RIFLESSIONI LOGICHE
NON SEMPRE COERENTI CON LO SPIRITO DEL VANGELO
L’ERESIA E GLI ERETICI (Tommaso
d’Aquino, Summa Teologica, La fede: questione n. 11))
Passiamo ora a parlare dell'eresia.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti: 1. Se l'eresia sia una delle specie
dell'incredulità; 2. Quale sia la materia di cui si occupa; 3. Se gli eretici
si debbano tollerare; 4. Se quelli che si ravvedono si debbano accogliere.
1 SE L'ERESIA SIA UNA
DELLE SPECIE DELL'INCREDULITÀ
SEMBRA che l'eresia non sia
una delle specie dell'incredulità. Infatti:
1. L'incredulità, come abbiamo
visto, risiede nell'intelletto. Invece l'eresia non sembra appartenere
all'intelletto, ma alla volontà. Scrive infatti S. Girolamo: "Eresia in
greco significa elezione, o scelta, per il fatto che ognuno sceglie con essa
l'opinione che considera migliore". Ora, l'elezione è un atto della
volontà, come sopra abbiamo dimostrato. Dunque l'eresia non è una specie di
incredulità.
2. Un vizio viene specificato
soprattutto dal fine. Infatti il Filosofo ha scritto, che "chi commette
adulterio per rubare, è più ladro che adultero". Ma l'eresia ha come suo
fine un vantaggio temporale e specialmente il dominio e la gloria, che
rientrano nel vizio della superbia, o della cupidigia. Infatti S. Agostino
afferma che "eretico è colui che produce, o segue opinioni nuove e false,
spinto da un vantaggio temporale, e specialmente dal desiderio della propria
gloria e del proprio dominio". Dunque l'eresia non è una specie
dell'incredulità, ma della superbia.
3. L'incredulità, essendo
nell'intelletto, non può appartenere alla carne. Invece l'eresia, a detta
dell'Apostolo, è tra le opere della carne: "Ora le opere della carne è
manifesto quali sono: fornicazione, impurità... divisioni, sette". E queste
ultime si identificano con le eresie. Dunque l'eresia non è una specie di
incredulità.
IN CONTRARIO: La falsità si
contrappone alla verità. Ma "l'eretico è colui che produce, o segue
opinioni nuove e false". Quindi l'eresia si oppone alla verità, su cui
invece poggia la fede. Perciò essa rientra nell'incredulità.
RISPONDO: Il termine eresia
implica l'idea di scelta, come si è visto. E la scelta, o elezione, ha per
oggetto i mezzi, presupponendo già stabilito il fine, stando alle spiegazioni
date. Ora, nel credere il volere accetta una data verità quale bene suo
proprio, come sopra abbiamo visto. Infatti la verità principale ha natura di
ultimo fine; mentre le verità secondarie hanno natura di mezzi. E quando si
aderisce alle parole di qualcuno, la cosa principale, e quasi finale, in ogni
atto di fede è proprio colui alla cui parola si crede: sono invece secondarie
le cose di cui si occupa in codesta adesione. Perciò chi ha in pieno la fede
cristiana aderisce a Cristo con la propria volontà nelle cose che riguardano la
sua dottrina. E quindi uno può deviare dalla fede cristiana in due maniere.
Primo, rifiutandosi di aderire a Cristo: e costui in qualche modo è mal
disposto verso il fine medesimo. E si ha così quella specie di incredulità che
è propria dei pagani e degli Ebrei. Secondo, perché, pur volendo aderire a
Cristo, uno sbaglia nella elezione dei mezzi: poiché non sceglie le verità che
sono state realmente insegnate da Cristo, ma cose a lui suggerite dalla propria
intelligenza. Perciò l'eresia è la specie di incredulità propria di coloro che,
professando la fede di Cristo, ne corrompono i dogmi.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. L'elezione sta
all'incredulità, come la volontà sta alla fede, secondo le spiegazioni date.
2. I vizi ricevono la loro
specie dal fine prossimo, ma nel fine remoto essi hanno il loro genere e la
causa. Quando uno, p. es., commette adulterio per rubare, si ha in questo una
specie di adulterio, desunta dal fine immediato e dall'oggetto; ma dal fine
ultimo risulta che l'adulterio è nato dal furto, e da questo dipende come
effetto dalla causa, e come specie dal suo genere. Ciò fu chiarito nel trattato
precedente sugli atti umani in generale. Parimente, nel caso nostro il fine
prossimo dell'eresia è l'attaccamento alle proprie false idee: e di qui essa
riceve la sua specie. Ma dal fine remoto risulta quale è la sua causa: essa
cioè nasce dalla superbia o dalla cupidigia.
3. Come eresia viene da
scegliere (αιρειν), così setta viene da sectari
(seguire), secondo la spiegazione di S. Isidoro. Perciò eresia e setta sono la
stessa cosa. E appartiene alle opere della carne, non per il rapporto di questo
atto di incredulità col suo oggetto prossimo, ma in rapporto alla sua causa: la
quale è, o il desiderio di un fine disonesto, nascendo esse dalla superbia o
dalla cupidigia, come abbiamo detto; oppure è un'illusione fantastica, la
quale, a detta del Filosofo, può essere causa di errore. E la fantasia stessa
in qualche modo appartiene alla carne, in quanto i suoi atti sono dovuti a un
organo corporeo.
