sabato 13 agosto 2022

Dalle «Omelie su Ezechiele» di san Gregorio Magno, papa


 Dalle «Omelie su Ezechiele» di san Gregorio Magno, papa

(Lib. II, om. I, nn. 17-18; PL 76, 947-948)

Contemplazione mistica di Dio.

Spesso l’animo è occupato nella divina contemplazione
in modo tale che già per una certa immagine si rallegra di
pregustare qualcosa di quell’eterna libertà che né occhio
vide, né orecchio sentì; tuttavia, trascinato dal peso della sua
condizione mortale, ritorna alle cose di questo mondo ed è
avvinto dai legami delle sue pene. Pertanto pensa alla porta
chi, intravvedendo la gioia della vera libertà, ormai desidera
di uscire, ma ancora ne è impedito. Così gli ebrei, liberati
dalla schiavitù dell’Egitto guardando la colonna di nubi
mentre parlava Dio, stavano in adorazione sulla porta della
propria tenda.
Infatti noi stiamo dove teniamo fissi gli occhi della mente.
Perciò Elia dice: «Vive il Signore, alla cui presenza io sto».
Egli stava dove teneva fisso il cuore. Che cosa significa il popolo che contempla la colonna di nubi e sta in adorazione sulla porta della tenda? Significa che la mente umana, quando
vede le cose superiori e divine, per quanto nell’oscurità, già
abbandona il corpo per mezzo del pensiero elevato e adora
umilmente Dio; sebbene non ne possa vedere l’essenza, tuttavia ne ammira la potenza per un’illuminazione dello spirito.
Perciò è detto che Elia, mentre ascolta la voce del Signore che parla, sta davanti alla spelonca e ha la faccia coperta;
perché, mentre per mezzo della grazia della contemplazione
comprende una comunicazione del cielo, ormai non sta più
nella spelonca, perché l’anima non si cura più delle cose terrene; ma sta davanti alla porta, perché pensa di fuggire dalle
preoccupazioni di questa vita.
Ma chi sta davanti alla spelonca e percepisce col cuore le
parole di Dio, deve coprirsi la faccia; perché, mentre siamo
condotti alla comprensione di verità sublimi per mezzo di
una grazia superiore, quanto più siamo elevati in alto, tanto
più dobbiamo tenerci bassi nella nostra stima, per non presumere di sapere più del necessario, ma di sapere con sobrietà;
per non decadere mentre trattiamo a fondo delle cose invisibili e per non cercare qualcosa di terreno in quella sostanza
incorporea.
Infatti tendere l’orecchio e coprirsi la faccia significa
ascoltare con lo spirito la voce di Dio e parimenti distogliere
gli occhi del cuore da ogni immagine materiale, perché l’animo non pensi che abbia una certa materialità colui che si trova tutto in ogni luogo senza essere circoscritto.
Pertanto, fratelli carissimi, noi che abbiamo conosciuto le
gioie eterne per mezzo della morte e risurrezione del nostro
Redentore e della sua ascensione al cielo, e sappiamo che i
suoi angeli, nostri cittadini, sono apparsi per testimoniare la
sua divinità, cerchiamo con ardore il Re, desideriamo quei
cittadini che abbiamo conosciuto, e, stando nell’edificio di
questa santa Chiesa, teniamo gli occhi rivolti alla porta; distogliamo la mente dalla corruzione di questa vita terrena,
incliniamo il cuore alla libertà della patria celeste. Tuttavia
ci trattengono ancora molte occupazioni di questa vita mortale. Poiché non possiamo separarci completamente da esse, stiamo almeno davanti alla porta della nostra spelonca per
uscire facilmente in qualunque tempo con la grazia del Redentore, che vive e regna col Padre nell’unità dello Spirito
Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.