ATTENTI
ALLA MEDITAZIONE TRASCENDENTALE
EVITATELA E’ PERICOLOSA
NON CRISTIANA
ALLA MEDITAZIONE TRASCENDENTALE
EVITATELA E’ PERICOLOSA
NON CRISTIANA
Il gesuita Padre Francesco Piras s. J. lascio' fa dei corsi di meditazione trascendentale e all'Unione sarda, quotidiano della Sardegna, leggerete che questo sacerdote afferma che "L'inferno e' vuoto". Questo e' terribile.
"Il gesuita zen e i suoi mille allievi". Intervista a Padre Francesco Piras s.J. Un viaggio affascinante alla ricerca della consapevolezza: incontro con Padre Francesco Piras, nel ’82 ha fondato la prima scuola di meditazione. Padre Piras, l’inferno esiste? «Sì, ma è vuoto». Ride con uno sguardo da bambino discolo, questo gesuita di 87 anni che ama il paradosso e rifugge dalle risposte facili. Colto e arguto come sanno essere i membri della Compagnia di Gesù, deve essere anche ben forte, se alla sua età continua a viaggiare ogni settimana da Cagliari ad Alghero, da Alghero a Sassari e di nuovo a Cagliari per incontrare le centinaia di persone che da anni seguono i suoi corsi di meditazione trascendentale. Nell’82, quando cominciò in città, i suoi allievi non erano più di una quarantina, e tutti
studenti universitari che si ritrovavano con lui, una volta alla settimana, nella sacrestia barocca della chiesa di San Michele. Vent’anni dopo, quegli studenti ci sono ancora, col doppio degli anni, la sacrestia ha lasciato il posto alla sala di via Ospedale 4, i quaranta sono diventati più di mille. Donne e uomini di ogni ceto e cultura, cattolici, protestanti, buddisti, agnostici, atei che vedono in lui un importante punto di riferimento spirituale. Seduto in un saletta dell’alloggio dei Gesuiti di San Michele, il vecchio gesuita ha l’aria di una persona che conosce bene il mondo ma non lo prende troppo sul serio. «Calderon de la Barca diceva che la vita è un sogno. La meditazione ci sveglia da un sogno che si chiama realtà, ci sgombra la mente rendendoci consapevoli». Nato a Villanova Monteleone nel febbraio del 1915, Francesco Piras ha 19 anni quando, dopo la maturità all’Azuni di Sassari, sceglie di diventare gesuita. Due anni di noviziato a Gozzano, in Piemonte, tre anni di filosofia e psicologia a Gallarate, quattro anni di lettere e filosofia all’Università, quattro anni di studi teologici, e infine un anno di spiritualità a Salamanca. Un corso di studi “matto e disperatissimo” comune alla maggioranza dei seguaci di Sant’Ignazio di Loyola. Per vent’anni è il padre spirituale degli allievi della scuola dei Gesuiti di Torino, tra i suoi ragazzi c’è Piero Fassino. «Di cultura materialista, ma ricco di umanità». Da Torino a Termini Imerese, dove la Fiat ha una casa-albergo per i dipendenti. «L’ho diretta per otto anni, un’esperienza straordinaria. Qualcuno si chiederà che cosa ci facesse un gesuita, con la Fiat. Avevano bisogno di una figura spirituale che seguisse gli operai e i dirigenti, molti dei quali miei ex
alunni. Erano anni di grande conflittualità, io fungevo un po’ da cuscinetto. Ho sempre rispettato tutti e tutti mi hanno rispettato. Poi la Fiat costruì le case e l’albergo fu chiuso». È allora che torna nella sua terra, a Cagliari, nella casa dei Gesuiti dove attuamente vive con i suoi quattordici confratelli. Subito decide di aprire in città una scuola di meditazione che prescinda dalla religione, indu, zen, o cristiana. L’alsaziano padre Lassalle, promotore della spiritualità zen, è il suo maestro. «Il primo a capire che se si voleva convertire il Giappone bisognava calarsi nella mentalità del suo popolo». Oggi parlare di Oriente è di moda. Ma quando lei cominciò il terreno doveva essere assai meno fertile. «Vent’anni fa fuori dalla Sardegna c’erano solo due centri tenuti da cristiani e uno da buddisti italiani. Tutti volevano fare proseliti. A Cagliari non c’era niente, ho intuito che si dovesse fare qualcosa. Ho cercato di presentare la meditazione come un fatto autentico, senza chiedere nulla se non il benessere fisico e spirituale della persona». Come fu accolta la sua idea dagli altri gesuiti? «Con una diffidenza che con l’andare degli anni è diventata sempre meno forte. Ora i miei superiori sono felicissimi di questa iniziativa». Anche se chi la segue non è necessariamente cattolico, o praticante... «Lo scopo non è quello, ma la naturale conseguenza è che quando si sviluppa la parte spirituale si diventa più seri. Parlo della serietà di una vita cristiana o laica improntata a principi etici forti».