2 SE L'ERESIA
PROPRIAMENTE ABBIA PER OGGETTO LE COSE DI FEDE
SEMBRA che l'eresia
propriamente non abbia per oggetto le cose di fede. Infatti:
1. Come nota S. Isidoro, le
eresie esistono tra i cristiani come un tempo esistevano tra gli Ebrei e tra i
farisei. Ma il dissidio tra costoro non aveva per oggetto le cose di fede.
Perciò l'eresia non ha come proprio oggetto cose di fede.
2. Materia di fede sono le
cose credute. Invece le eresie non si fermano alle sole cose, ma riguardano le
parole, e le interpretazioni della Sacra Scrittura. Infatti S. Girolamo
afferma, che "chiunque intende la Scrittura in un senso diverso da quello
inteso dallo Spirito Santo, che ne è l'autore, anche se non si allontana dalla
Chiesa, si può chiamare eretico". E altrove egli dice, che "dalle
parole inconsiderate nascono le eresie". Dunque l'eresia propriamente non
riguarda le materie di fede.
3. Anche ai Santi Dottori
capita di dissentire in cose di fede: così avvenne a S. Girolamo e a S.
Agostino, p. es., a proposito della cessazione delle osservanze legali. E
tuttavia ciò non implica un peccato di eresia. Perciò l'eresia non ha per
oggetto propriamente le cose di fede.
IN CONTRARIO: S. Agostino così
scriveva contro i Manichei: "Nella Chiesa di Cristo sono eretici coloro i
quali abbracciano qualche idea corrotta o cattiva, e corretti resistono con
ostinazione, rifiutandosi di emendare i loro insegnamenti pestiferi e
mortiferi, insistendo a difenderli". Ora, gli insegnamenti pestiferi e
mortiferi sono precisamente quelli contrari ai dogmi della fede, mediante la
quale, a detta di S. Paolo, "il giusto vive". Dunque l'eresia ha per
oggetto suo proprio le cose di fede.
RISPONDO: Parliamo qui
dell'eresia in quanto implica una corruzione della fede cristiana. Ora, alla
corruzione della fede cristiana non importa nulla, se uno ha una falsa opinione
in cose estranee alla fede, p. es., in geometria o in altri campi; ma solo quando
uno ha una falsa opinione sulle cose riguardanti la fede. E una cosa può
appartenere alla fede in due modi, come sopra si è detto: primo, in maniera
diretta e principale, come gli articoli di fede; secondo, in maniera indiretta
e secondaria, come quelle asserzioni dalle quali deriva la negazione di qualche
articolo. Ebbene, in tutti e due codesti casi una cosa può essere oggetto
dell'eresia, come può esserlo della fede.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:
1. Come le eresie degli Ebrei
e dei farisei riguardavano certe opinioni attinenti al giudaismo e al
fariseismo, così le eresie dei cristiani riguardano cose attinenti alla fede di
Cristo.
2. Si dice che uno espone la
Scrittura diversamente da quanto intendeva lo Spirito Santo, quando le fa dire
con la sua interpretazione cose contrarie a quanto lo Spirito Santo ha
rivelato. Perciò sta scritto dei falsi profeti, che "persistevano a
confermare il discorso", usando cioè false interpretazioni della
Scrittura. - Parimente, uno professa la sua fede con le parole che proferisce:
infatti la confessione è, come abbiamo detto, un atto di fede. Perciò un
parlare inconsiderato sulle cose di fede può dar luogo a una corruzione della
fede. Ecco perché S. Leone Papa scriveva: "Poiché i nemici della croce di
Cristo spiano tutte le nostre parole e tutte le nostre sillabe, non dobbiamo
dare neppure la più piccola occasione di supporre che noi ci esprimiamo nel
senso di Nestorio".
3. Rispondiamo con S.
Agostino: "Se uno difende senza animosità e senza ostinazione la propria
opinione, sia pure falsa e perversa, e cerca con la dovuta sollecitudine la
verità, pronto a seguirla quando la trova, non si può annoverare tra gli
eretici": perché non ha la determinazione di contraddire l'insegnamento
della Chiesa. E in tal senso alcuni Santi Dottori furono in disaccordo, o su
questioni che per la fede sono indifferenti; oppure su cose riguardanti la
fede, ma che la Chiesa non aveva ancora determinato. Sarebbe invece un eretico
chi si opponesse ostinatamente a una simile definizione, quando fossero state
determinate dall'autorità della Chiesa universale. E questa autorità risiede
principalmente nel Sommo Pontefice. Nei canoni infatti si legge: "Tutte le
volte che si tratta della fede penso che tutti i vescovi nostri confratelli
debbano ricorrere a nessun altro che a Pietro, cioè a chi detiene la sua
autorità". E contro l'autorità del Pontefice, né S. Agostino, né S.
Girolamo, né altri Santi Dottori, osarono difendere la propria sentenza. Scrive
infatti S. Girolamo: "Questa è la fede, o Beatissimo Padre, che abbiamo
appreso nella Chiesa Cattolica. E se nella nostra formulazione abbiamo detto o
posto qualche cosa di inesatto o di avventato, desideriamo di essere corretti
da te, che possiedi la fede e la cattedra di Pietro. Ma se questa nostra confessione
è approvata dal tuo giudizio apostolico, chiunque vorrà accusarmi dimostrerà di
essere ignorante o malevolo; oppure non cattolico, ma eretico".