della carne.
Tra tutte le occupazioni, quelle di indole intellettuale sono particolarmente indicate per ostacolare la sensualità. Infatti l’esercizio predominante dell’intelletto sottrae alle passioni sensuali gli oggetti che le alimentano. E Per espe­rienza quotidiana sta li ad insegnar i che le voluttà della carne oscurano e debilitano lo spirito, mentre la tempe­ranza e la castità predispongono in modo mirabile al lavoro intellettuale.
4) Fuga delle occasioni pericolose. Il più impor­tante e decisivo rimedio d’ordine naturale. La volontà più energica cade con facilità se viene sottomessa imprudente­mente alla dura prova di una occasione suggestiva. S. A­gostino parlando del suo amico Alipio, ci ha lasciato una pagina drammatica a questo proposito. Non tengono pro­positi energici né determinazioni irremovibili: tutto cede davanti alla forza terribile affascinatrice di un’occasione. I sensi si eccitano, la fantasia si accende, la passione aumenta di forza, si perde i controllo di sé e soggiunge, inevitabile la caduta.
Soprattutto bisogna esercitare la più rigorosa vigilanza sul senso della vista. Si ricordi la profonda sapienza racchiu­sa nell’adagio popolare: «Occhio non vede, cuore non duole». Ci sono dei temperamenti che non hanno difficoltà a mantenersi buoni quando i loro occhi non incontrano inciampi, ma soccombono con incredibile facilità quando una immagine suggestiva ferisce il loro sguardo.
Finora abbiamo parlato di mezzi naturali. Ora vo­gliamo ricordare quelli che ci propone la Fede. La Fede ci consiglia:
5) Considerare la dignità del cristiano. ‑ L’uomo dotato di un’anima razionale è superiore al mondo animale. Non dovrebbe quindi lasciarsi sopraffare dalla sensualità, che ha in comune con le bestie abbassando e sminuendo la sua di­gnità.
Che dire poi della sua vocazione cristiana? Mediante la Grazia è stato elevato all’ordine soprannaturale, ha ricevuto una misteriosa, ma reale, partecipazione alla natura divina, è divenuto figlio di Dio mediante un’adozione intrinseca. di gran lunga superiore alle adozioni umane. Finché si con­serva in tale stato è erede del cielo per diritto proprio ­«si filii et heredes» (Rom. 8, 17). La sua dignità è tanto alta, che non trova riscontro in tutto il resto della creazione, su­pera anche la natura angelica considerata in se stessa . Per questo, S. Tommaso non esita ad affermare che il bene soprannaturale di un solo individuo, frutto della Grazia san­tificante vale più del bene naturale di tutto l’universo.
Ora, sarà mai possibile che un cristiano, il quale crede e pensa seriamente a queste verità, si lasci trascinare dalle passioni più vili, privandosi all’improvviso, della sua divina grandezza e abbassandosi al livello dei bruti? S. Paolo non trovava argomento più forte per tener lontani dai disordini della carne i primi cristiani: «Non sapete che i vostri corpi sono le membra di Cristo? Prenderò io dunque le membra del Cristo per farne le membra di una meretrice?... 0 non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi, che avete da Dio, e che voi non vi appartenete ? Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo» (Cor. 6,15‑20).
6) Considerare il castigo del peccato. ‑ Se la nobiltà di motivi tanto elevati non impressionasse le intelligenze avvilite dal peccato, potrà tornare utile considerare i castighi riservati ai vizi della gola e della lussuria nel purgatorio o nell’inferno. La S. Scrittura ce ne offre numerosi esempi. Il salmista chiede a Dio che il timore dei suoi giudizi penetri nella sua carne allo scopo di rimanere fedele ai suoi comanda­menti . S. Paolo castigava il suo corpo e lo riduceva in servitù, per non perdere se stesso dopo aver predicato agli altri, ecc. Contro l’impeto della passione che ricerca avi­damente il piacere, non v’è nulla di più opportuno che richia­mare alla mente i tormenti dell’inferno o del purgatorio. Perché, anche nell’ipotesi in cui l’uomo si sollevi dalla colpa e conseguisca la remissione del peccato ‑cosa molto in­certa e che può mancare con facilità‑, gli rimane ancora un reato di pena temporale, che dovrà espiare in questa vita con una dura penitenza o nell’altra con le terribili pene del purgatorio. E il dolore che dovrà sopportare supera di gran lunga il brevissimo piacere che ha conseguito peccando. Anche da questo solo punto di vista, il peccatore realizza un cattivo affare: la sua perdita è sicura.
