lunedì 24 aprile 2017

LA BIBLIOMANZIA


LA BIBLIOMANZIA

 
Non è consigliato aprire la Bibbia a caso senza pregare e per curiosità, perché non si cada nella pratica della bibliomanzia, cioè mi riferisco in particolare a molti cattolici che hanno la mania di aprire la Bibbia a caso senza pregare solo per curiosità, o per sapere cosa Dio gli chiede ma poi non lo fanno. Aprono una pagina della Sacra Scrittura e la richiudono perché non gli piace e la riaprono di nuovo, finché poi trovano ciò che gli piace. Questo è sbagliato.
Per esempio, è quello che accadde a Sant’Agostino, che nel momento cruciale della sua conversione, aveva con sé le Lettere di San Paolo e aprendole deciso a prendere come volontà di Dio il primo passo che vi avrebbe letto, gli capitò Romani 13, dove si dice: “non fra impurità e licenze”, “indossiamo le armi della luce”. Subito sentì che leggendo gli veniva addosso una luce e una serenità tali che capì di poter vivere casto. Lo stesso accadde a san Francesco, quando non sapeva ancora cosa fare, andò in una chiesa e aprì tre volte il Vangelo e ogni volta usciva fuori un brano che parlava dell’invio degli apostoli senza bastone, bisaccia, senza denaro, senza due tuniche, e disse: questo è quello che il Signore vuole per noi. Ma gli esempi si moltiplicano fino ai nostri giorni. Teresa di Lisieux non sapeva che cosa fare, aprì la Lettera ai Corinzi e vi trovò la sua vocazione a essere il cuore, a essere la carità.
Questo uso della Scrittura si può fare solamente quando si vive in un clima spirituale di ubbidienza a Dio. Non si scherza con Dio, perché Dio non si interroga per scherzo, si interroga anzitutto decisi a fare quello che Lui ci farà capire e fare ciò che Egli ci chiede.


 
Il popolo israelita, fortemente influenzato nei secoli dalla cattività egiziana e babilonese, difficilmente riuscì a troncare i rapporti con l’idolatria e con le usanze esoteriche dei popoli con cui veniva a contatto. Tra di queste vi fu la bibliomanzia (dal greco “βιβλίον” e “μαντεία”, “divinazione attraverso i libri“), ovvero un sistema di pratiche in cui alcuni passi della Bibbia, nello specifico i Salmi ed altri libri dell’Antico Testamento, venivano utilizzati per scopi magici o superstiziosi.
Questo termine fu registrato per la prima volta in una versione della “
Cyclopaedia“, la prima enciclopedia della storia pubblicata a Londra nel 1728, e viene associato alla rapsodomanzia (“divinazione attraverso una poema/ode“) ed alla sticomanzia (“divinazione attraverso un verso/passaggio scelto a caso“).
Gli storici, pur non concordando riguardo l’epoca o il secolo di nascita di questa usanza occulta, ritengono altamente determinante l’influenza ellenica in quanto, come ricorda
Richard Heim in “Incantamenta Magica Graeca Latina” (1892), i greci erano soliti trarre presagi dai testi omerici. Allo stesso modo, i romani conoscevano bene la pratica delle sortes, e in particolare le sortes Virgilianæ e le sortes Homericæ. Da quest’ultime nacque, molto probabilmente, la pratica presso alcuni cristiani vicino allo gnosticismo delle sortes Sanctorum (la divinazione attraverso il Nuovo Testamento e la Bibbia in termini più generali).