Perché tante persone si avvicinano a questa pratica orientale? «Per curiosità, per ridurre lo stress, per avere una pace interiore. In questa nostra società sopraffatta dal materialismo e dalla violenza forse abbiamo il desiderio di fermarci». Eppure, tra i cinquecento cagliaritani che ogni anno si iscrivono al primo corso, c’è qualcuno che si ritira... «La meditazione fa paura perché ti fa entrare in te stesso e ti rende libero». La libertà non è mai gratuita, significa soffrire, scontrarsi. «Sì, ma bisogna affrontare la realtà come è, non come ce la immaginiamo. Aspettative, delusioni, questo ci fa ammalare». Vent’anni di meditazione come hanno inciso sul maestro? «Sono più riflessivo, più concentrato, e anche più sano». L’ideale di saggezza? «Affrontare la vita, sapendo che le cose sono così. Se uno ha una fede sa che la vita è guidata da Dio». E chi non ha questa fede? «Sa che in una relazione umana giusta si può trovare la pace». Preferisce un tiepido o un ateo? «Un ateo coerente, dotato di una forte coscienza. È la strada per avvicinarsi a Dio». Ama il tuo prossimo come te stesso significa anche amare noi stessi. Come ci possiamo amare davvero? «Amare se stessi significa migliorarsi, rispettarsi, e perdonarsi».
Il senso di colpa fa tanti danni... «Io penso che bisogna imparare ad accettare gli sbagli. Guardandoli in faccia, ci miglioriamo senza sforzo». In che cosa le persone dimostrano stupidità? «Viviamo troppo concentrati sui nostri problemi, dovremmo stare più appresso agli altri». Che cos’è la tolleranza? «Una parola che non mi piace. La tolleranza ti fa sentire superiore, l’apertura invece ti fa capire che il bello è anche altrove, non appartiene solo a noi». Questo riguarda anche il rapporto tra religioni e culture diverse: non crede che troppo spesso si identifichi l’Islam con il fondamentalismo e il terrorismo? «Niente di più sbagliato, il Corano parla di amore». Si può accettare la morte anche se non si crede in Dio e in un’altra vita? «Epicuro diceva che non bisogna avere paura della morte, perché quando c’è lei non ci siamo noi, e quando ci siamo noi non c’è lei. La verità è che Dio ci aiuta a vivere ed è anche padre. Dio è amore, e chi ama - dice Matteo - è salvo». Nella sala di via Ospedale martedì alle 20,30 una lezione illustrativa per i nuovi iscritti: Nan-in, un maestro giapponese dell’era Meiji, ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò
traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. «È ricolma. Non ce n’entra più!». «Come questa tazza», disse Nan-in, «tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?». È una delle storie Zen che padre Piras racconta ai suoi allievi, all’inizio dei corsi, per far capire loro l’importanza di avere una mente sgombra da pensieri e giudizi. Entrare dentro se stessi significa fare il vuoto. E si può farlo - utilizzando le giuste tecniche - anche se si è circondati da cinquecento persone, tutte con gli occhi chiusi, il respiro regolare, la schiena ben dritta, le mani abbandonate sul grembo. In questa dimensione del silenzio, corpo e anima si incontrano in perfetta armonia, la persona diventa più consapevole di sé, fa suo, col tempo, un diverso modo di vivere, basato sul “lasciare che le cose accadano” orientale e non sull’interventismo occidentale. Apprendere l’arte della meditazione non è facile, occorre serietà ed esercizio. E soprattutto una grande dose di pazienza. Padre Piras lo raccomanda sempre ai suoi “allievi”, lo ripeterà anche dopodomani (martedì 15) alle 20,30 ai nuovi partecipanti che seguiranno la lezione illustrativa. Tutti le persone interessate a seguire il primo corso devono presentarsi in via Ospedale 4 entro le 20,15. Un quarto d’ora più tardi, si chiuderanno le porte e nessuno potrà entrare