7) Il ricordo della Passione di Gesù Cristo. ‑ I motivi ispirati dall’amore sono molto più nobili di quelli che provengono dal timore. Gesù Cristo fu inchiodato sulla croce a causa dei nostri peccati. Il peccatore approva tale misfatto dal momento che crocifigge di nuovo Gesù Cristo, rinnovando la causa della sua morte. La più elementare gratitudine e la delicatezza verso il Redentore deve trattenerci dal male. An­che nella supposizione che nulla abbiano a che vedere i no­stri peccati con la sua sofferenza, la considerazione di un capo coronato di spine dovrebbe farci arrossire ogni volta che andiamo alla ricerca del piacere, come dice S. Bernardo. S. Paolo fa della mortificazione della carne la prova decisi­va della reale appartenenza a Cristo. E S. Pietro afferma che è necessario farla finita con il peccato perché Cristo patí nella carne.
8) L’orazione umile o perseverante. ‑ Senza la Grazia di Dio è impossibile trionfare nella concupiscenza; e questa Grazia Dio la concede infallibilmente a colui che prega con le dovute disposizioni.
L’autore della Sapienza riconosce apertamente di non poter rimanere continente se Dio non l’aiuta. L’Ecclesia­stico implora di essere preservato dalla concupiscenza e dai desideri lascivi. S. Paolo chiese tre volte al Signore di essere liberato dallo stimolo della carne, e il Signore gli ri­spose che gli bastava la sua Grazia, la quale si perfeziona nell’infermità.
L’efficacia dell’orazione ben fatta fu già ampiamente di­mostrata nel paragrafo corrispondente.
9) La devozione filiale a Maria Santissima.‑ L’Immacolata, Ma­dre di Dio e Madre nostra, è anche la Mediatrice di tutte le grazie l’Avvocata e il Rifugio dei peccatori. Una profonda e tenera devozione a Maria, la invocazione fiduciosa ed ar­dente del suo nome nell’ora del pericolo costituisce una infallibile garanzia, di vittoria. S. Alfonso Maria de’ Liguo­ri soleva domandare a chi temeva di avere acconsentito al­la tentazione: «Hai invocato Maria?». La risposta affermati­va rappresentava per il santo una prova decisiva della vit­toria di quell’anima.
10) La frequenza ai Sacramenti. Il rimedio più sicuro ed efficace contro ogni specie di peccato, soprattutto contro gli assalti della concupiscenza.
La Confessione non solamente cancella le mancanze passate, ma ci dà forze ed energie onde preservarcene in futuro.
L’anima che si sente schiava dei vizi della carne deve accorrere anzitutto a questa fonte di purificazione, regolando la frequenza delle sue confessioni, secondo le forze di cui ha bisogno per non cadere, non per sollevarsi dalla colpa dopo la caduta. È errata l’abitudine di accostarsi al Sacramento solo dopo che si è registrata la caduta; cosí facendo non si giungerà mai all’estirpazione dell’abito vizioso, anzi esso andrà sem­pre più radicandosi, per la ripetizione degli stessi atti. È necessario prevenire le cadute, avvicinandosi al Sacramento della Penitenza ogni qualvolta l’anima avverte che sta ca­lando di forze e non si sente più sicura di ricacciare la ten­tazione. Se, per conseguire la stabilità spirituale, agli inizi lo si ritiene necessario, non bisogna esitare a confessarsi anche due o tre volte alla settimana. Né si pensi di esagerare: Non si è mai troppo solleciti quando si tratta di liberarsi dalla schiavitù del peccato e incominciare a respirare l’aria pura della libertà propria dei figli di Dio.
Sarà di grande utilità avere un confessore fisso al quale manifestare tutta la nostra anima e dal quale ricevere l’aiu­to e il consiglio. Il dover sempre rendere conto della pro­pria anima allo stesso confessore impedisce i voli dell’im­maginazione e frena l’impeto delle passioni. La S. Comunione ha un’efficacia sovrana contro le con­cupiscenze della carne, poiché in essa riceviamo, vero e reale, l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. La sua anima santissima trasmette alla nostra le grazie di fortezza e di resistenza contro il potere delle passioni. La sua carne purissima a contatto con la nostra peccatrice la spiritualizza e divinizza. Non per nulla l’Eucaristia è stata chiamata il pane degli angeli e il vino che genera i vergini. I giovani, soprattutto, necessitano di questo divino rimedio. L’esperienza nella direzione delle anime mostra chiaramente che non c’è nulla di tanto utile ed efficace per mantenere un giovane nella temperanza e nella castità quan­to la Comunione frequente e quotidiana.