In tempi remoti molti erano i passaggi biblici che venivano interpretati secondo una stretta logica esoterica: si passava dal legarsi un filo sulle dita o portare alcuni talismani basandosi su di un passo del
Deuteronomio (6:8) sino all’incidere enigmatiche parole o frasi sugli stipiti della casa seguendo un’indicazione dell’Esodo (12:22).
Allo stesso modo, le sessanta lettere ebraiche della benedizione sacerdotale in
Numeri 6:22-27 venivano da alcuni ritenute delle imprecisate “sessanta potenze d’Israele” da invocare contro i terrori della notte, ovvero gli spiriti del male. Queste invocazioni non di rado contenevano versi di salmi apocrifi, salmi denominati “canzoni contro i demoni” (“Shir shel Pega’im”, vedere articolo “I demòni nella tradizione biblica e popolare antica“), ed alcuni passaggi son perfino stati ritrovati incisi in un’antica tomba a Kerč’ secondo quanto riportato dal biblista Lajos Blau in “Das altjüdische Zauberwesen” (1898).
Il passo dell’
Esodo 15:26, assieme ad alcuni estratti del Salmo 3 e del Levitico, furono utilizzati per scopi curativi e per scongiurare i brutti sogni. I Salmi 28 e 29 venivano invece recitati affinchè coloro che bevevano acqua da torrenti o laghi il mercoledì e il sabato sera non affogassero.
In verità sarebbe davvero arduo citare in questa sede tutti i versetti dell’Antico Testamento che gli israeliti usavano con intenti magici. Mi limiterò, per far comprendere al lettore la modalità, a listare alcuni esempi riportati dallo studio del 1902 “
Mitteilungen der Gesellschaft für Jüdische Volkskunde“:

Genesi 1:1-2: Per rendersi invisibile.
Genesi 1:1-5: (Solamente le ultime lettere) Per confondere una persona.
Genesi 21:1-2: Per alleviare le sofferenze del parto.
Genesi 24:1-4: Per divinazione e giuramenti.
Genesi 32:31: Per evitare pericoli durante il viaggio.
Esodo 11:7: Per proteggersi contro i cani randagi.
Numeri 11:2: Per proteggersi dal fuoco.
Proverbi 16:1: Per rafforzare la memoria.

Allo stesso modo di tutte le altre forme di magia formatesi all’interno del contesto culturale israelita, anche la bibliomanzia fu ben presto adottata anche da popoli stranieri.
Come fa notare Blau, diversi papiri magici del secondo e terzo secolo d.C. (per approfondimenti sui papiri magici rimando al mio articolo “
La magia popolare. Un confronto con il mondo antico“) mostrano una chiara origine ebraica con molti passaggi biblici utilizzati per scopi occulti.
Anche il Libro dei Salmi, come detto, trovava ampio spazio, assieme alla Torah, nel sistema esoterico antico: questa pratica viene, a volte, definita salmomanzia (personalmente trovo futile il termine poichè anche i Salmi sono contenuti nella Bibbia, pertanto si parla sempre di bibliomanzia).
I versi, essendo da sempre tra i preferiti per le preghiere, con molta facilità divenivano incantesimi, frasi da ripetere in maniera ossessiva per scongiurare la malasorte o incisioni su tavolette magiche. Questa usanza d’origine chiaramente ebraica fu adottata successivamente anche dai cristiani siriani ed europei nei primi secoli dopo Cristo. Sebbene non vi siano particolari esempi da esporre in questa sede, è bene ricordare che l’uso dei Salmi era comunque assai diffuso per un gran numero di necessità.

Cleidomanzia

Di tutte le strane arti occulte che si sono sviluppate attorno alle Sacre Scritture, la cleidomanzia (dal greco “κλείς” e “μαντεία”, “divinazione attraverso la chiave“) appare essere la più misteriosa.
Pochissimo si sa riguardo il rituale oltre al fatto che sia d’origine cristiano-misterica. Secondo alcune fonti la cleidomanzia era praticata in ambito giudiziario da pochi iniziati in quanto complicata, in determinate fasi lunari: il nome dell’accusato veniva scritto su un foglio arrotolato attorno una chiave legata a una Bibbia; il tutto veniva messo nelle mani d’una vergine che doveva recitare alcune formule sottovoce. A seconda di come si muoveva il foglio arrotolato veniva poi espresso il giudizio sulla persona indagata: qualora fosse stato fermo era innocente, qualora si fosse mosso era colpevole.
Al posto della vergine vi potevano anche essere due uomini; altre volte la chiave veniva posizionata sulla pagina del Salmo 15 e, chiusa la Bibbia, veniva fissata sulla giarrettiera d’una donna.
Il metodo poteva tuttavia variare ed esser sottoposto a grottesche interpretazioni. A volte, infatti, piuttosto che accettare l’innocenza – o presunta tale in quanto si tratta di rituale magico – d’un accusato, si preferiva dire: “
il foglio non si è mosso, Dio non ci ha comunicato nulla“.

Nel Cristianesimo: oltre il caos

Riconosco l’esistenza d’una gran confusione sul termine “bibliomanzia” al giorno d’oggi.
Cercherò brevemente di spiegare, con la maggior chiarezza possibile, l’origine dell’ammasso caotico di concezioni e la differenza che intercorre tra la pratica magica e il semplice interesse per le Sacre Scritture.

Esempio di bibliomanzia effettuata con i tarocchi
Così come altre forme di magia, anche la bibliomanzia venne ben presto vietata agli albori del Cristianesimo: nel Concilio di Vannes, un sinodo locale svoltosi a Vannes nel 465 d.C., si decretò che la pena per questo tipo di divinazione fosse la scomunica (Canone 16). Solamente qualche decennio più tardi, nel Concilio di Agde (506 d.C.) e in quello di Orléans (511 d.C.), la sentenza venne ribadita. Tuttavia, secondo quanto riporta la Chamber’s Encyclopedia (1878), la bibliomanzia sopravvisse sotto bizarre forme – come nella sopracitata cleidomanzia – sino alla conquista normanna dell’Inghilterra, periodo nella quale sembrerebbe aver conosciuto un forte revival proprio nell’isola britannica.
È possibile immaginare un ulteriore diffusione tra il XV e il XVI secolo grazie all’invenzione della stampa – ricordiamo la Bibbia di Gutenberg e la riforma protestante, ovvero l’apertura dell’interpretazione libera delle Sacre Scritture.
La divinazione della Bibbia, in termini più generali, in questo nuovo ambito assunse nel corso dei secoli un carattere ben diverso da quello ebraico sopraesposto: mentre gli israeliti seguivano una determinata logica biblica, i cristiani preferivano aprire il Libro Sacro e fermarsi su di una pagina a caso per conoscere il futuro o avere responsi.

Il Theological dictionary (del reverendo Charles Buck, 1828) e la Encyclopædia ecclesiastica (di Thomas Anthony Trollope, 1834) affermano che la pratica magica era a volte utilizzata nelle consacrazioni, e che alcune persone molto devote, a causa dell’ossessivo ricorso alla “divinazione sacra”, erano cadute in uno stato di profonda depressione e disperazione.
Il sito evangelico gotquestions.org riporta un curioso aneddoto riguardo la pericolosità della bibliomanzia:

Si narra la storia d’un uomo che voleva capire cosa Dio avesse in serbo per il suo futuro.
Chiuse allora gli occhi, aprì la Bibbia a caso e lasciò che il suo dito cadesse sulla pagina. Quando aprì gli occhi lesse: “Ed egli s’allontanò e andò ad impiccarsi.” (Matteo 27:5). Non amando particolarmente quella risposta, tentò nuovamente.
Questa volta il dito si fermò sulla frase: “Va’ e comportati allo stesso modo.” (Luca 10:37). Decise di tentare ancora una volta, insoddisfatto dei risultati. Questa volta il dito cadde sulla frase: “Quello che devi fare fallo al più presto” (Giovanni 13:27).

Al di là della facile ironia, l’esempio mostra quanto possa essere deleterio l’affidarsi al caso nella speranza di ricevere vaticini.
Al giorno d’oggi, come in molti nel corso di questi anni mi hanno segnalato, questa pratica viene spesso incoscientemente promossa da catechisti, sacerdoti e confessori, nella speranza – credo – di ravvivare l’interesse per le Sacre Scritture. In molti, oltretutto, erroneamente scambiano l’aprire una Bibbia per “scoprire” nuove letture con la divinazione.
In realtà la distinzione è semplice e riguarda gli intenti: il credere di ricevere rivelazioni divine sul proprio futuro o per altre amenità attraverso passi biblici trovati a caso è magia. Al contrario, “esplorare” sia l’Antico che il Nuovo Testamento attraverso l’apertura a caso con fini di studio o approfondimento della fede è un bene che consiglio a tutti di fare.